• Ce que l’on sait après le tabassage d’un policier kanak par des miliciens anti-indépendantistes - L’Humanité
    https://www.humanite.fr/monde/colonialisme/ce-que-lon-sait-apres-le-tabassage-dun-policier-kanak-par-des-miliciens-ant


    #racisme #suprémacisme #colonialisme
    Je ne sais pas pour vous, mais ça commence vraiment à me peser, d’être blanche.

    Le jeune policier est mis à terre, roué de coups par les hommes venus en 4X4. Il est blessé au bras et à la jambe, mais réussit à joindre ses collègues. Lorsque les policiers arrivent sur les lieux, les deux véhicules prennent la fuite. Mais l’un des deux est rattrapé par la police. Surprise : sur les lieux, l’un des protagonistes n’est autre que Gil Brial, second vice-président de l’Assemblée de la Province sud, membre du Congrès.

    Un poids lourd de la droite anti-indépendantiste, proche de Sonia Backès, la cheffe de file des anti-indépendantistes qui fut ministre d’Emmanuel Macron. Celui-ci confirme aux policiers avoir été appelé par les personnes tenant le barrage. Mais que fait donc un élu tel que Gil Brial dans un 4X4 non immatriculé, qu’on appelle en renfort quand on trouve un kanak qui se dit policier, ce qui semble pour ces miliciens forcément suspect ?

  • #Crest : retour sur deux rassemblements contre le génocide à Gaza et pour le peuple palestinien
    https://ricochets.cc/Crest-retour-sur-deux-rassemblements-contre-le-genocide-a-Gaza-et-pour-le-

    Les 30 mai et 1er juin deux rassemblements ont eu lieu à Crest, contre les carnages à Gaza et en solidarité avec le peuple palestinien. Car Israël continue ses massacres à Rafah et ailleurs, et le gouvernement de Netanyahou refuse toujours les propositions de cessez-le-feu portées à présent par les USA et considées comme positives par le Hamas. Tous les jeudis à 18h a lieu un rassemblement au Pont Mistral. Ce 30 mai près de 50 personnes sont venues, avec drapeaux, banderoles, tracts, (...) #Les_Articles

    / Crest, #Colonialisme_-_luttes_décoloniales

  • Solidarité avec l’insurrection kanak !
    https://ricochets.cc/Solidarite-avec-l-insurrection-kanak-7588.html

    Après l’adoption par le Sénat français d’une loi électorale visant à pérenniser la colonisation de la Kanaky, l’archipel s’embrase. Le 13 mai, à l’appel des organisations indépendantistes, des rassemblements sont improvisés partout sur le Caillou, des barrages sont installés sur les axes routiers et des grèves entamées dans les principaux secteurs économiques. Rapidement la situation tourne vers la révolte ouverte. Dans l’après-midi, une mutinerie éclate dans la prison principale de (...) #Les_Articles

    / Autoritarisme, régime policier, démocrature..., #Colonialisme_-_luttes_décoloniales

    #Autoritarisme,_régime_policier,_démocrature...
    https://paris-luttes.info/solidarite-avec-l-insurrection-18311

  • Contre le génocide à Gaza - Pour Rafah : rdv à Crest jeudi 30 mai à 18h
    https://ricochets.cc/Contre-le-genocide-a-Gaza-Pour-Rafah-rdv-a-Crest-jeudi-30-mai-a-18h-7581.h

    Ces derniers jours, dans plusieurs grandes villes, il y a eu des rassemblements suite aux horreurs commises par Israël à Rafah (le génocide continue, chaque jour et chaque nuit). A Crest nous ne nous sommes pas rassemblé.e.x. Chaque jeudi, depuis le début du génocide, il y a une petite poignée de personnes qui se retrouvent sur le pont Mistral, à Crest, à 18h, avec des bougies, des pancartes, des tracts... pour rappeler qu’un génocide est en cours, appeler au boycott (BDS) et exiger un (...) #Les_Articles

    / Autoritarisme, régime policier, démocrature..., #Guerres, #Colonialisme_-_luttes_décoloniales

    #Autoritarisme,_régime_policier,_démocrature...

  • Il massacro di Addis Abeba

    Ci sono pagine della storia d’Italia che conosciamo ormai a memoria, e altre su cui ancora non è stata scritta la parola “fine”. E poi ci sono le pagine dimenticate, relegate all’oblio perché troppo dolorose. Anche quelle, però, fanno parte del nostro passato. In questo caso, del nostro passato di “potenza imperialista”. La mattina del 19 febbraio 1937, ad Addis Abeba, il viceré Rodolfo Graziani e le autorità italiane che da nove mesi governano un terzo dell’Etiopia celebrano la nascita del primo figlio maschio del principe Umberto di Savoia. Ma un gruppo d’insorti riesce a superare i controlli e, all’improvviso, otto bombe a mano seminano il caos tra quei notabili. Di fronte al bilancio — sette morti e decine di feriti, compreso lo stesso Graziani — il Duce ordina la repressione: “Tutti i civili e religiosi comunque sospetti devono essere passati per le armi”. È così che si scatena uno dei massacri più ignobili della parentesi coloniale italiana: giorni di terrore, tra omicidi e saccheggi, durante i quali migliaia di innocenti vengono trucidati con sistematica brutalità. Repressione che culmina, nel maggio dello stesso anno, con l’eccidio di centinaia di monaci, preti e pellegrini cristiani della Chiesa etiope, tutti disarmati, radunati nel monastero di Debra Libanos. Intanto, le Camicie nere ne approfittano per azzerare l’intellighenzia del Paese, in un vero e proprio pogrom.Con precisione accademica e passo narrativo, Ian Campell ricostruisce in questo saggio una delle atrocità meno conosciute del regime fascista, analizzandone premesse e conseguenze, senza fare sconti a nessuno. Perché è venuto il momento di guardare in faccia la realtà e l’orrore di quanto accaduto, per non dimenticare né le vittime né i carnefici.

    https://www.rizzolilibri.it/libri/il-massacro-di-addis-abeba
    #livre #Italie #Italie_coloniale #histoire_coloniale #colonialisme #Ethiopie #colonialisme_italien #massacre

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  • Plotone chimico. Cronache abissine di una generazione scomoda

    In queste preziosissime memorie sul colonialismo italiano in Etiopia e in particolare sulla strage di #Zeret, al rigore della testimonianza storica si intrecciano la pietà e l’amore per un popolo e un paese che hanno lasciato il segno nell’animo del soldato italiano #Alessandro_Boaglio. La società e la cultura indigene vengono viste con gli occhi di chi tornato in patria ricorda, rivive e rivede in chiave diversa comportamenti, azioni e stragi efferate delle quali l’autore è stato protagonista, essendo partito per l’impero come sergente maggiore di un reparto chimico.

    https://www.mimesisedizioni.it/libro/9788857501567

    #livre #Italie #Italie_coloniale #histoire_coloniale #colonialisme #Ethiopie #colonialisme_italien

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  • Cronache dalla polvere

    Nel 1936 l’esercito italiano conquista la capitale dell’impero etiope, Addis Abeba. Per quelle popolazioni un nuovo inizio: la #pace_romana, come la definì Benito Mussolini. Cronache dalla polvere racconta questa pagina di storia dell’Italia dimenticata e troppo a lungo taciuta: l’occupazione dei territori dell’Abissinia da parte delle truppe fasciste. Il regime ambiva a farne il fiore all’occhiello dell’Impero italiano ma si trovò a reprimere con atroce violenza la resistenza dei fieri guerriglieri arbegnuoc. Le truppe italiane insieme alle camicie nere si resero protagoniste di rastrellamenti, distruzioni e massacri di uomini, donne e bambini, abbandonando umanità e pietà. Perdute per sempre in quelle terre lontane da Roma. Le popolazioni locali non hanno mai dimenticato quel passato di inaudita violenza. Cronache dalla polvere è un’occasione per ricordare l’orrore della guerra e delle ideologie di superiorità della razza. Questa storia batte al tempo inesorabile dei tamburi di guerra, respira polvere e vento e ha gli occhi dei suoi protagonisti: soldati italiani, guerriglieri etiopi e alcune misteriose presenze. Fantasmi. Il paesaggio africano del secolo scorso rivive con una vena fantastica grazie al racconto corale del collettivo di scrittrici, scrittori e illustratori in tutta la sua spettacolare intensità e drammaticità.

    https://www.bompiani.it/catalogo/cronache-dalla-polvere-9788830100220
    #livre #colonialisme_italien #Italie_coloniale #colonialisme #Italie #histoire_coloniale #Abyssinie #fascisme #arbegnuoc #résistance #violence #Ethiopie #guerre_d'Ethiopie #Rodolfo_Graziani #massacre

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  • #CONTRADE_RIBELLI – Short Movie
    https://www.youtube.com/watch?v=c_WE3QgZMlU

    L’anteprima del cortometraggio Contrade Ribelli sulle narrazioni meticce del cantiere permanente Resistenze in Cirenaica, attivo dal 2015 nel rione bolognese.
    Una produzione RIC, Solipsia e Studio Banshee.

    “CONTRADE RIBELLI” è il primo documentario autoprodotto da SOLIPSIA in collaborazione con STUDIO BANSHEE e RESISTENZE IN CIRENAICA.

    Negli scorsi mesi, qui a Bologna, abbiamo avuto il piacere di conoscere le sorelle e i fratelli di Resistenze In Cirenaica. Fin dal primo giorno la sinergia sprigionatasi nelle lotte, negli intenti e negli animi ha fatto sì che i nostri cammini siano tutt’oggi stabilmente incrociati.
    Da allora, percorriamo insieme le strade e i quartieri di questa città: loro ci hanno raccontato le incredibili storie, gli incantesimi, le evocazioni e gli esorcismi che hanno segnato queste strade, con una particolare – quanto dovuta – attenzione a un rione: la Contrada Ribelle della Cirenaica.
    Noi, dal canto nostro, non potevamo che raccogliere quelle incredibili testimonianze, rimanendo ammaliati da quanto ascoltavamo e guardando con occhi diversi per la prima volta quelle che, fino ad allora, ci erano sempre sembrate apparentemente strade come tante.
    Durante queste notti, spesso siamo stati i testimoni di alcune “apparizioni”: quelle strade, al nostro congiunto passaggio, cambiavano nome e “luce”, riportando in vita i fantasmi e i numi tutelari benevoli che ne hanno nel tempo caratterizzato le cronache e svelato la loro profonda natura rivoltosa. Insomma, insieme abbiamo vissuto vere e proprie Evocazioni.

    Tuttavia tali apparizioni, effimere per natura, sono “condannate”, almeno visivamente, alla sparizione, provocando un leggero rammarico per lo svanire di una presenza, non solo nel suo autore.
    Per questo, abbiamo deciso di realizzare insieme, in collaborazione con Studio Banshee, un documentario che raccontasse proprio Resistenze In Cirenaica, cercando di racchiudere in un cortometraggio la storia di questo incredibile “cantiere permanente”, attivo sin dal 2015.

    Proprio nel giorno in cui il malfermo ponte di Via Libia viene chiuso per lavori di riqualificazione e inizia il percorso di cancellazione delle tracce del rituale che ha visto l’apparizione dei custodi della memoria partigiana e dei fantasmi del rimosso coloniale, siamo lieti di presentarvi finalmente il teaser, primo estratto di “CONTRADE RIBELLI”.

    https://www.solipsia.it/contrade-ribelli-short-movie

    #court-métrage #vidéo #film #film_documentaire
    #toponymie #toponymie_politique #toponymie_coloniale #Cirenaica #Bologne #Italie #diversité #métissage #colonialisme #néo-colonialisme #histoire_coloniale #odonomyie #noms_de_rue #magie_blanche #partisans #Lorenzo_Giusti #guérilla_odonymique

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  • #Neuchâtel #empreintes_coloniales

    En 2023, la Ville de Neuchâtel a lancé un nouveau parcours interactif connecté, « Neuchâtel empreintes coloniales ». Ce parcours complètement autonome avec tablette ou smartphone permet de découvrir ou redécouvrir la ville sous l’angle de l’histoire de l’esclavage et de la colonisation. Il est destiné aux écoles, mais également à toute personne ou groupe désireux d’approfondir ses connaissances historiques tout en s’inscrivant dans les débats contemporains autour du racisme et de l’inclusivité. Neuchâtel empreintes coloniales a été réalisé avec le concours d’historien-ne-s et de pédagogues qui font état de la somme des connaissances actuelles sur ce volet sombre de notre passé.

    Pour partir à l’aventure, il suffit de télécharger l’application gratuite totemi et de charger Empreintes coloniales (attention fonctionnement limité sur certains téléphones anciens) et de démarrer le parcours au sud de l’hôtel des Postes. Un dossier pédagogique à l’attention des enseignant-e-s permet de structurer une visite avec des élèves. Vous le trouverez ci-dessous, de même que le communiqué de presse de lancement traduit en plusieurs langues.

    https://www.neuchatelville.ch/sortir-et-decouvrir/visiter-neuchatel/empreintes-coloniales

    #Suisse #Suisse_coloniale #décolonial

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  • 15 juin à Lyon - Manifestation nationale pour la libération de Georges Abdallah
    https://ricochets.cc/15-juin-a-Lyon-Manifestation-nationale-pour-la-liberation-de-Georges-Abdal

    Nous, signataires de cet appel, nous nous engageons une fois de plus à coordonner l’ensemble de nos forces en soutien à l’héroïque résistance du peuple palestinien et à Georges Abdallah lors de la prochaine semaine internationale d’actions du 8 au 15 juin et à mobiliser massivement pour la nouvelle manifestation nationale organisée le 15 juin à Lyon afin d’appuyer la 10e demande de libération conditionnelle de Georges Abdallah et exiger sa libération. #Les_Articles

    / #Colonialisme_-_luttes_décoloniales

  • Kenneth Stern, juriste américain : « Notre définition de l’antisémitisme n’a pas été conçue comme un outil de régulation de l’expression »
    https://www.lemonde.fr/idees/article/2024/05/21/kenneth-stern-juriste-americain-notre-definition-de-l-antisemitisme-n-a-pas-

    L’universitaire new-yorkais déplore, dans un entretien au « Monde », l’utilisation du concept d’antisémitisme à des fins politiques dans le cadre de la guerre Israël-Hamas.
    Propos recueillis par Valentine Faure

    Le juriste américain Kenneth Stern est directeur du Center for the Study of Hate de l’université de Bard (New York) et auteur de The Con­flict Over the Con­flict : The Israel/​Palestine Cam­pus Debate (University of Toronto Press, 2020, non traduit). Il a été le principal rédacteur du texte sur la définition de l’#antisémitisme de l’Alliance internationale pour la mémoire de l’Holocauste (IHRA), utilisée dans de nombreux pays, dont la France, où elle a été adoptée en 2019 par l’Assemblée nationale en tant qu’« instrument d’orientation utile en matière d’éducation et de formation et afin de soutenir les autorités judiciaires et répressives dans les efforts qu’elles déploient pour détecter et poursuivre les attaques antisémites ». Depuis plusieurs années, il s’élève contre le détournement de cette définition à des fins politiques, pour faire taire les propos critiques envers la politique du gouvernement israélien.

    Vous avez été le principal rédacteur de la définition de l’antisémitisme adoptée en 2016 par l’IHRA, une organisation intergouvernementale basée à Stockholm. Dans quel contexte est-elle née ?

    Après la deuxième Intifada [2000-2005], nous avons observé une nette résurgence de l’antisémitisme en Europe. Chargé de rédiger un rapport, l’Observatoire européen des phénomènes racistes et xénophobes [EUMC] a identifié un problème : ceux qui collectaient les données dans différents pays d’Europe n’avaient pas de point de référence commun sur ce qu’ils devaient inclure ou exclure de leurs enquêtes. Ils travaillaient avec une définition temporaire qui décrivait l’antisémitisme comme une liste d’actes et de stéréotypes sur les #juifs. Les attaques liées à #Israël – lorsqu’un juif est visé en tant que représentant d’Israël – étaient exclues du champ de l’antisémitisme si l’agresseur n’adhérait pas à ces stéréotypes.

    En avril 2004, une école juive de Montréal a été incendiée en réaction à l’assassinat par Israël d’un dirigeant du Hamas. J’ai profité de l’occasion pour interpeller publiquement le directeur de l’EUMC sur le fait que, selon leur définition temporaire, cet acte n’était pas considéré comme antisémite. L’American Jewish Committee, où j’étais expert en matière d’antisémitisme, a pris l’initiative de travailler avec l’EUMC pour élaborer une nouvelle définition, dans le but principal d’aider les collecteurs de données à savoir ce qu’il faut recenser, à travers les frontières et le temps. Le texte liste onze exemples contemporains d’antisémitisme, parmi lesquels « la négation du droit du peuple juif à l’autodétermination » et l’application d’un traitement inégalitaire à Israël, à qui l’on demande d’adopter des comportements qui ne sont ni attendus ni exigés d’une autre nation. Les exemples reflètent une corrélation entre ces types de discours et le niveau d’antisémitisme. Il ne s’agit cependant pas de dire qu’il y a un lien de cause à effet, ou que toute personne tenant de tels propos devrait être qualifiée d’antisémite.

    Aujourd’hui, vous regrettez l’usage qui a été fait de ce texte. Pourquoi ?

    Depuis 2010, des groupes de la #droite_juive américaine ont tenté de s’approprier cette définition, de la marier aux pouvoirs conférés par le Title VI (la loi de 1964 sur les droits civils, qui protège contre la discrimination fondée sur la race, la couleur et l’origine nationale) et de l’utiliser pour tenter de censurer les discours propalestiniens sur les campus. En 2019, Donald Trump a signé un décret exigeant que le gouvernement analyse les plaintes pour antisémitisme en tenant compte de cette définition. Une violation du Title VI peut entraîner le retrait des fonds fédéraux aux établissements d’enseignement supérieur. Au moment de l’adoption de ce décret, Jared Kushner, le gendre de Trump, a clairement indiqué son objectif dans une tribune au New York Times : qualifier tout #antisionisme d’antisémitisme.

    Or, notre définition n’a pas été conçue comme un outil de régulation de l’expression. Sur les campus universitaires, les étudiants ont le droit absolu de ne pas être harcelés ou intimidés. Mais il est acceptable d’être dérangé par des idées. Nous ne voudrions pas que la définition du #racisme utilisée sur les campus inclue l’opposition à la discrimination positive ou à Black Lives Matter, par exemple. L’université est censée être un lieu où les étudiants sont exposés à des idées, où ils apprennent à négocier avec la contradiction, etc. Nous devons être en mesure de répondre et d’argumenter face à ces discours.

    Lors de son témoignage au Congrès sur l’antisémitisme, dans le contexte de manifestations propalestiniennes sur les campus américains, à la question de savoir si « appeler au génocide des juifs violait le règlement sur le harcèlement à Harvard », Claudine Gay, qui était alors présidente de cette université, a répondu que « cela peut, en fonction du contexte ». Comment comprendre cette réponse ?

    Les universités, publiques comme privées, sont tenues de respecter le premier amendement, qui garantit la #liberté_d’expression. La distinction générale du premier amendement est la suivante. Je peux dire : « Je pense que tous les “X” devraient être tués » ; je ne peux pas crier cela si je suis avec un groupe de skinheads brandissant des battes et qu’il y a un « X » qui marche dans la rue à ce moment-là. La situation doit présenter une urgence et un danger. Il y a une distinction fondamentale entre le fait d’être intimidé, harcelé, discriminé, et le fait d’entendre des propos profondément dérangeants. David Duke [homme politique américain, néonazi, ancien leader du Ku Klux Klan] a été vilipendé, mais pas sanctionné, lorsque, étudiant dans les années 1970, il disait que les juifs devraient être exterminés et les Noirs renvoyés en Afrique, et qu’il portait même un uniforme nazi sur le campus. S’il avait été renvoyé, il serait devenu un martyr du premier amendement.

    La suspension de certaines sections du groupe des Students for Justice in Palestine [qui s’est illustré depuis le 7 octobre 2023 par ses messages de soutien au Hamas] est profondément troublante. Les étudiants doivent pouvoir exprimer des idées, si répugnantes soient-elles. La distinction que j’utilise ne se situe pas entre les mots et l’acte, mais entre l’expression (qui peut se faire par d’autres moyens que les mots) et le harcèlement, l’intimidation, les brimades et la discrimination, qui peuvent se faire par des mots également – de vraies menaces, par exemple. En d’autres termes, oui, cela dépend du contexte. Claudine Gay [qui a démissionné depuis] avait donc raison dans sa réponse, même si elle s’est montrée sourde au climat politique.

    Comment analysez-vous la décision de la présidente de Columbia, suivie par d’autres, d’envoyer la police pour déloger les manifestants propalestiniens ?

    La décision de faire appel à la police aussi rapidement n’a fait qu’enflammer la situation. Les campements ont probablement violé les règles qui encadrent le droit de manifester sur le campus. Mais faire appel à la police pour arrêter des étudiants devrait être, comme lorsqu’un pays entre en guerre, la dernière mesure prise par nécessité. D’autres #campus qui connaissent des manifestations similaires ont abordé le problème différemment, déclarant que, tant qu’il n’y a pas de violence ou de harcèlement, ils ne feront pas appel à la #police.

    Vous parlez de « zone grise » de l’antisémitisme. Qu’entendez-vous par là ?

    Dans sa forme la plus dangereuse, l’antisémitisme est une théorie du complot : les juifs sont considérés comme conspirant pour nuire aux non-juifs, ce qui permet d’expliquer ce qui ne va pas dans le monde. Mais voici une question plus difficile : « Où se situe la limite entre la critique légitime d’Israël et l’antisémitisme ? » Cette question porte davantage sur notre besoin de délimitations que sur ce que nous voulons délimiter. Nous voulons simplifier ce qui est complexe, catégoriser un propos et le condamner. L’antisémitisme, pour l’essentiel, ne fonctionne pas ainsi : on peut être « un peu » antisémite ou, plus précisément, avoir des opinions qui se situent dans la zone grise.

    La question la plus épineuse à cet égard demeure celle de l’antisionisme.

    Moi-même sioniste convaincu, je souffre d’entendre dire qu’Israël ne devrait pas exister en tant qu’Etat juif. Je comprends les arguments de ceux qui assurent qu’une telle conception est antisémite : pourquoi les juifs devraient-ils se voir refuser le droit à l’autodétermination dans leur patrie historique ? Mais l’opposition à l’idée d’un #Etat_juif est-elle intrinsèquement antisémite ? Imaginez un Palestinien dont la famille a été déplacée en 1948. Son opposition au sionisme est-elle due à une croyance en un complot juif ou au fait que la création d’Israël lui a porté préjudice, à lui et à ses aspirations nationales ? Et si vous êtes une personne qui s’identifie à la gauche et qui a décidé d’embrasser la cause palestinienne, est-ce parce que vous considérez que la dépossession des #Palestiniens est injuste, parce que vous détestez les juifs et/ou que vous voyez le monde inondé de conspirations juives, ou quelque chose entre les deux ?

    Certains #étudiants juifs sionistes progressistes se plaignent d’être exclus d’associations (de groupes antiracistes et de victimes de violences sexuelles, par exemple) par des camarades de classe qui prétendent que les sionistes ne peuvent pas être progressistes. Or il y a eu de nombreuses annulations d’intervenants perçus comme conservateurs et n’ayant rien à voir avec Israël ou les juifs, comme Charles Murray [essayiste aux thèses controversées] ou Ann Coulter [polémiste républicaine]. Le militant sioniste est-il exclu parce qu’il est juif ou parce qu’il est considéré comme conservateur ? L’exclusion peut être une forme de maccarthysme, mais n’est pas nécessairement antisémite. A l’inverse, certaines organisations sionistes, sur les campus et en dehors, n’autorisent pas des groupes comme Breaking the Silence ou IfNotNow – considérés comme trop critiques à l’égard d’Israël – à s’associer avec elles.

    La complexité du conflit israélo-palestinien, dites-vous, devrait en faire un exemple idéal de la manière d’enseigner la pensée critique et de mener des discussions difficiles…

    Pensez à l’articulation entre distorsion historique, antisionisme et antisémitisme. Le lien ancien entre les juifs et la terre d’Israël est un fondement essentiel du sionisme pour la plupart des juifs. Est-ce une distorsion historique que d’ignorer cette histoire, de considérer que le sionisme a commencé dans les années 1880 avec Herzl et l’#immigration de juifs européens fuyant l’antisémitisme et venant en Palestine, où les Arabes – et non les juifs – étaient majoritaires ? S’agit-il d’antisémitisme, au même titre que le déni de la Shoah, lorsque les antisionistes font commencer cette histoire à un point différent de celui des sionistes, à la fin du XIXe siècle, et omettent une histoire que de nombreux juifs considèrent comme fondamentale ? Un collègue de Bard, qui s’inquiétait de voir les étudiants utiliser des termes tels que « #colonialisme_de_peuplement », « #génocide », « sionisme », a décidé de mettre en place un cours qui approfondit chacun de ces termes. Je réserve le terme « #antisémite » aux cas les plus évidents. En fin de compte, la tentative de tracer des lignes claires ne fait qu’obscurcir la conversation.

  • Storia del colonialismo italiano. Politica, cultura e memoria dall’età liberale ai nostri giorni

    Il colonialismo si è intrecciato con la storia d’Italia dall’Ottocento alla Seconda guerra mondiale e ha proiettato la sua ombra anche nel periodo repubblicano, fino ai giorni nostri. Muovendo dal più recente dibattito storiografico, il volume ricostruisce per la prima volta in maniera sistematica e sintetica la storia dell’espansionismo italiano in Africa in età liberale e durante il ventennio fascista e ripercorre le vicende delle sue eredità e implicazioni nell’Italia del secondo Novecento e del XXI secolo. Si raccontano non solo i progetti politici, le relazioni diplomatiche, le operazioni militari, le violenze dell’occupazione, le leggi razziste, ma anche i movimenti di persone da e per l’Africa e il modo con cui la scuola, i libri, i film, la scienza e i monumenti hanno reso possibile l’espansione, contribuendo a costruire immaginari che influenzano ancora oggi le vite di milioni di donne e di uomini.

    https://www.carocci.it/prodotto/storia-del-colonialismo-italiano

    #histoire #Italie #colonialisme_italien #Italie_coloniale #histoire_coloniale #fascisme #expansionnisme #Afrique

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  • Le invisibili

    L’oscuro passato di un’Italia coloniale raggiunge il presente attraverso le generazioni. Le storie private di due famiglie catapultano il lettore in una Storia che, come ogni altra epoca che l’ha preceduta e che seguirà, si consuma sul corpo delle donne, mentre nessuno guarda.

    https://neripozza.it/libro/9788854529120

    #livre #Italie_coloniale #colonialisme_italien #roman #Italie_coloniale #femmes #Elena_Rausa

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  • La memoria rimossa del massacro di Debre Libanos e dell’età coloniale italiana

    Tra il 20 e il 29 maggio 1937 le truppe italiane massacrarono più di duemila monaci e pellegrini al monastero etiope. Una strage che, come altri crimini di guerra commessi nelle colonie, trova spazio a fatica nel discorso pubblico, nonostante i passi fatti da storiografia e letteratura. Con quel passato il nostro Paese non ha mai fatto i conti, né sul piano giuridico né su quello materiale.

    “Questo avvocato militare mi ha comunicato proprio in questo momento che habet raggiunto la prova assoluta della correità dei monaci del convento di Debra Libanos con gli autori dello attentato. Passi pertanto per le armi tutti i monaci indistintamente, compreso il vice-priore. Prego farmi assicurazione comunicandomi il numero di essi”.

    È il 19 maggio 1937. Con queste poche parole Rodolfo Graziani, “viceré d’Etiopia”, dà il via al massacro dei monaci di Debre Libanos, uno dei monasteri più importanti del Paese, il cuore della chiesa etiopica. Solo tre mesi prima Graziani era sopravvissuto a un attentato da parte di due giovani eritrei, ex collaboratori dell’amministrazione coloniale italiana, che agirono isolatamente, seppur vicini alla resistenza anti-italiana. La reazione fu spietata: tra il 19 e il 21 febbraio le truppe italiane, appoggiate dai civili e dalle squadre fasciste, uccisero quasi 20mila abitanti di Addis Abeba.

    Le violenze proseguirono per mesi e si allargarono in tutta la regione dello Scioa fino a raggiungere la città-monastero di Debre Libanos, a circa 150 chilometri dalla capitale etiope dove tra il 20 e il 29 maggio 1937 ebbe luogo il più grande eccidio di cristiani mai avvenuto nel continente africano.

    “Vennero massacrate circa duemila persone tra monaci e pellegrini perché ritenuti in qualche modo conniventi con l’attentato a Graziani -spiega ad Altreconomia Paolo Borruso, docente di storia contemporanea all’Università Cattolica di Milano e autore del saggio “Debre Libanos 1937” (Laterza, 2020)-. Si è trattato di un vero e proprio crimine di guerra, poiché l’eccidio è stato qualcosa che è andato al di là della logica militare, andando a colpire dei religiosi, peraltro cristiani e inermi”.

    Al pari di molte altre vicende legate al passato coloniale italiano, a partire proprio dal massacro di Addis Abeba, anche la tragica vicenda di Debre Libanos è rimasta ai margini del discorso pubblico. Manca una memoria consapevole sulle responsabilità per gli eccidi e le violenze commesse dagli italiani nel corso della loro “avventura” coloniale per andare alla ricerca di un “posto al sole” in Libia, in Eritrea, Somalia ed Etiopia al pari delle altre nazioni europee, vengono ancora oggi occultate dalla coscienza pubblica.

    “La storiografia, a partire dal lavoro di Angelo Del Boca, ha fatto enormi passi avanti. Non c’è un problema di ricerca storica sul tema, quello che manca, piuttosto, è la conoscenza di quello che è avvenuto in quella fase storica al di là dei circoli degli addetti ai lavori”, puntualizza Valeria Deplano, docente di storia contemporanea all’Università di Cagliari e autrice, assieme ad Alessandro Pes di “Storia del colonialismo italiano. Politica, cultura e memoria dall’età liberale ai nostri giorni” (Carocci, 2024).

    Se da un lato è molto difficile oggi trovare chi nega pubblicamente l’uso dei gas in Etiopia, dall’altro è ancora molto diffusa l’idea che le violenze furono delle eccezioni riconducibili alle decisioni di pochi, dei vertici: il mito degli italiani “brava gente”, dunque, resiste ancora a ben sedici anni di distanza dalla pubblicazione dell’omonimo libro di Angelo Del Boca.

    Che l’Italia non abbia ancora fatto compiutamente i conti con il proprio passato coloniale lo dimostrano, ad esempio, le accese polemiche attorno alle richieste avanzate da attivisti e comunità afro-discendenti per modificare e contestualizzare la toponomastica delle nostre città o per una ri-significazione dei di monumenti che celebrano il colonialismo italiano (ad esempio l’obelisco che celebra i cinquecento caduti italiani nella battaglia di Dogali a Roma, nei pressi della Stazione Termini) (https://altreconomia.it/perche-serve-mappare-i-segni-del-fascismo-presenti-nelle-nostre-citta). Temi che vengono promossi, tra gli altri, dalla rete Yekatit 12-19 febbraio il cui obiettivo è quello contribuire a un processo di rielaborazione critica e collettiva del ruolo del colonialismo nella storia e nel presente dell’Italia e che vorrebbe il riconoscimento di una giornata nazionale del ricordo delle oltre 700mila vittime del colonialismo italiano.

    “C’è un rifiuto a riconoscere il fatto che i monumenti e le strade intitolate a generali e luoghi di battaglia sono incompatibili con i valori di cui la Repubblica dovrebbe farsi garante”, sottolinea Deplano ricordando come fu proprio nel secondo Dopoguerra che si costruì un racconto del colonialismo finalizzato a separare quello “cattivo” del regime fascista da quello “buono” dell’Italia liberale. Una narrazione funzionale all’obiettivo di ottenere dalle Nazioni Unite un ruolo nella gestione di alcune ex colonie alla fine della Seconda guerra mondiale: se l’Eritrea (la “colonia primigenia”) nel 1952 entra a far parte della Federazione etiopica per decisione dell’Onu, Roma ottenne invece l’Amministrazione fiduciaria della Somalia, esercitando un impatto significativo sulle sorti di quel Paese per decenni.

    “Invece ci fu continuità -sottolinea Deplano-. Furono i governi liberali a occupare l’Eritrea nel 1882 e ad aprire le carceri dove vennero rinchiusi i dissidenti eritrei, a dichiarare guerra all’Impero ottomano per occupare la Libia nel 1911 dove l’Italia fu il primo Paese a utilizzare la deportazione della popolazione civile come arma di guerra. Il fascismo ha proseguito lungo questa linea con ancora maggiore enfasi, applicando in Africa la stessa violenza che aveva già messo in atto sul territorio nazionale”.

    Con quel passato l’Italia non ha mai fatto i conti, né sul piano giuridico né su quello materiale. Come ricorda Paolo Borruso in un articolo pubblicato su Avvenire (https://www.avvenire.it/agora/pagine/su-debre-libanos-il-dovere-della-memoria-e-conquista-di-civilta), Graziani venne condannato a 19 anni di reclusione per collaborazionismo con la Repubblica sociale italiana, ma non per i crimini commessi in Africa. Le ex colonie ricevettero indennizzi irrisori e persino gli oggetti sacri trafugati a Debre Libanos e portati in Italia non furono mai ritrovati.

    “Gli italiani non possono ricordare solo quelle pagine della loro storia funzionali alla costruzione di un’immagine positiva, serve una consapevolezza nuova”, riflette Borruso. Che mette l’accento anche su una “discrasia pericolosa: da un lato la giusta memoria delle stragi nazi-fasciste commesse ‘in Italia’ e dall’altro la pubblica amnesia sulle violenze commesse ‘dall’Italia’ nelle sue colonie in Africa. Questo distacco dalla storia è molto preoccupante perché lascia la coscienza pubblica in balìa di pericolose derive disumanizzanti, aprendo vuoti insidiosi e facilmente colmabili da slogan e da letture semplificate del passato, fino alla riemersione di epiteti e attributi razzisti, che si pensava superati e che finiscono per involgarire la coscienza civile su cui si è costruita l’Italia democratica”.

    Se agli storici spetta il compito di scrivere la storia, agli scrittori spetta quello di tracciare fili rossi tra passato e presente, portando alla luce memorie sepolte per analizzarle e contestualizzarle. Lo ha fatto, ad esempio, la scrittrice Elena Rausa autrice di “Le invisibili” (Neri Pozza 2024) (https://neripozza.it/libro/9788854529120), un romanzo che si apre ad Addis Abeba, durante la rappresaglia del 1937 per concludersi in anni più recenti e che dà voce a uno dei “reduci” dell’avventura coloniale italiana e a suo figlio. “Ho voluto indagare in che modo le memorie negate dei traumi inflitti o subiti continuano a influenzare l’oggi -spiega ad Altreconomia-. Tutto ciò che non viene raccontato continua a esercitare delle influenze inconsapevoli: si stima che un italiano su cinque abbia nella propria storia familiare dei cimeli legati alle campagne militari per la conquista dell’Eritrea, della Libia, della Somalia e dell’Etiopia. In larga parte sono uomini che hanno fatto o, più facilmente, hanno visto cose di cui pochi hanno parlato”.

    A confermare queste osservazioni, Paolo Borruso richiama il suo ultimo saggio “Testimone di un massacro” (Guerini 2022) (https://www.guerini.it/index.php/prodotto/testimone-di-un-massacro), relativa al diario di un ufficiale alpino che partecipò a numerose azioni repressive in Etiopia, al comando di un reparto di ascari (indigeni arruolati), fino alla strage di Debre Libanos, sia pur con mansioni indirette di sorveglianza del territorio: una testimonianza unica, mai apparsa nella memorialistica coloniale italiana.

    Un altro filo rosso è legato alle date: l’invasione dell’Etiopia da parte delle truppe dell’Italia fascista ebbe inizio il 3 ottobre 1935. Quasi ottant’anni dopo, nel 2013, in quello stesso giorno più di trecento profughi, in larga parte eritrei ed etiopi, perdevano la vita davanti all’isola di Lampedusa. Migranti provenienti da Paesi che hanno con l’Italia un legame storico.

    E se oggi la migrazione segue una rotta che va da Sud verso Nord, in passato il percorso è stato inverso: “Come il protagonista del mio romanzo, anche il mio bisnonno è partito per l’Etiopia, ma non per combattere -racconta-. Migliaia di persone lasciarono l’Italia per lavorare in Etiopia e molti rimasero anche dopo il 1941. Anche in quel caso a partire furono persone che si misero in viaggio alla ricerca di condizioni migliori di vita per sé e per i propri figli. Ricordare anche quella parte di storia migratoria italiana significa riconoscere la radice inconsapevole del nostro modo di guardare chi oggi lascia la propria terra per compiere un viaggio inverso”.

    https://altreconomia.it/la-memoria-rimossa-del-massacro-di-debre-libanos-e-delleta-coloniale-it
    #colonialisme #Italie_coloniale #colonialisme_italien #massacre #Debre_Libanos #monastère #Ethiopie #histoire_coloniale #Rodolfo_Graziani #fascisme #Scioa #violence #crimes_de_guerre #mémoire #italiani_brava_gente #passé_colonial #toponymie #toponymie_politique #toponymie_coloniale #déportations

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    ajouté à la métaliste sur le colonialisme italien:
    https://seenthis.net/messages/871953

    • Debre Libanos 1937. Il più grave crimine di guerra dell’Italia

      Tra il 20 e il 29 maggio 1937 ebbe luogo, in Etiopia, il più grave eccidio di cristiani mai avvenuto nel continente africano: nel villaggio monastico di Debre Libanos, il più celebre e popolare santuario del cristianesimo etiopico, furono uccisi circa 2000 tra monaci e pellegrini, ritenuti ‘conniventi’ con l’attentato subito, il 19 febbraio, dal viceré Rodolfo Graziani. Fu un massacro pianificato e attuato con un’accurata strategia per causare il massimo numero di vittime, oltrepassando di gran lunga le logiche di un’operazione strettamente militare. Esso rappresentò l’apice di un’azione repressiva ad ampio raggio, tesa a stroncare la resistenza etiopica e a colpire, in particolare, il cuore della tradizione cristiana per il suo storico legame con il potere imperiale del negus. All’eccidio, attuato in luoghi isolati e lontani dalla vista, seguirono i danni collaterali, come il trafugamento di beni sacri, mai ritrovati, e le deportazioni di centinaia di ‘sopravvissuti’ in campi di concentramento o in località italiane, mentre la Chiesa etiopica subiva il totale asservimento al regime coloniale. L’accanimento con cui fu condotta l’esecuzione trovò terreno in una propaganda (sia politica che ‘religiosa’) che andò oltre l’esaltazione della conquista, fino al disprezzo che cominciò a circolare negli ambienti coloniali fascisti ed ecclesiastici nei confronti dei cristiani e del clero etiopici, con pesanti giudizi sulla loro fama di ‘eretici’, scismatici. Venne a mancare, insomma, un argine ad azioni che andarono oltre l’obiettivo della sottomissione, legittimate da una politica sempre più orientata in senso razzista. I responsabili di quel tragico evento non furono mai processati e non ne è rimasta traccia nella memoria storica italiana. A distanza di ottant’anni, la vicenda riappare con contorni precisi e inequivocabili che esigono di essere conosciuti in tutte le loro implicazioni storiche.

      https://www.laterza.it/scheda-libro/?isbn=9788858141083
      #livre #Paolo_Borruso

    • Storia. Su Debre Libanos il dovere della memoria è conquista di civiltà

      Dal 21 al 27 maggio 1937 il viceré Graziani fece uccidere duemila etiopi. Un eccidio coloniale a lungo rimosso che chiede l’attenzione delle istituzioni e della storiografia.

      Il nome di Debre Libanos è tristemente legato al più grave crimine di guerra italiano, ordinato dal viceré d’Etiopia Rodolfo Graziani come rappresaglia per un attentato da cui era sfuggito. È il più antico santuario cristiano dell’Etiopia, meta di pellegrini da tutto il paese. Il 12 Ginbot (20 maggio) ricorre la memoria della traslazione, nel 1370, dei resti di san Tekla Haymanot – fondatore nel XIII secolo della prima comunità monastica in quel sito –: è la festa più sacra dell’anno, particolarmente attesa a Debre Libanos non solo tra i monaci, ma da tutti i cristiani etiopici provenienti da ogni parte del paese. È il giorno di massima affluenza di persone nel monastero. Ed è il motivo che spinse il viceré d’Etiopia Rodolfo Graziani ad una cinica pianificazione fin nei minimi dettagli. Tra il 21 e il 27 maggio 1937 i militari italiani, sotto la guida del generale Pietro Maletti, presidiarono il santuario e prelevarono i presenti, caricandoli a gruppi su camion verso luoghi isolati, dove ebbero luogo le esecuzioni, ordinate ai reparti coloniali musulmani per scongiurare possibili ritrosie degli ascari cristiani di fronte a correligionari. Nonostante le 452 esecuzioni dichiarate da Graziani per cautelarsi da eventuali inchieste, le indagini più recenti attestano un numero molto più alto, compreso tra le 1.800 e le 2.200.

      Sono passati 86 anni da quel tragico episodio, che andò molto al di là di una strategia puramente militare. Un «crimine di guerra», appunto, per il quale i responsabili non furono mai processati. Nel dopoguerra Graziani fu condannato a 19 anni di reclusione per collaborazionismo con la Repubblica sociale italiana, ma non per le violenze inflitte in Africa, e scontò solo quattro mesi in seguito ad amnistia, divenendo nel 1952 presidente onorario del Movimento sociale italiano, erede diretto del fascismo.

      Nell’Italia del dopoguerra, le esigenze del nuovo corso democratico spinsero a rimuovere memorie e responsabilità di quella violenta e imbarazzante stagione, potenziali ostacoli ad una sua collocazione nel campo occidentale auspicata da Usa e Inghilterra. Dei risarcimenti previsti dai trattati di pace del ‘47, fu elargita una cifra irrisoria, oltre i termini temporali stabiliti di dieci anni; i beni e arredi sacri trafugati a Debre Libanos e portati in Italia, mai ritrovati; unica restituzione, il noto obelisco di Axum, avvenuta nel 2004 (dopo quasi 60 anni!). Paradossalmente, la copertura dell’episodio parve una scelta obbligata anche per l’Etiopia di Haile Selassie, in nome di una ripresa del paese, dopo la fine dell’occupazione coloniale e della guerra mondiale, e di una inedita leadership internazionale negli anni della decolonizzazione, nonostante la persistenza di una ferita profonda mai rimarginata.

      Solo negli anni settanta, a partire dagli studi di Angelo Del Boca, l’«assordante» silenzio attorno ai «crimini» dell’Italia in Africa ha cominciato a dissolversi, decostruendo faticosamente il mito dell’«italiano brava gente». La storiografia ambiva divenire un polo di interlocuzione importante per la “memoria” pubblica del paese ed apriva la strada a nuove relazioni con l’Etiopia. Ne fu un segnale la visita ad Addis Abeba del presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro, nel 1997, il quale richiamò il tributo di sangue versato dal popolo etiopico durante la dolorosa esperienza dell’occupazione fascista e la necessità di quella memoria per rilanciare proficui rapporti di pace e cooperazione. Ricordo, successivamente, la proposta di Del Boca, nel 2006, di istituire una “giornata della memoria” per le vittime del colonialismo italiano, ma neppure fu discussa in parlamento, e quindi fu archiviata. È qui che la storiografia è chiamata a consolidare gli anticorpi di fronte rimozioni e amnesie che rischiano di erodere rapidamente la coscienza pubblica. È il caso del monumento in onore del maresciallo Graziani, eretto nel 2012 ad Affile, nel Lazio, con i fondi della Regione, ultimo eclatante atto di oscuramento della memoria, suscitando immediate reazioni della comunità scientifica e dell’associazionismo italiano.

      A partire dal 2016, alcuni articoli apparsi sulla stampa, tra cui ripetuti interventi di Andrea Riccardi, e lo sconcertante film documentario Debre Libanos, realizzato da Antonello Carvigiani per TV 2000, hanno richiamato l’attenzione su quell’eccidio fascista. Un riconoscimento pubblico venne esplicitato in quell’anno dal presidente Mattarella ad Addis Abeba, quando in un eloquente “silenzio” depose una corona di fiori al monumento della vittoria Meyazia 27, in piazza Arat Kilo, in memoria dei caduti della resistenza etiopica dell’epoca e salutò uno ad uno ex partigiani etiopici, ormai anziani. Sotto queste sollecitazioni, l’allora ministero della difesa emanò un comunicato stampa, che richiamava la tragica rappresaglia con cui «il regime fascista fece strage della comunità dei copti; monaci, studenti, e fedeli del monastero di Debra Libanos. L’eccidio durò vari giorni, crudele e metodico. In Italia con il silenzio di tutti, durante il fascismo ma anche dopo, l’episodio era stato dimenticato […]», e si assumeva l’impegno ad approfondirne le dinamiche storiche con la costituzione di un’apposita commissione di studiosi, militari ed esperti. Altre urgenze, tuttavia, s’imposero nell’agenda politica e l’iniziativa non ebbe seguito.

      L’attuale disattenzione da parte delle istituzioni dello Stato italiano chiama nuovamente in causa la storiografia per la sua funzione civile di preservazione della memoria storica. C’è, qui, una discrasia da colmare: a fronte degli eccidi nazifascisti sul territorio italiano – oggi noti, con luoghi memoriali di alto valore simbolico per la storia nazionale –, il massacro di Debre Libanos è accaduto in Africa, fuori dal territorio nazionale, in un’area rimasta, per decenni, assente anche sul piano storiografico, le cui responsabilità sono ascrivibili direttamente all’Italia e non possono essere negate né oscurate. Occorre, in questo senso, allargare i confini della memoria storica, rinsaldando il rapporto tra storia e memoria come un argine di resistenza fondamentale per la difesa di una cultura civile, oggi provata da un crescente e preoccupante distacco dal vissuto storico. Lo smarrimento del contatto con “quel” passato coloniale, e con quella lunga storia di rapporti con l’Africa, rischia di lasciare la coscienza pubblica in balìa di pericolose derive disumanizzanti e discriminatorie, potenziali o in atto.

      https://www.avvenire.it/agora/pagine/su-debre-libanos-il-dovere-della-memoria-e-conquista-di-civilta

  • #Exotisme à #Bakou...

    « #Paris accuse l’#Azerbaïdjan d’ingérence en #Nouvelle_Calédonie, Bakou s’insurge »

    "Les leaders indépendantistes calédoniens « auraient » (ndrl) noué des liens avec l’Azerbaïdjan, a déploré le ministre français de l’Intérieur Gérald Darmanin sur France 2, alors que l’archipel est en proie aux émeutes. Bakou, quant à lui, rejette ces accusations les qualifiant d’infondées. (...)"

    Tintin est tombé dans un puits sans fonds... :-D :-D :-D

    #politique #bas_cout #géopolitique #société #monde #humour #France #folklore #colon #colonialisme #comique #social #seenthis #vangauguin

    https://fr.sputniknews.africa/20240516/paris-accuse-lazerbaidjan-dingerence-en-nouvelle-caledonie-bakou-

  • Quand commence le capitalisme ? De la société féodale eu monde de l’Economie : conférence de Jérôme Baschet (Vidéo de présentation du livre)
    http://www.palim-psao.fr/2024/05/quand-commence-le-capitalisme-de-la-societe-feodale-eu-monde-de-l-economi

    Le livre est sorti ! Présentation résumé d’1H :

    https://www.youtube.com/watch?v=1_rl7oNzPyA

    #Jérôme_Baschet #Histoire #capitalisme #colonialisme #moyen_âge #économie

  • Kanaky-Nouvelle Calédonie : contre la violence coloniale - Survie
    https://survie.org/pays/kanaky-nouvelle-caledonie/article/kanaky-nouvelle-caledonie-contre-la-violence-coloniale

    Conséquence logique du sabotage méthodique du processus de décolonisation par l’État français, l’heure est à l’affrontement en Kanaky-Nouvelle Calédonie, qui a déjà fait plusieurs morts. Il est urgent de dénoncer la responsabilité première de la politique coloniale française, des colons sur place, de s’opposer à la menace qui plane sur les indépendantistes et la CCAT (Cellule de coordination des actions sur le terrain) en particulier et de soutenir la lutte légitime du peuple Kanak.

    #Kanaky #colonialisme #FLNKS

  • Des banques et assurances françaises sont complices de la colonisation en Palestine
    https://ricochets.cc/Des-banques-et-assurances-francaises-sont-complices-de-la-colonisation-en-

    Certaines entreprises ont été la cible de critiques et d’actions (Carrefour, Thalès, Safran et autres entreprises d’armement, McDo...), mais les banques et assurances sont souvent oubliées, alors qu’elles jouent un rôle dans le maintien et le développement des colonies israéliennes. L’argent est souvent le nerf de la guerre, et le rôle des banques et de brasser du fric. Sont impliquées dans le processus de colonisation israélien notamment : BNP Paribas, Société Générale, Crédit (...) #Les_Articles

    / #Le_monde_de_L'Economie, #Guerres, #Colonialisme_-_luttes_décoloniales

    https://www.bdsfrance.org/des-banques-francaises-complices-de-la-colonisation-en-palestine
    https://www.france-palestine.org/+-Campagne-banques-et-assurances-197-+
    https://www.amisdelaterre.org/banques-francaises-derriere-colonisation-illegale-israel-territoires-
    https://couserans-palestine.fr/bds/les-produits-des-colonies/article/liste-des-produits-et-des-marques-a-boycotter

  • Emmanuel Macron et sa majorité ont remis le feu à la Nouvelle-Calédonie | Mediapart
    https://www.mediapart.fr/journal/france/140524/emmanuel-macron-et-sa-majorite-ont-remis-le-feu-la-nouvelle-caledonie

    Ce scrutin est réservé depuis plusieurs années aux personnes disposant de la citoyenneté calédonienne selon certaines conditions. Une décision prise à l’époque dans le cadre du processus de décolonisation afin d’atténuer le poids du peuplement et de permettre aux Kanaks de peser dans les décisions politiques. Mais qui « n’est plus conforme aux principes de la démocratie », selon Gérald Darmanin, qui est allé jusqu’à évoquer lundi soir une « obligation morale pour ceux qui croient en la démocratie ».

    Remplacez « la démocratie » par « le colonialisme » et pouf, tout s’éclaire. La magie macroniste…

    #nouvelle_calédonie #colonialisme

    • Parlant d’un « pays qui est en train de replonger quarante ans en arrière dans les pires heures de son histoire », l’élu a appelé la représentation nationale à la prudence. Or c’est précisément ce qui manque à l’exécutif depuis décembre 2021, date à laquelle le président de la République avait exigé le maintien du troisième référendum, pourtant boycotté par les indépendantistes. Le processus de décolonisation, dentelle patiemment tissée depuis 1988, s’était ainsi conclu en l’absence du peuple colonisé. Une aberration politique et un calcul dangereux.

      S’il arrive à démarrer une guerre civile, il sera toujours irresponsable, le prepotent ?

      https://seenthis.net/messages/1053702

    • De passage à Paris il y a quelques semaines, le maire de Houaïlou Pascal Sawa, premier secrétaire général adjoint de l’Union calédonienne (UC) et membre du bureau du FLNKS, confiait à Mediapart la nécessité impérieuse de « remettre du lien et de la confiance » entre les différents partenaires. « On est d’accord pour ouvrir le corps électoral, mais il faudrait analyser les choses de façon plus fine pour éviter le déséquilibre, insistait-il. Contrairement à ce qui est dit, nous sommes conscients des enjeux. Nous considérons simplement qu’ils doivent s’inscrire dans un accord global. »

      Même le choix de Nicolas Metzdorf comme rapporteur du texte pose question. Pour l’ex-rapporteur du statut de la Nouvelle-Calédonie René Dosière, le rapport signé par le député Renaissance « fait honte à l’Assemblée nationale et ne peut que renforcer la colère des Kanaks et de tous les artisans de paix ». C’est « un brûlot anti-indépendantiste qui réécrit à sa manière l’histoire politique récente », affirme-t-il sur son blog. Lundi soir, à l’Assemblée, Nicolas Metzdorf s’offusquait d’ailleurs au moindre rappel historique, faisant mine de penser que ses adversaires « hiérarchisent les populations ».

      L’élu a également attaqué les bancs de la gauche, accusant les élu·es de la Nupes de « soutenir les indépendantistes les plus radicaux » au détriment des forces de l’ordre – un refrain également entonné par le ministre de l’intérieur, comme si quelqu’un pouvait se réjouir que les armes soient de nouveau sorties dans l’archipel. Sur place, la situation n’est évidemment pas aussi binaire que voudraient le faire croire ceux qui pensent que les responsabilités ne pèsent jamais sur leurs épaules. Les appels au calme se sont d’ailleurs multipliés, lancé notamment par le président indépendantiste du gouvernement calédonien Louis Mapou.

      Nicolas Metzdorf :
      https://fr.wikipedia.org/wiki/Nicolas_Metzdorf

      Son communiqué rapporté par le Figaro (vidéo) :
      https://www.lefigaro.fr/actualite-france/nicolas-metzdorf-la-maison-de-mes-parents-a-ete-menacee-20240514

      Une fois de plus, appeler à la paix et à la négociation est vu comme un acte de sédition par les élites dominantes. Mais qu’est-ce qui arrêtera la Macronie dans ses entreprises de désinformations et de travestissements de l’Histoire ? Les places financières peut-être ?

    • http://renedosiere.over-blog.com/2024/05/un-rapport-qui-fait-honte-a-l-assemblee-nationale.html

      Le « rapport » parlementaire du député calédonien Metzdorf concernant la modification du corps électoral en Nouvelle Calédonie vient d’être publié[1].Il précède la discussion d’un texte programmé ce lundi en séance publique.
      Son contenu contribue à diminuer l’image de l’Assemblée nationale car il transforme la rigueur et l’autorité habituelles de ce type de document en une brochure électorale de son parti politique (les loyalistes, appellation locale des non-indépendantistes).

      La nomination sur ce sujet sensible d’un rapporteur partisan, contrairement à la jurisprudence parlementaire, était pour le moins inopportune et maladroite compte tenu des réactions violentes que suscite ce projet de loi en Nouvelle Calédonie. Le résultat est pire : un brûlot anti-indépendantiste qui réécrit à sa manière l’histoire politique récente.

    • Nouvelle-Calédonie : 165 ans d’une histoire mouvementée
      https://lejournal.cnrs.fr/articles/nouvelle-caledonie-165-ans-dune-histoire-mouvementee

      La Nouvelle-Calédonie est devenue française en 1853. Elle était habitée par les populations océaniennes depuis 3200 ans.

      Du bagne aux premières revendications d’autonomie, de l’abolition de l’indigénat aux événements meurtriers des années 1980... L’anthropologue Michel Naepels revient sur les faits marquants de l’histoire de la Nouvelle-Calédonie et sur les enjeux du référendum du 4 novembre.

  • Nouvelle-Calédonie : révolte kanak contre le colonialisme français
    https://www.frustrationmagazine.fr/nouvelle-caledonie-revolte-kanak-colonialisme-francais

    Depuis hier une révolte de très haute intensité se déroule en Nouvelle-Calédonie : pillages, destructions d’entreprises, lutte armée contre la police (cocktails molotov, tirs à balles réelles…), mutinerie en prison… Dans n’importe quelle autre région française, cela ferait la une de tous les journaux. Oui mais voilà, la Nouvelle-Calédonie n’est pas n’importe quelle autre région […]

  • ACCORDO ITALIA – ALBANIA : FRA STRATIFICAZIONE COLONIALE E DEVOZIONE

    In questa puntata di Harraga abbiamo parlato di esternalizzazione della detenzione amministrativa in Albania. Sebbene sembra che la scadenza del 20 Maggio, per l’apertura di un Hotspot a #Shengin e di un #CPRI a #Ghader, stia saltando per via del passo rallentato al quale proseguono i lavori, sarà comunque in tempi molto prossimi che vedremo sorgere le ennesime strutture di reclusione per persone senza documenti europei. La gestione e la giurisdizione alla quale faranno riferimento sarà totalmente made in Italy, di fatti i bandi e gli appalti sia edili che per il dislocamento delle guardie sono stati emessi a Roma. La struttura di Ghader sarà un CPRI ossia un centro di detenzione amministrativa per richiedenti asilo provenienti da paesi cosiddetti sicuri trovati dalla marina militare italiana in acque internazionali.

    Con una compagna abbiamo tentato di fare un inquadramento di questi nuovi investimenti per delle prigioni fuori dal territorio italiano affrontato la profonda stratificazione storica e politica del rapporto tra Italia e Albania interpretabile nei termini della colonia.

    https://radioblackout.org/podcast/accordo-italia-albania-fra-stratificazione-coloniale-e-devozione

    #Albanie #colonialisme #Italie #histoire_coloniale #occupation #occupation_militaire #fascisme #expansionnisme #pétrole #résistance #dépendance #protectorat_italien #blanchité #néocolonialisme #migrations #accords #exploitation #néo-libéralisme #néo-colonialisme #call_center #soft_power #religion #télévision #OTAN #violence #migrants_albanais #invisibilisation

    #podcast #audio

  • 8 mai 1945 : le massacre de Sétif, Guelma et Kherrata en Algérie - Contre Attaque
    https://contre-attaque.net/2024/05/08/8-mai-1945-le-massacre-de-setif-guelma-et-kherrata-en-algerie-2

    Le 8 mai 2024, dans un pays racorni autour de débats xénophobes et d’un roman national frelaté, il reste difficile de parler des crimes commis par l’État français dans ses colonies. Et le gouvernement français soutient « inconditionnellement » d’autres massacres coloniaux, en Palestine cette fois-ci, tout en réprimant implacablement les voix anticoloniales sur son sol.

    #colonialisme #Algérie #Sétif #massacre #mémoire

  • Christi Belcourt sur X :
    https://twitter.com/christibelcourt/status/178280619329316092

    Was listening to a descendant of a Holocaust survivor retell their story of persecution and when their grandparents moved to Israel and were offered keys to a home - they found plates set on the table. Realizing it was someone’s home they immediately saw the parallel to when they were forced out of their homes by the Nazis.They didn’t want to do to Palestinians what had been done to them & they handed back the keys. I

    t reminded me about what my auntie told me about settlers who had been given Metis homes in Western Canada. She had been researching the history of her community and of the Road Allowances Metis people were forced onto. In some of the letters settlers had ’written home’ to their families, they couldn’t get over how Canada was so generous, providing them with furnished homes.

    She remarked that the settlers had commented that they found dishes set on the table and gardens already planted. I had forgotten about this detail about the dishes until I heard the story.

    It sounds unreal right? Like how would people not know they were taking other people’s lands or homes? How could they not know it was wrong? Because Metis people were already branded as less-than, undeserving and unproductive. “They weren’t doing anything w/ the land.”

    #colonialisme #sionisme

  • Mayotte, démolitions des quartiers pauvres sous couvert de la loi Elan

    Rapports de la LDH
    La démolition des quartiers pauvres de Mayotte sous couvert de la loi Elan se caractérise toujours par des contradictions entre les arrêtés et les réalisations, le nombre d’habitations détruites est toujours supérieures à celui annoncé dans les arrêtés. Les annexes des arrêtés sont également contradictoires entre elles : les rapports de la gendarmerie, de l’ARS et de l’ACFAV ne s’accordent jamais sur le nombre d’habitations installées sur les parcelles concernées. Les familles et les habitations ne sont pas clairement identifiées ; l’obligation de relogement qui figure dans l’article 197 de la loi n’est jamais remplie : il ne s’agit que d’un hébergement d’urgence de trois semaines dont le principe aurait été rappelé aux familles, comme seule obligation supposée par le préfet. Seule apparait la mention « une solution d’hébergement a été proposée » aux familles.

    https://entreleslignesentrelesmots.wordpress.com/2024/04/22/mayotte-demolitions-des-quartiers-pauvres-sous

    #international #mayotte #colonialisme

  • 100 ans de #Total_Energies - #Extractivisme et #violences coloniales

    Le 25 mars dernier, à l’occasion du centième anniversaire de Total Énergie, Avis de Tempête a été invité à réaliser un enregistrement en direct d’un épisode. 🎙️

    La Fête à Total était organisée par Extinction Rébellion, dans le cadre de leur campagne Carnage Total. Au programme : des stands, des cantines, des tables rondes, des ateliers thématiques pour revenir sur 100 ans de pratiques criminelles de TotalEnergies, penser la lutte contre la #multinationale et rêver à un avenir débarrassé des #énergies_fossiles.

    https://audioblog.arteradio.com/blog/177155/podcast/226376/s3-episode-hors-serie-3-100-ans-de-total-energies-extractivisme

    #audio #podcast #TotalEnergies #Total #pétrole #industrie_pétrolière #colonialisme #néo-colonialisme #violence #multinationales #écologie_décoloniale