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  • Immigration irrégulière : 105 candidats interpellés à Djilor dont 57 étrangers
    https://www.dakaractu.com/Immigration-irreguliere-105-candidats-interpelles-a-Djilor-dont-57-etrang

    Immigration irrégulière : 105 candidats interpellés à Djilor dont 57 étrangers
    La brigade territoriale de Foundiougne a procédé à l’interpellation de 105 candidats à l’émigration clandestine signalés au niveau des îles de Boro, dans la commune de Djilor, département dans la région de Fatick. Leur interpellation a eu lieu dans la soirée du 28 mai 2024 par les éléments des aires marines protégées. Il s’agit de 49 sénégalais dont 02 filles, 27 Bissau guinéens, 02 Gambiens dont 01 fille, 02 Maliens et 26 guinéens de Conakry dont 1 fille. Les éléments de la brigade territoriale de Foundiougne ont saisi 149 bidons de 20 litres de carburant hors bord.

    #Covid-19#migrant#migration#senegal#migrationirreguliere#traversee#foundioungne#ileboro#djilor#guinee#gambie#mali#guineebissau#routemigratoire#sante

  • Alina, non una di meno
    (pour archivage)

    Tutti assolti perché “il fatto non costituisce reato” i poliziotti e dirigenti della questura accusati di sequestro di persona e omicidio colposo per la morte di #Alina_Bonar_Diachuk, morta suicida a 32 anni il 16 aprile 2012 nel commissariato di Opicina. Il 14 aprile era stata prelevata da una volante al carcere del Coroneo dove aveva finito di scontare una pena per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina ed era stata portata a quello che fu subito definito il “commissariato degli orrori”.
    Alina Bonar Diachuk era in attesa d’espulsione ma non in stato di fermo, non c’era alcun motivo legale per portarla al commissariato e trattenerla lì. Aveva già tentato il suicidio, dopo due giorni si è impiccata con il cordino della felpa davanti alle telecamere di sorveglianza. La sua agonia è durata 40 minuti, nessuno si è accorto di niente né tantomeno è intervenuto.

    Le indagini hanno permesso di scoprire che Alina non era stata l’unica ad aver subito un sequestro di persona in commissariato: era una prassi abituale. Nel corso delle perquisizioni si è scoperto che il funzionario dirigente Carlo Baffi aveva cambiato il cartello dell’ufficio immigrazione con la scritta “ufficio epurazione” che teneva in bella mostra vicino a un busto di Mussolini. All’epoca, Baffi era anche membro della Commissione territoriale di Gorizia che esaminava le domande d’asilo presentate in Friuli Venezia Giulia: Baffi ha continuato a partecipare alle riunioni della Commissione anche dopo il suicidio di Alina. L’allora questore Padulano disse che i poliziotti coinvolti avevano fatto il loro “dovere”.

    A febbraio 2018 il pm De Bortoli aveva chiesto pene per 20 anni e 9 mesi per i poliziotti coinvolti. A sei anni dalla morte di Alina, era giunta l’assoluzione per tutti in primo grado: il giudice Nicoli aveva ritenuto che i poliziotti avessero messo in atto direttive della Questura, conosciute e condivise ai massimi livelli istituzionali, anche dalla Pretura, secondo quanto riportato dalla stampa. In breve, i poliziotti hanno fatto il loro dovere e hanno obbedito agli ordini. Tuttavia, nonostante l’omertà istituzionale, noi sappiamo che il sequestro di persona non è legale in Italia e la detenzione di Alina e delle altre centinaia di persone a Opicina era abusiva. Ora, dopo due anni, arriva il giudizio in appello: tutti assolti non più perché “il fatto sussiste” ma perché “il fatto non costituisce reato”.

    È la banalità del male: non c’è reato e nessuno è responsabile dell’annientamento della vita di una giovane donna.

    Siamo in attesa di leggere le motivazioni della sentenza ma già possiamo dire che non ci stiamo: Alina, donna e migrante, è stata per la seconda volta uccisa da questa seconda sentenza che non condanna nessuno per la sua morte.

    Verità e giustizia per Alina. Le vite delle donne contano tutte, NON UNA DI MENO!

    Nell’immagine, l’azione toponomastica di rinominazione di via del Coroneo, dove si trova il carcere di Trieste, con il nome di Alina Bonar Diachuck, vittima di Stato.

    https://www.rivoluzioneanarchica.it/alina-non-una-di-meno
    #suicide #asile #réfugiés #migrations #Opicina #homicide #détention #Italie #violences_policières #Carlo_Baffi #détention_arbitraire

    #toponymie #toponymie_politique #toponymie_migrante #victime_d'Etat

  • Zëri i Shqipërisë. L’accordo Italia-Albania, visto dagli albanesi

    Il 6 novembre 2023 la premier Giorgia Meloni e il suo omologo albanese Edi Rama presentano il protocollo d’intesa bilaterale in materia di gestione dei flussi migratori.

    Come si può guardare a questo accordo da un’altra prospettiva, quella della popolazione e della società civile albanese?
    Per capirlo abbiamo deciso di partire per l’Albania e ascoltare cosa aveva da dire chi vive sul territorio.

    Racconteremo il nostro viaggio in due episodi.

    In questo ascolterete i sopralluoghi a #Shëngjin e #Gjadër (dove sono in costruzione rispettivamente l’hotspot e il Centro di Permanenza per il Rimpatrio) e le interviste a:

    Dorian Pali, avvocato residente nel Comune di Lezhë, dove ricadono entrambe le località in cui verranno costruiti i centri detentivi italiani. Quando lo incontriamo ci parla di come si sente, in qualità di albanese e residente locale, al pensiero di come questo accordo impatterà sulla vita e le aspirazioni delle persone coinvolte.
    «[…] per gli albanesi l’Italia all’inizio dell’inizio degli anni 90 era un sogno. E gli albanesi proprio ci volevano andare – con dei costi che poi ovviamente ci sono stati: allontanarsi dalle famiglie, eccetera. Ma c’era un sogno. Invece le persone che verranno qua.. l’Albania, non è la loro scelta».

    Gjergi Erebara, giornalista investigativo di BIRN (Balkan Investigative Reporting Network) residente a Tirana.
    «Il nostro Primo Ministro è stato un richiedente asilo politico in Francia dopo essere stato malmenato da giovane. Fondamentalmente è stato picchiato perché le sue opinioni politiche, ha scritto articoli giornalistici con cui possiamo essere d’accordo o meno, ma non importa. Di fatto è stato perseguitato per le sue opinioni».

    https://www.meltingpot.org/2024/05/zeri-i-shqiperise-laccordo-italia-albania-visto-dagli-albanesi
    #audio #podcast #migrations #réfugiés #asile #Albanie #accord #Italie #externalisation

    –-

    ajouté à la métaliste sur l’#accord entre #Italie et #Albanie pour la construction de #centres d’accueil (sic) et identification des migrants/#réfugiés sur le territoire albanais...

    https://seenthis.net/messages/1043873

  • Siege of Leningrad
    https://en.m.wikipedia.org/wiki/Siege_of_Leningrad


    Two little girls assemble submachine guns during the siege of Leningrad, 1943

    Avec un million de victimes de la famine imposée aux habitants de Leningrad pendant deux ans et demi et deux millions de morts quand on compte le demi million de soldats allemands qui sont morts sur ce front, le siège de Leningrad est le plus meurtrier de l’histoire. C’est un crime d’une dimension telle que la tentative d’éradication des habitants de Gaza paraît comme un vol à la tire par rapport aux viols et assassinats d’un Ted Bundy. Pourtant à chaque fois les actes génocidaires en disent long sur leurs auteurs.

    The 872 days of the siege caused extreme famine in the Leningrad region through disruption of utilities, water, energy and food supplies. This resulted in the deaths of up to 1,500,00 soldiers and civilians and the evacuation of 1,400,000 more (mainly women and children), many of whom died during evacuation due to starvation and bombardment. According to journalist Harrison E. Salisbury on the death toll of the siege, “A total for Leningrad and vicinity of something over 1,000,000 deaths attributable to hunger, and an over-all total of deaths, civilian and military, on the order of 1,300,000 to 1,500,000 seems reasonable.” According to military historian David M. Glantz, “the number of soldiers and civilians who perished during the Battle for Leningrad amounted to the awesome total of between 1.6 and two million souls. These figures associated with the defence of a single city are six times greater than the United States’ total death toll during the entirety of World War II” and that “In terms of drama, symbolism and sheer human suffering, however, the Battle for Leningrad has no peer either in the Great Patriotic War or in any other modern war”. Military historian Victor Davis Hanson further affirmed that “Leningrad was civilization’s most lethal siege” and that “More than one million died at Leningrad amid mass starvation, epidemic, cannibalism and daily barrages—a greater death toll than any siege in history”.

    Pour retourner le mythe de l’éternelle obligation allemande envers les juifs et l’état d’Israël contre ses auteurs on pourrait poser la question de l’effet qu’a l’alliance de la victime avec son bourreau sur l’état mental et moral de la victime.

    Je préfère ne pas trop baser ma réflexion sur des analogies psychologiques. Les intérêts de classe, les rackets comme structures traversant verticalement les classes et l’impérialisme du vingt et unième siècle sont des notions de base plus fructueuses pour une analyse des événements.

    Il est d’ailleurs intéressant de voir comment le texte dans Wkipedia de langue allemande minimise la signification du siège historique alors que la version française et surtout l’article approfondi en anglais lui accordent un poids important dans l’histoire humaine.

    #épuration_éthnique #racisme #génocide #histoire #guerre_totale #guerre_d_extermination

  • Challenging the Complicity of Frontex’s Aerial Surveillance Activities in Crimes Against Humanity

    #front-LEX and #Refugees_in_Libya filed a legal notice pursuant to Art. 265 TFEU requesting Frontex’s Executive Director, Mr. Hans Leijtens, to partially terminate the Agency’s aerial surveillance activities in the ‘pre-frontier area’ in the Central Mediterranean.

    To prevent asylum seekers fleeing crimes against humanity in Libya from reaching the EU, Frontex systematically and unlawfully transmits the geolocalisation of refugee boats at high seas to the Libyan Coast Guard/Libyan Militia. Every day, Frontex allows for the systematic interception and ’pulling back’ of refugees to Libya, from where they have managed to escape by the skin of their teeth, and where they are subjected once more to crimes against humanity. Now, front-LEX, on behalf of X.Y. a refugee trapped in Libya, brings an unprecedented legal challenge against Frontex’s airborne complicity.

    Between 2021 and 2023, Frontex has shared 2,200 emails communicating the exact geolocalisation data of refugee boats with Libyan actors to enable their unlawful interception and forcible return back to Libya. There, the ‘pulled back’ refugees are arbitrarily detained and subjected to crimes against humanity of, inter alia, murder, enforced disappearance, torture, enslavement, sexual violence, rape, and other inhumane acts. It is Frontex’s sharing of geolocalisation data which enables the commission of these crimes – making the Agency complicit in the ongoing and systematic attack directed against refugees and asylum seekers in the Central Mediterranean.

    Frontex’s complicity in these ‘pullbacks’ and ensuing crimes against humanity committed against refugees has been well-documented by leading human rights organisations, UN organs, and investigative journalists. Now, based on this clear-cut evidence, front-LEX and Refugees in Libya filed an unprecedented legal notice challenging the Agency’s airborne complicity in crimes against humanity committed against people on the move.

    https://www.front-lex.eu/frontex-complicity-crimes-against-humanity

    #Frontex #complicité #justice #surveillance_aérienne #asile #migrations #réfugiés #contrôles_frontaliers #géolocalisation #gardes-côtes_libyens #crimes_contre_l'humanité #Méditerranée #mer_Méditerranée #pull-back #pullbacks #poursuite_judiciaire

    • Profugo sudanese intrappolato in Libia fa causa a Frontex: “L’agenzia europea è complice di crimini contro l’umanità”

      Per la prima volta, un richiedente asilo ancora intrappolato in Libia ha potuto presentare una sfida legale contro Frontex – l’agenzia europea per la sorveglianza dei confini terrestri e marini dell’Unione – relativamente alla sorveglianza aerea sul Mediterraneo centrale. Il profugo sudanese ha potuto denunciare “l’esercito” dei pattugliatori europei grazie a Front- Lex, Ong umanitaria olandese, in partnership con l’organizzazione “Rifugiati in Libia”. L’avvocato di Front-Lex, Iftach Cohen, ha presentato una comunicazione legale a Frontex ai sensi dell’articolo 265 TFUE, invitandola a sospendere e interrompere immediatamente tutte le comunicazioni con entità libiche in relazione alle cosiddette “situazioni di pericolo” nel Mediterraneo. Inoltre l’Ong intima che Frontex proibisca all’Italia e a Malta di condividere con i libici i dati di sorveglianza raccolti dagli aerei dell’agenzia europea.

      Si tratta di un’azione legale senza precedenti innanzitutto perchè basata sulla presunta complicità dell’Ue riguardo ai crimini contro l’umanità verificatisi in Libia. In secondo luogo, è la prima volta che un rifugiato ancora intrappolato in Libia senza protezione riesce ad avviare un procedimento per vedere riconosciuti i propri diritti. Il team di Front-Lex ha raccolto prove che evidenziano peraltro come tutti i precedenti direttori – incluso il penultimo, Fabrice Leggeri, oggi candidato alle Europee per il partito di Marine Le Pen – e altre entità di Frontex abbiano ammesso che consegnare la posizione delle imbarcazioni dei rifugiati a entità libiche sia illegale secondo il diritto europeo.

      Dal rapporto della Missione d’inchiesta indipendente sulla Libia del Consiglio per i diritti umani Ue del 23 marzo, i richiedenti asilo intercettati e rimpatriati forzatamente in Libia, una volta risbarcati in Libia, vengono detenuti e diventano “vittime di crimini contro l’umanità“. Frontex giustifica la condivisione con Tripoli del tracciamento delle imbarcazioni di profughi con il proprio obbligo, “ai sensi del quadro giuridico internazionale della Sar”, di trasmettere tutte le informazioni sull’”imbarcazione in pericolo” all’RCC competente della zona di ricerca e salvataggio, che è Tripoli nella maggioranza dei casi.

      Cohen non è d’accordo perchè l’obbligo legale di Frontex di trasmettere informazioni al competente RCC in caso di pericolo ai sensi del diritto marittimo internazionale è solo uno dei tanti obblighi legali dell’Agenzia, come il divieto dei respingimenti collettivi dei richiedenti asilo intercettati in mare in rotta verso Paesi dove si rischiano persecuzioni. “Questi obblighi derivano dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea che è di natura costituzionale. Abbiamo a questo punto raccolto prove sufficienti per dimostrare che nella zona Sar libica praticamente tutte le imbarcazioni di rifugiati rilevate da Frontex vengono automaticamente classificate come in ‘situazione di pericolo’ in modo tale che Frontex possa trasmettere immediatamente la posizione a Tripoli e astenersi dall’ingaggiare le navi di soccorso delle Ong nelle vicinanze”, spiega Cohen. Le imbarcazioni dei profughi di conseguenza non vengono contattate dagli aerei Frontex come richiede la legislazione dell’Ue per verificare se abbiano bisogno di assistenza.

      “D’altra parte, quando Frontex rileva un’imbarcazione di rifugiati nella zona Sar o nelle acque territoriali di uno Stato membro, come nei casi di Pylos (Grecia) o in Italia a Cutro non classifica i casi che sono chiaramente ‘situazioni di pericolo’ in modo che possa astenersi dall’allertare l’RCC dello Stato membro lasciandogli sufficiente potere e tempo per coinvolgere i libici anche nelle proprie acque territoriali e impedire così lo sbarco in Europa. È una vera e propria strumentalizzazione della ‘situazione di disagio’. Queste non sono persone che hanno telefonino e scarpe alla moda come dice il vostro vice premier Salvini nel descrivere i richiedenti asilo ma persone che subiscono i peggiori abusi contro l’umanità”.

      https://www.ilfattoquotidiano.it/2024/05/30/profugo-sudanese-intrappolato-in-libia-fa-causa-a-frontex-lagenzia-ue-e-complice-di-crimini-contro-lumanita/7568712

      #plainte

  • 01.06.2024, Ventimiglia, cadavere di un migrante nell’accampamento sul fiume Roja

    Un migrante è stato trovato morto all’interno di una tenda nell’accampamento di fortuna allestito nel greto del torrente Roja, sotto il cavalcavia di via Tenda a Ventimiglia.
    Al momento non si conoscono i motivi del decesso, che sembrerebbe comunque essere dovuto a cause naturali.
    Sul posto sono accorsi carabinieri e polizia, atteso il medico legale per una prima ispezione sulla salma.
    A compiere accertamenti su quanto accaduto saranno i militari dell’Arma.

    https://www.riviera24.it/2024/06/ventimiglia-cadavere-di-un-migrante-nellaccampamento-sul-fiume-roja-868284
    #Ventimille #asile #migrations #réfugiés #frontière_sud-alpine #Italie #France #Alpes_Maritimes #décès #mort #mourir_aux_frontières

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    ajouté au fil de discussion sur les morts à la frontière de Vintimille :
    https://seenthis.net/messages/784767

    lui-même ajouté à la métaliste sur les morts aux frontières alpines :
    https://seenthis.net/messages/758646

  • Traversées de la Manche : « On meurt plus au moment de l’embarcation qu’en pleine mer » - InfoMigrants
    https://www.infomigrants.net/fr/post/57455/traversees-de-la-manche--on-meurt-plus-au-moment-de-lembarcation-quen-

    Traversées de la Manche : « On meurt plus au moment de l’embarcation qu’en pleine mer »
    Par Charlotte Boitiaux Publié le : 31/05/2024
    Confrontés à une pression policière toujours plus forte, à une surcharge des canots plus importante et à des départs de plus en plus loin de Calais, les migrants risquent davantage leur vie lors des tentatives de traversées de la Manche. Dans la nuit de samedi 13 janvier à dimanche 14 janvier 2024, un groupe de Syriens, dont un bébé d’un mois, rejoint un canot déjà en mer. Il est 2 heures du matin. La houle, la nuit et les vagues font paniquer le groupe au moment de monter dans l’embarcation. Le bateau se retourne. Les migrants tombent à l’eau. Dans la confusion, deux adolescents syriens de 14 et 16 ans se noient, à quelques mètres seulement de la plage. Trois autres personnes mourront aussi cette nuit-là. L’eau était à 9 degrés.
    Depuis plusieurs mois, les traversées de la Manche ont « changé... en pire », estime Salomé Bahri, coordinatrice de l’association Utopia 56 à Grande-Synthe, présente depuis des années sur le littoral français. « On a remarqué que les décès [de migrants] se produisent désormais près des côtes. On meurt plus au moment de l’embarcation, et moins en pleine mer », résume-t-elle. « On peut aussi mourir avant même d’avoir atteint la Manche. Prenez l’exemple de cette fillette de sept ans [morte par noyade, le 3 mars 2024]. Elle est décédée dans le canal de l’Aa, le canot n’avait même pas atteint la mer ».Seize migrants, dont dix enfants âgés de sept à treize ans, se trouvaient à bord de ce bateau. Celui-ci « n’était pas dimensionné pour supporter autant de personnes », avait affirmé la préfecture du Nord dans un communiqué.
    Pour Utopia 56, « les traversées ne sont plus celles d’il y a un an ou deux ans ». D’abord, parce que les départs sont plus « dangereux ». De plus en plus d’embarquements se font en amont de la Manche, sur les canaux, les rivières qui se jettent dans la Manche. Le but : éviter les policiers qui patrouillent sur les plages. « On pense être à l’abri, être discret, mais les gens tombent des canots et meurent aussi », résume Fabien Touchard, un autre coordinateur d’Utopia 56.
    D’autres passeurs envisagent aussi de faire monter leurs passagers quand l’embarcation est déjà en mer, forçant les femmes et les enfants à s’enfoncer dans l’eau sur plusieurs dizaines de mètres avant de les hisser à bord. Pourquoi une telle prise de risques ? Parce que les trafiquants savent que les policiers n’ont pas le droit d’intercepter les migrants une fois qu’ils sont en mer. Cette compétence relève du droit maritime. Pour Fabien Touchard, les trafiquants agissent donc par souci de rentabilité. « Il y a un an et demi, deux ans, on était sur des canots de 30, 40 personnes, aujourd’hui on est sur des bateaux de 60, 70 personnes voire plus dans des cas exceptionnels. Les passeurs se disent que le taux d’empêchement [des traversées] est élevé, il faut donc charger davantage les bateaux. »
    Or la qualité des canots, elle, ne s’est pas améliorée. « Dans la précipitation et la peur de se faire repérer par les forces de l’ordre, les migrants ne prennent plus le temps de correctement gonfler les pneumatiques que certains passeurs fournissent », explique encore Salomé Bahri d’Utopia 56. « Par exemple, on constate que des migrants n’installent plus le sol rigide au fond des bateaux, or ce sol permet de maintenir le canot à flot. Sans, le bateau s’affaisse rapidement, il prend l’eau… On voit de plus en plus de personnes rentrer à la nage sur les plages ». Pour Fabien Touchard et Salomé Bahri, les trafiquants s’adaptent aussi face à l’important dispositif policier déployé sur les plages du nord du pays. Un arsenal militaire qui s’inscrit dans des accords passés entre le Royaume-Uni et la France pour tenter d’endiguer l’immigration clandestine. En mars dernier, les Britanniques ont annoncé verser plus de 500 millions d’euros sur quatre ans à la France pour militariser davantage la frontière maritime.
    « Les rapports de forces entre exilés et policiers se durcissent inévitablement. Il y a des surveillances au drones, des patrouilles partout... », explique Salomé Bahri. « On assiste à des gazages sur les plages, des bateaux lacérés au couteau… Des migrants nous racontent que les policiers jettent maintenant des gaz lacrymogènes dans les canots sur le départ alors même que des enfants se trouvent à l’intérieur. Résultat, les mises à l’eau [de bateaux] sont plus chaotiques qu’avant ». Ces rapports de force ont aussi une influence sur le timing des départs. « Pour éviter au maximum ces confrontations violentes, les migrants prennent désormais des risques au niveau de la météo. Par exemple, ils vont prendre la mer quand le temps est instable, quand les vagues sont très hautes. Ils pensent que les plages sont moins surveillées par temps de pluie », explique Fabien Touchard.
    Et ils partent de plus en plus loin. « Avant, les canots partaient depuis le Calaisis ou le Dunkerquois. Maintenant, on reçoit des appels à l‘aide des personnes qui se trouvent à Boulogne-sur-Mer, au Touquet, à Berck », développe Salomé. Soit des villes plus au sud, très éloignées des côtes anglaises. « Si avant, les migrants mettaient six ou huit heures pour aller de Calais à Douvres [port de débarquement des migrants en Angleterre, ndlr], désormais ils doivent doubler voire tripler ce temps de trajet en mer ». Enfin, les montées à bord aussi se complexifient, notamment à cause d’un nouveau phénomène de « montées sauvages ». Les exilés qui vivent depuis plusieurs semaines voire mois dans le nord de la France n’ont parfois plus les moyens de payer les passeurs. « Ils ont épuisé leurs économies dans différentes tentatives », explique encore Salomé Bahri. « Ils ont tenté la traversée deux trois, quatre fois, 10 fois... Quand ils n’ont plus rien, ils essaient alors de monter à la dernière minute à bord d’une embarcation, gratuitement, avec les problèmes que cela peut créer : surnombre, altercations avec les autres passagers… » Malgré tous ces dangers, les traversées de la Manche sont loin d’être enrayées. Depuis le début de l’année, plus de 10 000 migrants sont arrivés sur le sol anglais, contre 7 600 l’année dernière à la même période. Et les morts ne cessent d’augmenter. Au moins 16 exilés sont morts en tentant de traverser la Manche depuis le début de l’année 2024. Ils étaient 12 pour l’ensemble de l’année 2023, et un en 2022, selon la préfecture de la Manche et de la mer du Nord.

    #Covid-19#migrant#migration#france#royaumeuni#routemigratoire#manche#traversee#trafic#mortalite#sante

  • Comment les Vietnamiens sont devenus parmi les principaux migrants sur les « small-boats » vers l’Angleterre - InfoMigrants
    https://www.infomigrants.net/fr/post/57420/comment-les-vietnamiens-sont-devenus-parmi--les-principaux-migrants-su

    Comment les Vietnamiens sont devenus parmi les principaux migrants sur les « small-boats » vers l’Angleterre
    Par Louis Chahuneau Publié le : 30/05/2024
    Depuis le début de l’année, les migrants vietnamiens sont de plus en plus nombreux à traverser la Manche en direction du Royaume-Uni. Depuis le drame du camion charnier en 2019 où 39 Vietnamiens avaient trouvé la mort par asphyxie en se rendant de manière irrégulière au Royaume-Uni, les exilés originaires du Vietnam continuent de tenter d’atteindre les côtes britanniques, mais par voie maritime.
    Au Royaume-Uni, 10 Downing street tremble. À cinq semaines des élections législatives britanniques, le Premier ministre conservateur Rishi Sunak ne parvient pas à limiter le nombre de migrants arrivant par bateau au Royaume-Uni : elles ont atteint un record sur les premiers mois de l’année 2024 avec 10 000 passages.Récemment, le ministère de l’Intérieur britannique a constaté un autre phénomène inquiétant. Depuis le début de l’année, la part de migrants vietnamiens sur les « small-boats » a considérablement augmenté. Entre janvier et mars 2024, 1 060 personnes originaires du Vietnam ont débarqué au Royaume-Uni par bateau, soit 14% du total des arrivées. Selon les médias britanniques, ils représentent désormais la plus large communauté qui traverse la Manche.
    « Une théorie sur l’augmentation récente des traversées en bateau est que l’autre itinéraire irrégulier, à l’arrière d’un camion à travers le tunnel sous la Manche, est devenu plus difficile en raison des réglementations récemment mises en œuvre dans le cadre du Brexit. Cela a poussé les migrants vietnamiens à emprunter les petites embarcations », explique à InfoMigrants Seb Rubsy, sociologue britannique à l’Université de Birmingham et spécialiste de cette communauté. « Avec le Brexit, les échanges commerciaux entre le Royaume-Uni et l’Europe continentale ont été réduits, ce qui a entraîné une diminution du nombre de camions transportant des marchandises entre les deux régions », complète Mimi Vu, experte indépendante sur le trafic d’êtres humains.
    En 2019, la Grande-Bretagne a par ailleurs été marquée par la tragédie du camion charnier retrouvé dans l’Essex, dans lequel 39 migrants vietnamiens avaient trouvé la mort par asphyxie. Un drame qui a également participé au changement de méthode. Chez les bénévoles français qui maraudent sur les plages du nord, c’est un peu la sidération. « À notre grande surprise, on a constaté depuis le début de l’année beaucoup de Vietnamiens sur la côte. C’est incroyable, c’est une population qu’on ne croisait pas du tout avant », raconte à InfoMigrants Olivier Ternisien d’Osmose 62 qui patrouille sur les plages dans le Boulonnais et le Montreuillois.
    « On croise autant de femmes que d’hommes, des personnes plutôt jeunes mais je n’ai pas vu de familles avec enfants », ajoute Sophie Roux, de la même association, qui se souvient d’une communauté un peu plus argentée que d’autres : « Quand ils échouent à traverser, ils ne cherchent même pas à négocier le prix des taxis pour rentrer vers Dunkerque », se souvient-elle. Même écho chez les bénévoles d’Utopia 56. « Depuis l’été dernier, on voit de plus en plus de Vietnamiens sur le littoral nord, surtout à Grande-Synthe et Dunkerque », commente Angèle Vettorello, coordinatrice de l’association à Grande-Synthe.
    Dans les années 2010, les Vietnamiens se regroupaient essentiellement vers Angres (Pas-de-Calais), à une centaine de kilomètres des côtes françaises. Les médias avaient même surnommé cette ville « Vietnam city » en raison de l’entraide qui régnait entre l’ex-municipalité communiste et cette communauté asiatique à qui elle avait mis un local à disposition. Mais les temps ont changé et le hangar a fermé en 2018. Désormais, les Vietnamiens se mélangent d’avantage aux autres communautés (kurde, bangladaise ou encore soudanaise). « Il y a de plus en plus de Vietnamiens qui viennent sur les points de distribution, ce qui nous a poussé à traduire nos textes de prévention en vietnamien », explique encore Salomé Bahri d’Utopia 56. « Parfois on voit des Kurdes et des Vietnamiens prendre un bateau ensemble. Je pense que les communautés se mélangent de plus en plus car le nombre de passagers par ’small-boat’ est de plus en plus élevé ». (...)
    Les migrants vietnamiens peuvent aussi compter sur l’appui d’une communauté historiquement établie en France. Fin mai, une opération de police conjointe menée par les services de l’Office central de lutte contre le trafic illicite de migrants (OLTIM) et la police anglaise ont permis de démanteler une filière de passeurs de migrants entre la France et le Royaume-Uni. Douze personnes, soupçonnées d’être des logeurs ou des convoyeurs, ont été arrêtées en banlieue parisienne, tandis que quatre autres ont été interpellées en Angleterre. Parmi eux, un jeune homme de 25 ans, surnommé
    Cette opération de police a permis de comprendre comment fonctionne les réseaux de passeurs vietnamiens. « Pour diminuer leurs frais de passages clandestins, les migrants transportaient de la métamphétamine, afin d’alimenter les trafiquants asiatiques du Val-de-Marne », expliquent les enquêteurs français dans un document consulté par InfoMigrants. Lors d’une perquisition, les policiers ont notamment découvert chez l’un des suspects 218 grammes de kétamine, 102 grammes de méthamphétamine et 36 grammes d’ecstasy, des drogues de synthèse.
    "Depuis la tragédie de l’Essex, les trafiquants demandent dorénavant 50 000 dollars [environ 46 000 euros, ndlr], voire plus, et prétendent garantir la sûreté du voyage jusqu’au Royaume-Uni avec un emploi à la clé, expliquaient dans une étude parue en 2020 les expertes indépendantes Nadia Sebatoui et Mimi Vu. « Les familles empruntent au moins la moitié de la somme totale pour payer la première partie du voyage du Vietnam jusqu’à un pays européen (…) Les trafiquants et les groupes criminels utilisent cette situation d’endettement pour exercer un contrôle sur le migrant tout au long du voyage, ce qui l’oblige à se soumettre en route à des situations d’exploitation, par exemple en étant forcé de travailler dans un atelier clandestin ou de vendre des médicaments contrefaits. »
    Le réseau franco-britannique logeait des migrants dans plusieurs communes du Val-de-Marne, à Thiais, Choisy-le-Roi ou encore Ivry-sur-Seine. « L’un des interpellés a confié aux policiers que le coût de la traversée était d’environ 20 000 euros par migrant. Son rôle était de réceptionner des migrants vietnamiens fraîchement arrivés en France avec des visas hongrois de deux ans. Il devait ensuite leur trouver des hébergements et un emploi dans des ongleries. »
    D’après les études publiées ces dernières années, il apparaît que les migrants vietnamiens profitent des relations diplomatiques entre leur pays et les anciens États du bloc communiste (Hongrie, Roumanie, Slovaquie, Pologne...) pour atteindre l’Europe. « Entre 1981 et 1990, 217 183 Vietnamiens ont été employés sous contrat dans ces pays », expliquent notamment deux chercheurs dans une enquête de terrain publiée en 2017."La majorité des nouveaux arrivants sont originaires de quelques provinces du centre du Vietnam, comme Nghệ An et Hà Tĩnh, qui ont été négligées sur le plan économique et présentent des taux de chômage élevés. Ils sont généralement issus de milieux pauvres, ruraux ou urbains, et n’ont probablement pas de diplôme universitaire", analyse le chercheur britannique Seb Rusby. Actuellement, il semblerait que la Hongrie tienne la corde pour attirer les migrants vietnamiens.
    Il y a quelques années, des passeurs ont ainsi profité d’un partenariat entre le Vietnam et Malte pour inscrire de jeunes Vietnamiens au Malta College of Arts, Science and Technology. Selon le quotidien britannique The Guardian, sur les 265 étudiants vietnamiens qui ont obtenu ce visa, seuls deux sont depuis rentrés au Vietnam."Ces enfants, à la merci des réseaux de passeurs, ont été retrouvés par la police dans des pays comme la Belgique, l’Allemagne et la Suisse, réduits en esclavage dans des salons de manucure et exploités", explique l’experte indépendante Mimi Vu. Depuis, l’université a fermé son visa.
    Lorsqu’ils arrivent au Royaume-Uni, les Vietnamiens sont employés dans des bars à ongles, ou plus rarement dans des fermes à cannabis, que la police britannique ferme régulièrement. Au début des années 2000, la diaspora vietnamienne a importé au Royaume-Uni le concept des bars à ongles très populaire aux États-Unis. « Depuis, ils représenteraient plus de 60% des commerces montés par la communauté vietnamienne », constatent des chercheurs.
    Les réseaux de passeurs vietnamiens récupèrent directement leurs clients à la sortie des « small-boats ». « Ce qu’on comprend c’est qu’il y a une grosse organisation côté anglais, ils savent où ils vont. Tout est organisé de l’autre côté », explique Olivier Ternisien de l’association Osmose 62. Pour tenter de décourager les Vietnamiens de monter sur les frêles embarcations, le gouvernement britannique a lancé il y a quelques semaines une campagne de communication sur les réseaux sociaux pour les sensibiliser aux dangers de la traversée de la Manche. De quoi remédier au phénomène ? Au moins 16 migrants sont morts en tentant de traverser la Manche depuis le début de l’année 2024.

    #Covid-19#migrant#migration#vietnam#royaumeuni#routemmigratoire#mineur#famille#traversee#manche#reseau#sante#trafic

  • Canaries : la petite île d’El Hierro débordée par l’afflux migratoire - InfoMigrants
    https://www.infomigrants.net/fr/post/57316/canaries--la-petite-ile-del-hierro-debordee-par-lafflux-migratoire

    Routes migratoires : les Canaries débordées
    Canaries : la petite île d’El Hierro débordée par l’afflux migratoire
    Par FRANCE 24 Publié le : 27/05/2024
    Au large du Maroc, les îles espagnoles des Canaries font face à leur pire crise migratoire depuis 2006. En un an, plus de 30 000 migrants sont arrivés sur l’archipel. Sur le seul mois de janvier, El Hierro, la plus petite île des Canaries, a vu débarquer sur ses côtes pas moins de 4 000 migrants. Malgré l’organisation conjointe des habitants et des associations, l’île est débordée. Un reportage de Clara Le Nagard et Armelle Exposito.
    L’île d’El Hierro, un territoire de 268 kilomètres carrés situé à 1 000 kilomètres des premières côtes de la péninsule ibérique, est devenue le symbole de la crise migratoire en Espagne. En un an, la plus petite île de l’archipel des Canaries a vu débarquer sur ses côtes plus de 14 000 migrants, alors même qu’El Hierro compte moins de 10 000 habitants et seulement trois communes.
    Face à cet afflux, l’île s’est organisée tant bien que mal en déployant des infrastructures de premiers soins dans le port de La Restinga, au sud de l’île, et en construisant deux centres d’accueil, un pour les majeurs et un pour les mineurs. Au cœur du problème se trouvent les mineurs qui ne peuvent plus être accueillis et qui sont envoyés vers d’autres îles des Canaries, comme Tenerife et Gran Canaria. Une situation devenue impossible à gérer, puisque les centres d’accueil sont débordés là-bas aussi.
    Sur le terrain, les associations et les habitants sont dévoués et font de leur mieux pour prendre en charge les migrants, qui arrivent souvent du Sénégal, du Mali ou encore de la Mauritanie. Depuis plus d’un an, le gouvernement des Canaries alerte Madrid sur la gravité de la situation et a soumis une proposition législative visant à répartir les mineurs migrants non accompagnés dans toutes les communautés autonomes d’Espagne.

    #Covid-19#migrant#migration#espagne#canaries#routemigratoire#atlantique#fluxmigratoire#sante#elhierro

  • Soirée d’écriture de lettres aux prisonniers politiques

    Mémorial France vous invite à une soirée de lettres aux prisonniers politiques en Russie et au Belarus, dimanche le 12 mai.

    Nous continuons à écrire des lettres aux prisonniers politiques, car chaque lettre reçue revêt une importance capitale pour une personne se trouvant dans des conditions difficiles, avec un accès restreint à l’information.

    https://entreleslignesentrelesmots.wordpress.com/2024/04/12/russie-soutenir-les-prisonniers-politiques-de-gauche-est-un-acte-de-solidarite-pratique/#comment-61081

    #international #russie

  • Immigration irrégulière : un ingénieur en génie civil et un tailleur attraits à la barre pour tentative de convoyage de candidats au voyage.
    https://www.dakaractu.com/Immigration-irreguliere-un-ingenieur-en-genie-civil-et-un-tailleur-attrai

    Immigration irrégulière : un ingénieur en génie civil et un tailleur attraits à la barre pour tentative de convoyage de candidats au voyage.
    Immigration irrégulière : un ingénieur en génie civil et un tailleur attraits à la barre pour tentative de convoyage de candidats au voyage.Ma. Mbaye, M. Cissé et Mo. Mbaye ont été attraits, ce 31 mai, devant la barre du tribunal correctionnel pour répondre du délit de tentative de convoyage de candidats à l’immigration clandestine. Ils ont tous été appréhendés à Rufisque après que les enquêteurs ont reçu des renseignements sur cette affaire.
    Ils ont tous contesté les faits, mais il ressort du Pv
    d’enquête que les accusés s’organisaient pour une immigration clandestine. Alors arrêtés, 5 téléphones ont été saisis par les enquêteurs. En cours de route, un des appareils a sonné pour renseigner sur la présence d’individus qui attendaient près de la Sonatel de Rufisque. L’enquête a permis de savoir que le sieur Cissé devait les amener à Ndayane.« Quand le téléphone a sonné c’est un individu qui m’a dit qu’il était sur le site. Je ne devais pas les amener à Ndayane parce que je ne connais pas Ndayane », s’est justifié M. Cissé, ingénieur en génie civil vivant en Mauritanie.
    « Je suis venu au Sénégal entre le 08 et le 09 mai dernier », a-t-il précisé.Pour sa part, Ma. Mbaye tailleur de son état a expliqué avoir été arrêté près d’une pharmacie à Rufisque.
    « Nous n’avons jamais agi pour convoyer des candidats. On m’a arrêté en compagnie de M. Cissé », a-t-il déclaré.
    Revenant à la charge, le procureur a rappelé avoir lui-même entendu les accusés au parquet et ils avaient reconnu le délit de tentative de convoyage de candidats à l’immigration. M. Cissé et Ma. Mbaye ont finalement approuvé.
    « Nous devions juste convoyer des individus à Diamniadio », dira M. Cissé.
    Interpellé sur son implication, le jeune élève Mo. Mbaye a indiqué n’être mêlé ni de près ni de loin à cette affaire.
    « Mon père Ma. Mbaye m’a demandé de lui amener des gosses qui étaient arrivés à la maison et c’est lorsque je suis parti là-bas que les policiers m’ont arreté », a soutenu le jeune élève.
    L’enquête révèle que plusieurs candidats ont témoigné avoir été aidés par les 2 accusés Ma. Mbaye et M. Cissé pour effectuer le voyage. Le document a indiqué que M. Cissé est considéré comme le convoyeur et que M. Mbaye lui, devait servir de capitaine de bord. Ils ont tous les deux refuté les charges.Pour l’avocat de la défense, il n’y a pas d’éléments suffisants incriminant les accusés.
    « Ce sont des individus qui ont été arrêtés alors qu’ils n’étaient que 2 sur le lieu de leur arrestation. Pour convoyer des candidats à l’immigration, il faut plus que ça », a dit la robe noire.
    L’avocat de l’élève a plaidé le renvoi des fins de la poursuite à son encontre car n’ayant obéi qu’à son père. Sur le cas du père Ma. Mbaye, le conseil a également plaidé la relaxe.« Il ressort de l’enquête qu’il n’y a ni offre, ni contrepartie financière, ni matériel », a soutenu le conseil.L’affaire est mise en délibérée en huitaine au 07 juin prochain…

    #Covid-19#migrant#migration#senegal#migrationirreguliere#Ndayane#mauritanie#rufisque#trafic#droit#sante

  • Coopération Italiano-Sénégalaise : Le ministre Yankhoba Diémé plaide pour la régularisation des « sans papiers » sénégalais
    https://www.dakaractu.com/Cooperation-Italiano-Senegalaise-Le-ministre-Yankhoba-Dieme-plaide-pour-l

    Coopération Italiano-Sénégalaise : Le ministre Yankhoba Diémé plaide pour la régularisation des « sans papiers » sénégalais
    Prenant part à la fête marquant le 78ème anniversaire du Référendum de 1946, faisant de l’Italie, une République, le ministre Yankhoba Diémé a plaidé pour la régularisation des ressortissants sénégalais sans papiers en Italie. « L’Italie est l’un des premiers pays d’europe en matière d’accueil de ressortissants sénégalais. La forte communauté sénégalaise d’Italie jouit d’un niveau d’intégration très appréciable. La décision des autorités italiennes de régulariser le séjour de plusieurs d’entre eux en 2020 constitue assurément une belle preuve de Téranga à l’italienne et d’intégration entre nos deux peuples. Tout en félicitant cette heureuse initiative, je voudrais au nom du gouvernement sénégalais plaider pour son renouvellement », a souhaité le ministre du Travail, de l’Emploi et des Relations avec les institutions. Il a par ailleurs énuméré les programmes et projets de partenariat entre le Sénégal et l’Italie : "il s’agit du programme d’appui au développement économique et social du Sénégal (PADESS), de la Plateforme d’Appui au Secteur Privé et à la Valorisation de la Diaspora Sénégalaise en Italie (PLASEPRI).

    #Covid-19#migration#migrant#senegal#integration#italie#regularisation#developpement#economie#sante

  • En Libye, Benghazi, nouveau hub de la migration clandestine vers les Etats-Unis
    https://www.lemonde.fr/afrique/article/2024/05/31/en-libye-benghazi-nouveau-hub-de-la-migration-clandestine-vers-les-etats-uni

    En Libye, Benghazi, nouveau hub de la migration clandestine vers les Etats-Unis
    Par Nissim Gasteli (Tunis, correspondance)
    Le 18 mai, peu après minuit, un Boeing 777 de la compagnie aérienne libyenne Ghadames Air décolle de l’aéroport Benina à Benghazi, la plus grande ville de l’est de la Libye, pour atterrir quatorze heures plus tard sur l’aéroport de Managua, au Nicaragua. Selon la chaîne de télévision nicaraguayenne 100 % Noticias, 367 passagers de nationalité indienne se trouvaient à son bord. Le 23 mai, une autre rotation a eu lieu à bord du même appareil avec 298 Indiens. Tous avaient l’intention de rallier ensuite les Etats-Unis.
    Plus tôt, le 28 février et le 14 mars, deux vols similaires avaient été opérés depuis la capitale libyenne, Tripoli, sans que des informations sur la nationalité des passagers soient divulguées. Contactés, ni le ministère nicaraguayen des affaires étrangères ni les autorités aéroportuaires du pays n’ont répondu aux sollicitations du Monde sur ce qui apparaît comme l’ouverture d’une nouvelle route clandestine vers la frontière américaine. Aucune confirmation officielle de ces vols inédits n’a été donnée, mais l’aéroport international Augusto C. Sandino à Managua est aujourd’hui reconnu comme un important point de transit pour les candidats à l’immigration vers les Etats-Unis. En décembre 2023, un avion avec à son bord plus de 300 Indiens avait déjà été immobilisé à l’aéroport de Paris-Vatry (Marne) pour « soupçons de traite d’êtres humains » alors qu’il effectuait une escale technique entre Dubaï et la capitale nicaraguayenne.
    Depuis 2021, « le Nicaragua a ouvert ses frontières aux ressortissants de pays politiquement difficiles, leur permettant de venir sans visa », moyennant un paiement à l’arrivée, explique Manuel Orozco, expert en migration au sein du Dialogue interaméricain, un centre de réflexion basé à Washington. Selon les données qu’il a collectées, 1 145 vols charters ont atterri à Managua depuis mai 2023, provenant principalement d’Amérique latine, mais aussi de Casablanca, au Maroc, et récemment de Benghazi.
    Le régime de Daniel Ortega, président « anti-impérialiste » du Nicaragua, tire profit de ces arrivées d’un point de vue à la fois politique – en accroissant les problèmes à la frontière entre le Mexique et les Etats-Unis, qui ont placé Managua sous sanctions depuis 2021 – et économique. M. Orozco estime à environ 30 millions de dollars les recettes générées par les pénalités de visa que Managua impose aux migrants clandestins, sans compter tous les revenus liés à leur transit dans le pays (transport, hébergement…).
    Avec cette nouvelle route, le Nicaragua opère une jonction avec la Libye, l’un des principaux points de passage de la migration africaine vers l’Europe. Cette filière a émergé comme une alternative aux routes passant par la Turquie, verrouillées à partir de 2016 et la signature d’un accord entre Bruxelles et Ankara. Les exilés venus d’Asie, qui arrivent majoritairement par voie aérienne, se sont reportés sur les aéroports libyens, devenus des hubs pour les réseaux de passeurs.La compagnie syrienne Cham Wings, célèbre pour ses activités illicites comme le trafic de mercenaires, de stupéfiants et d’armes, qui lui ont valu d’être sanctionnée par l’Union européenne (UE), a ajouté le transport de migrants à ses spécialités. Elle vend aux candidats à l’exil un package à 1 200 dollars (environ 1 110 euros), selon une enquête du site d’information Al-Araby Al-Jadid, qui comprend le vol depuis Damas ou Beyrouth et l’autorisation de sécurité, document indispensable pour entrer dans les zones contrôlées par le gouvernement de l’Est libyen. Cham Wings Airlines propose aussi des connexions depuis les pays du Golfe.
    Quelques heures avant le décollage du vol du 18 mai pour Managua, un appareil de Cham Wings, un Airbus A320 d’une capacité de 150 à 180 passagers, s’est posé à l’aéroport de Benina en provenance de Damas. Il avait précédemment opéré un vol entre les Emirats arabes unis et l’Amérique centrale. Les mêmes mouvements se sont répétés le 23 mai. En février et en mars, avant de s’envoler pour le Nicaragua, le Boeing 777 de Ghadames Air a réalisé deux allers-retours vers l’aéroport de Tachkent, en Ouzbékistan. Acquis fin 2023, cet appareil d’une capacité de 400 passagers n’a été utilisé qu’à ces occasions, d’après les sites de suivi du transport aérien.
    « Emmener des migrants depuis l’Ouzbékistan ou encore l’Inde et leur promettre qu’ils vont arriver dans le sud des Etats-Unis, en traversant plusieurs pays et continents de manière irrégulière, ne peut se faire que grâce à des réseaux criminels transnationaux et la complicité de certains Etats », analyse Jalel Harchaoui, chercheur associé au Royal United Services Institute for Defence and Security Studies. L’utilisation de l’aéroport de Benghazi pour de tels vols se fait, sans aucun doute, avec l’assentiment du maréchal Khalifa Haftar, l’homme fort de l’est de la Libye. L’Armée nationale libyenne (ANL) qu’il commande assure la sécurité des lieux et garde un œil sur les arrivées et départs de passagers, comme a pu le constater Le Monde en septembre.
    Outre ses activités civiles, cet aéroport international sert de base pour l’ANL de M. Haftar, qui est accusé depuis plusieurs mois de favoriser la migration vers l’Europe, tant pour des raisons économiques que comme levier de négociations avec l’UE. « Les dirigeants européens sont d’autant plus prêts à venir honorer et, de fait, reconnaître le clan Haftar que le nord de la Cyrénaïque est devenu une plaque tournante de la migration », relève M. Harchaoui.
    Mais, en laissant transiter des migrants vers l’Amérique, M. Haftar prend le risque de compliquer davantage ses relations avec les Etats-Unis. Washington s’inquiète déjà de la présence croissante de la Russie et de son Africa Corps – le nouveau label des milices du Groupe Wagner – dans les zones contrôlées par l’ANL. Au cours des derniers mois, l’envoi de matériel par Moscou, via le port syrien de Tartous, s’est multiplié. Début mai, un porte-parole du département d’Etat expliquait au Monde être « préoccupé par les activités de Wagner soutenues par la Russie sur le continent, qui alimentent les conflits et favorisent la migration irrégulière ».
    Dans le contexte de la campagne électorale aux Etats-Unis, en vue de la présidentielle de novembre, la question migratoire est devenue un sujet de crispation. Ces vols « vont faire réagir » à Washington, prédit Jalel Harchaoui. L’administration américaine a en effet multiplié les actions pour combattre les arrivées de migrants du monde entier à sa frontière sud. Elle a notamment sollicité de la part des pays de transit l’imposition de visas aux ressortissants de pays identifiés comme pourvoyeurs de migrants et déployé un arsenal de pressions et de sanctions contre les compagnies aériennes et les prestataires de services qui facilitent les vols charters. « Je pense que la Libye était le point de départ cette fois-ci, tout comme le Maroc avant… C’est une façon de provoquer les Etats-Unis et de voir jusqu’à quel point ils tolèrent le Nicaragua », conclut Manuel Orozco.

    #Covid-19#migrant#migration#libye#etatsunis#nicaragua#migrationirreguliere#ouzbekistan#inde#turquie#routemigratoire#visas#transit#sante#maroc

  • Demandeurs d’asile : « Derrière les “défaillances systémiques” du dispositif d’accueil français, il y a un refus d’adopter des solutions pragmatiques »
    https://www.lemonde.fr/idees/article/2024/05/31/demandeurs-d-asile-derriere-les-defaillances-systemiques-du-dispositif-d-acc

    Demandeurs d’asile : « Derrière les “défaillances systémiques” du dispositif d’accueil français, il y a un refus d’adopter des solutions pragmatiques »
    Tribune Guillaume Rossignol, directeur du Jesuit Refugiee Service
    En mars 2024, un arrêt du Conseil du contentieux des étrangers belge a empêché le transfert d’un demandeur d’asile vers la France au vu de « défaillances systémiques » du dispositif d’accueil de l’Etat français. Selon cet arrêt, ce demandeur d’asile risquait d’être traité de manière incompatible avec ses droits fondamentaux. « Certaines nuits, je reste assis sur une chaise près des agents de sécurité d’un hôpital, par crainte d’être de nouveau agressé durant mon sommeil », témoigne, par exemple, M. N., demandeur d’asile, accompagné par le Service jésuite des réfugiés (JRS France).
    Les défaillances dans l’accueil des demandeurs d’asile ne sont pas nouvelles. La France a ainsi été condamnée par la Cour européenne des droits de l’homme en 2021 pour les traitements inhumains et dégradants dont avaient été victimes des personnes en demande d’asile. Mais le plus inquiétant est l’ampleur de ces défaillances.
    Au 31 mars 2024, selon les chiffres issus d’Eurostat et de l’Office français de l’immigration et de l’intégration (OFII), un organisme chargé de délivrer les « conditions matérielles d’accueil », c’est-à-dire une domiciliation, un hébergement et une allocation minimale assurant aux demandeurs un niveau de vie digne qui garantisse leur subsistance et protège leur santé physique et mentale, plus de 46 000 personnes en demande d’asile en étaient privées.
    Or, plus qu’une crise du système d’accueil contre laquelle « on ne pourrait rien » – elle résulterait, par exemple, de l’impossibilité de traiter de trop nombreuses demandes –, certains cas manifestent une volonté délibérée de laisser perdurer ces situations et de justifier l’injustifiable, en s’abritant derrière le paravent du « droit ».
    Ainsi en est-il de la politique française envers les demandeurs d’asile dits « dublinés », par référence au règlement européen de Dublin, organisant les procédures d’asile au sein de l’Union européenne (UE) et dont les principes ont été globalement repris par le pacte européen sur l’asile et la migration adopté le 14 mai 2024.
    Ces personnes, qui ont demandé la protection internationale de la France et y séjournent, sont entrées sur le territoire de l’UE par un autre pays. En application des textes précités, la France peut, pendant une durée de dix-huit mois, demander leur transfert dans le pays par lequel elles sont entrées dans l’UE (procédure Dublin) afin que ce pays assume et instruise lui-même la demande d’asile. Mais, une fois passé ce délai, la France devient responsable de leur demande d’asile. Or, nos autorités refusent à ces personnes tout moyen de subsistance, prétendant ne pas y être tenues en application du droit en vigueur.
    Quelle que soit l’interprétation que l’on donne du droit français ou européen applicable, les priver d’une allocation et d’un hébergement en plus d’un accès au travail, c’est laisser les demandeurs d’asile dans une situation inhumaine et dégradante qui ne peut être conforme à aucun droit. Une première en la matière, le Service jésuite des réfugiés (JRS France) vient d’introduire devant le Conseil d’Etat une requête « en reconnaissance de droits » − un dispositif original introduit par une loi de 2016 sur la modernisation de la justice du XXIe siècle − pour faire reconnaître les droits individuels de l’ensemble de ces personnes au bénéfice des « conditions matérielles d’accueil ».
    Nous ne devons pas laisser justifier l’injustifiable, mais garder le souci de la justice. Derrière ces « défaillances systémiques » du dispositif d’accueil français, il y a aussi un refus d’adopter des solutions pragmatiques, en laissant l’idéologie prendre le dessus. Selon l’économiste El Mouhoub Mouhoud, président de l’université Paris-Dauphine-PSL, nous assistons à un « recul inquiétant de l’argumentation rationnelle » sur les questions d’immigration.
    Ainsi, une grande pluralité d’acteurs, y compris le Medef et les syndicats de salariés, se sont prononcés en faveur d’une solution simple : l’accès au travail des demandeurs d’asile. Cela réduirait, en effet, les coûts de leur accueil tout en leur permettant de se sentir utiles et en faisant rentrer des ressources dans le budget de l’Etat, à l’heure où les finances sont au rouge, le tout dans un contexte de pénurie de main-d’œuvre, puisque les trois quarts des PME françaises déclaraient, fin 2023, rechercher en vain du personnel.
    Renoncer aux discours réducteurs
    D’après un rapport de JRS France, fondé sur les données d’enquêtes publiques de la Commission européenne, la France est le seul pays de l’Union européenne, avec la Hongrie, à ne pas accorder aux demandeurs d’asile un accès effectif au marché du travail.
    Si tous les autres pays européens le font, ce n’est pas uniquement parce que c’est un droit établi par la directive européenne accueil mais aussi, et peut-être d’abord, parce que cela sert leurs intérêts économiques et sociaux sans que soit constaté pour autant un quelconque « appel d’air ». Il nous faut garder le souci de la réalité ; la réalité, c’est bâtir des solutions viables qui ne renoncent pas à l’humain.
    Si les situations indignes se propagent, c’est que nous n’y résistons pas avec assez de force, parce que nous perdons la perception de l’unicité et du caractère irremplaçable de chacun. C’est là le danger qui nous menace et menace l’Europe. Dans son poème Restons éveillés, dédié aux travailleurs immigrés, Missak Manouchian nous l’intimait déjà : il nous faut renoncer aux discours réducteurs pour garder claire vision et hauteur de vue.
    Guillaume Rossignol est directeur de JRS France (Service jésuite des réfugiés), une organisation catholique internationale qui agit aux côtés des demandeurs d’asile et des réfugiés.

    #Covid-19#migrant#migration#france#UE#asile#droit#sante#refugie#accueil

  • Comment des migrants sont abandonnés en plein désert en #Afrique

    Une enquête de plusieurs mois menée par « Le Monde », le média à but non lucratif « Lighthouse Reports » et sept médias internationaux montre comment des dizaines de milliers de migrants en route vers l’Europe sont arrêtés et abandonnés en plein désert au Maroc, Tunisie et Mauritanie.

    https://www.dailymotion.com/video/x8yrqiy

    #vidéo #migrations #désert #abandon #Mauritanie #Maroc #Tunisie #réfugiés #externalisation #frontières #rafles #racisme_anti-Noirs #Fès #déportations #Rabat #forces_auxiliaires #refoulements #arrestations_arbitraires #enlèvements #centres_de_détention #Ksar #détention_administrative #Espagne #bus #Algérie #marche #torture #Gogui #Mali #accords #financements #expulsions_collectives #Nouakchott #forces_de_l'ordre #Sfax #Italie #équipement #aide_financière #UE #EU #Union_européenne #forces_de_sécurité #gardes-côtes #gardes-côtes_tunisiens #droits_humains #droits_fondamentaux

    ping @_kg_

  • On est dans le délire génocidaire le plus complet :

    Joe Biden, nous dit-on pendant plusieurs dizaines de secondes, propose un nouveau plan de paix qui représente une nouvelle chance « à condition que le Hamas l’accepte » dit #RFI, cette dernière concluant le sujet en en 3 secondes pour dire que l’état génocidaire sioniste #zs, déclare ne vouloir arrêter que « lorsque le Hamas sera éliminé militairement » alors que le prétendu plan de paix de #genocide_joe n’en parle à aucun moment.

    https://aod-rfi.akamaized.net/rfi/francais/audio/journaux/r001/journal_international_19h00_-_19h10_gmt_20240531.mp3?dl=1

    👿 👿 😈

  • Agro-business

    Parmi les mesures annoncées en réponse aux mobilisations d’agriculteurs en janvier 2024, l’une a consisté en l’ajout de professions agricoles à la liste des métiers « en tension ». L’exécution de la promesse ne s’est pas fait attendre : un arrêté du 1er mars a « mis à jour » cette liste en y introduisant, pour l’ensemble du territoire métropolitain, quatre familles professionnelles de salariés : #agriculteurs, #éleveurs, #maraîchers et #horticulteurs, #viticulteurs et #arboriculteurs. D’autres secteurs d’activité peuvent déplorer de n’avoir pas les moyens de pression que représentent des centaines de tracteurs capables de bloquer des autoroutes, des jours durant...

    La #FNSEA a aussitôt affiché sa satisfaction. La reconnaissance de l’agriculture comme « #secteur_en_tension » est une revendication que le syndicat majoritaire d’exploitants agricoles portait en fait depuis plusieurs mois, et qu’il avait, entre autres, présentée à la Première ministre Élisabeth Borne en octobre 2023, assurant que l’obtention de ce statut « favorisera l’embauche directe et limitera le recours aux prestataires [1] ».

    On se frotte les yeux pour comprendre… #Embauche_directe ? Recours aux #prestataires ? En quoi l’inscription de métiers de l’agriculture dans la liste des métiers en tension serait à même de résoudre les difficultés de recrutement de #saisonniers dont le secteur dit souffrir ? Les listes de métiers en tension servent à l’instruction des demandes d’autorisation de travail déposées par les employeurs, soit pour ce qu’on nomme « introduction » de #main-d’œuvre, soit pour l’embauche d’étrangers déjà présents sur le territoire. Est-ce à dire que les agriculteurs voudraient se charger eux-mêmes de faire venir des saisonniers ? Ou pouvoir employer comme saisonniers des étrangers résidant en France ?

    On se souvient qu’au moment où le Covid avait imposé la fermeture des frontières, avait été lancée une campagne [2] afin de recruter des personnels pour les récoltes, et que la FNSEA avait parlé de cette main-d’œuvre autochtone comme décevante : ne sachant pas travailler, trop revendicatrice… avant d’obtenir que des saisonniers du sud de la Méditerranée, malgré les risques sanitaires, soient acheminés dans les champs en France… Alors ?

    Le secteur agricole bénéficie depuis des décennies d’un dispositif spécifique pour faire venir la main-d’œuvre étrangère qu’il souhaite, les ex-« #contrats_OMI » désormais gérés par l’#Office_français_de_l’immigration_et_de_l’intégration (#Ofii). L’office se charge de recruter ces employé·es, des démarches administratives nécessaires à leur venue, de leur faire signer un engagement à quitter la France après la saison – de 6 mois maximum, le cas échéant pour revenir les années suivantes.

    Est-ce que le souhait des exploitants agricoles est de se passer de ces contrats Ofii ?

    Le #dispositif présente manifestement des contraintes jugées excessives par les exploitants agricoles puisqu’ils ont de plus en plus recours à d’autres formules : l’#intérim, l’emploi de #sans-papiers, le #détachement... Ce dernier a ainsi connu une croissance considérable dans le secteur, y compris via des systèmes contournant les règles européennes sur le #travail_détaché. Les procès des entreprises espagnoles #Terra_Fecundis ou #Laboral_Terra ont mis au jour les montages opérés. Ces grosses entreprises de travail temporaire ont été condamnées à de lourdes peines – et avec elles des chefs d’exploitation en France – pour avoir fait travailler des milliers d’ouvriers et ouvrières agricoles, essentiellement sud-américain·es, sous contrat espagnol, donc en payant en #Espagne, et aux tarifs espagnols, les cotisations sociales correspondant à ces emplois, de surcroît dans des conditions d’exploitation insupportables. L’importance des condamnations et le retentissement de ces procès ont quelque peu refroidi l’enthousiasme pour l’usage du détachement. À nouveau trop de contraintes.

    Mais en fait, de quelles difficultés de #recrutement exactes souffrent donc les exploitants agricoles ?

    L’argument de la #pénurie de main-d’œuvre est dénoncé par divers travaux de sociologie [3]. Nicolas Jounin, à propos du secteur du bâtiment, dans lequel la même plainte est récurrente, parle de cette pénurie comme d’une #fiction : « Ou, plutôt, ni vraie ni fausse, la pénurie est recréée périodiquement (et toujours compensée) par un système de dévalorisation de la main-d’œuvre dont elle est l’argument [4]. » Les travailleurs saisonniers dans l’agriculture, de même que les manœuvres dans le BTP, sont considérés comme des bouche-trous, des pis-aller.

    Pendant que se déroulait, en début d’année, ce scénario d’une revendication enfin satisfaite, l’inscription de métiers de l’agriculture dans la liste des métiers en tension, un nouveau montage était, beaucoup plus discrètement, mis en place.

    La FNSEA, toujours elle, a présenté au Salon de l’agriculture, le 28 février, dans une réunion fermée au public, le nouveau service de recrutement de travailleurs saisonniers qu’elle vient de créer. La prestation, rendue possible par des accords passés avec la Tunisie et le Maroc, donc avec l’aval du gouvernement, ne coûtera à l’exploitant agricole que 600 € par saisonnier. Dans une note de cadrage sur ce service, la fédération recommande d’éviter d’employer le terme « migrant », et de lui préférer « saisonnier hors Union européenne ».

    Là, on comprend mieux : la mesure « métiers en tension » est certes de nature à faciliter le recours à cette main-d’œuvre introuvable ! Pour les employeurs, finis les contrôles et tracasseries de l’Ofii – pourtant bien peu protecteurs, dans les faits, des travailleurs agricoles immigrés. Finis aussi les ennuis que peut causer un usage abusif du détachement. Enfin libres d’employer des travailleurs, d’ici ou d’ailleurs, toujours plus précarisés !

    http://www.gisti.org/article7242

    #métiers_en_tension #agriculture #migrations #France

  • Européennes : les propositions irréalistes et illégales du #RN sur l’immigration

    Le #Rassemblement_national peine à expliquer comment il compte mettre en place la « #double_frontière » que promet #Jordan_Bardella dans son programme. La proposition est à la fois irréaliste et contraire au droit international.

    LaLa formule est rodée, répétée à longueur d’interview, martelée à chaque meeting. Pour lutter contre ce que le Rassemblement national (RN) qualifie de « submersion migratoire » qui menacerait « nos valeurs de civilisation », sa tête de liste, Jordan Bardella, avance une solution : une « double frontière », aux niveaux européen et français. Une proposition qui tient en trois lignes dans le programme officiel du parti et n’était pas davantage développée dans le projet qui accompagnait la première candidature de son président aux européennes de 2019.

    Impossible à appliquer, elle supposerait surtout la remise en cause par la France de nombreux traités internationaux et l’isolement diplomatique, économique et politique du pays vis-à-vis de ses partenaires européens.

    Jordan Bardella, qui reprend régulièrement à son compte la thèse complotiste et raciste du « grand remplacement », affirmait encore le 6 avril au Journal du dimanche que « le projet de la Commission européenne, c’est la submersion de l’Europe et le remplacement d’une partie de la population européenne par une population venue du Sud ». Revendiquant de faire du scrutin européen un « référendum sur l’immigration », la tête de liste propose « le refoulement systématique des bateaux de migrants qui arrivent sur les côtes européennes », comme il le répétait encore récemment sur le plateau de TF1.

    « Le refoulement est la violation flagrante du droit international des droits humains », prévient Marie-Laure Basilien-Gainche, professeure de droit public à l’université Jean-Moulin-Lyon 3, avant de lister les normes et traités que cette proposition remet en question : « La Convention de Genève relative au statut des réfugiés dispose explicitement le principe de non-refoulement, comme la Charte des droits fondamentaux de l’UE. De manière indirecte, en interdisant les traitements inhumains et dégradants, le Pacte international des droits civils et politiques et la Convention européenne des droits de l’homme [CEDH] prohibent aussi les refoulements. L’interdiction est claire : il est impératif de ne pas renvoyer des individus vers des pays où ils risqueraient d’endurer de tels traitements. »

    « Ça voudrait dire, concrètement, prendre les personnes, pour les ramener dans une zone internationale, pour que les gens se noient ?, s’indigne de son côté Anna Sibley, chargée d’études au Groupe d’information et de soutien des immigré·es (Gisti). C’est ça qu’il se passe en pratique. Quand il y a des refoulements, car il y en a, même si c’est illégal. Les gens se noient ou sont renvoyés vers des États où ils risquent la torture ou l’esclavage. »
    Plusieurs conventions internationales à dénoncer

    Troisième sur la liste du RN, porte-parole de la campagne et ancien patron de l’agence européenne de garde-frontières Frontex, Fabrice Leggeri assure à Mediapart – après avoir dénoncé « les discours politiques des ONG promigrants et de la Commission » – que « les personnes qui font l’objet d’un sauvetage maritime seront mises en sécurité et raccompagnées vers le port sûr le plus proche, le plus souvent situé hors de l’Union européenne, sur les côtes d’où sont parties ces personnes ».

    Pour mettre en place le premier volet de cette « double frontière » vendue par le RN, « il faudrait que les États dénoncent la Convention de Genève, le Pacte international des droits civils et politiques et la Convention européenne des droits de l’homme, et qu’ils modifient la Charte des droits fondamentaux de l’UE, ce qui supposerait une unanimité et une ratification par chacun des États », analyse Marie-Laure Basilien-Gainche.

    Pendant des années, Marine Le Pen et le RN prônaient justement la sortie de la CEDH, qualifiée de « camisole », avant de faire demi-tour sur la question pendant la campagne présidentielle de 2022.

    Fabrice Leggeri réclame lui aussi de refouler systématiquement les bateaux d’exilé·es qui arrivent sur les côtes européennes. Responsable de l’agence Frontex de 2015 à 2022, il est visé par une plainte pour complicité de crime contre l’humanité et complicité de crime de torture, pour avoir participé au refoulement d’embarcations de migrant·es.

    Deux associations, la Ligue des droits de l’homme (LDH) et Utopia 56, l’accusent d’avoir soit couvert, soit facilité ces pratiques illégales, contraires au droit international, avec l’objectif affiché de faire obstacle, « quel qu’en soit le prix », à l’entrée de personnes migrantes au sein de l’UE. « L’exécution de cette politique s’est faite au détriment du respect des droits fondamentaux des migrants, que Fabrice Leggeri a délibérément ignoré », peut-on lire dans leur plainte.

    L’ex-patron de Frontex dénonce pour sa part une « plainte fantasque » et une « opération de communication politique destinée à [lui] nuire et à nuire au RN », tout en affirmant que « certaines ONG voulaient contraindre Frontex à les assister pour faciliter le travail des passeurs » et tenteraient de « criminaliser le travail des garde-frontières ».
    Jordan « à peu près » Bardella

    Le deuxième volet du programme de Jordan Bardella sur les migrations n’est pas plus clair. Le président du RN revendique, en plus du refoulement systématique des migrant·es aux frontières de l’UE, « la restriction de la libre circulation de l’espace Schengen aux seuls ressortissants des pays membres ». Une proposition ancienne du parti d’extrême droite, qui se heurte là encore à de nombreuses règles juridiques.

    « Si l’optique est de restaurer un contrôle strict des frontières intérieures de l’Union européenne, deux voies sont envisageables : la sortie de l’UE ou l’abandon par l’UE de l’esprit de Schengen, ce qui supposerait une réforme des traités qui exige l’unanimité des États membres et sa ratification dans tous les États membres », détaille Marie-Laure Basilien-Gainche.

    En débat face à Gabriel Attal, Jordan Bardella a été bien en peine de détailler sa proposition, finissant par admettre qu’il comptait « renforcer les contrôles aléatoires » aux frontières françaises, sans s’aventurer sur l’impossibilité de faire adopter par l’ensemble des pays européens une telle renégociation des traités.

    Sur le plateau de Public Sénat, le 29 mai, la tête de liste du RN a assuré s’en remettre « au flair du policier » pour mener ces contrôles aléatoires, avant de reconnaître que la mise en place de cette proposition ne pouvait pas se décider au Parlement européen, malgré sa présence dans le programme européen de son parti : « Évidemment, aller contrôler nos frontières, ça se fera demain avec le ministère de l’intérieur quand nous serons à la tête de l’État », a-t-il balayé.

    Auprès de Mediapart, Fabrice Leggeri émet aussi l’hypothèse de rétablir pour les étrangers non citoyens de l’UE une « déclaration d’entrée sur le territoire » associée à un QR code, tout en assurant que « le dispositif ne pénaliserait pas la circulation des Français et les citoyens de l’UE » et que son efficacité reposerait « sur la sévérité des sanctions contre les contrevenants et la possibilité élevée de contrôles aléatoires ».

    "Le pacte asile et immigration s’est nourri des positions de l’extrême droite." (Marie-Laure Basilien-Gainche, professeure de droit public)

    Sur la nécessité de réformer les traités pour mettre en place de telles mesures, le porte-parole de la campagne du RN affirme qu’il « n’est pas nécessaire de réformer les traités pour instaurer ces mesures » avant de s’en remettre à une future révision de la Constitution française – leur marotte sur le sujet – qui permettrait à la France de s’affranchir des traités européens.

    Sur cette proposition, Jordan Bardella peut compter sur le soutien de Reconquête et du parti Les Républicains (LR). François-Xavier Bellamy, tête de liste de LR, appelle dans son projet à « rétablir les contrôles aux frontières intérieures » de l’UE. Il y a cinq ans, Laurent Wauquiez, alors président du parti, présentait le programme européen de ce dernier en affirmant que « redonner un avenir à notre civilisation, c’est ne plus subir l’immigration de masse », avant de défendre la nécessité d’« établir une double frontière : une frontière européenne, défendue en commun, et une frontière nationale, chaque pays gardant la possibilité d’arrêter les migrants comme à Menton ».

    Du côté de Reconquête, la troisième de liste Sarah Knafo a publié une vidéo pour déplorer que « le rétablissement des frontières a[it] pu sembler impraticable » à l’issue du débat entre Gabriel Attal et Jordan Bardella. Elle veut d’ailleurs aller plus loin, en proposant carrément un projet de « triple frontière », « un plan qui peut se mettre en œuvre facilement », selon elle.

    « Ces gens défendent un modèle de société de repli sur soi complètement déconnecté de la réalité. Les migrations sont un fait, pas un problème. Il faut déconstruire tout ça, affirme Anna Sibley du Gisti. Le fait de débattre de la maîtrise de l’immigration, c’est une conception terriblement éloignée de la réalité de terrain. »

    Pour Marie-Laure Basilien-Gainche, l’adoption au Parlement européen des différents volets du pacte asile et immigration a marqué un tournant peu de temps avant la campagne : « Le pacte introduit une politique très restrictive, une politique de fermeture drastique et de contrôle majeur aux frontières extérieures de l’Union. Les instruments qui le composent se sont nourris des positions de l’extrême droite. Ont ainsi été intégrées en droit de l’UE des idées radicales – notamment de restriction du droit d’asile – qui sont énoncées par les partis d’extrême droite. »

    À Strasbourg, Jordan Bardella et les autres eurodéputé·es RN ont voté contre les textes du pacte, qualifié de « pacte de submersion » par le président du parti.

    Jeudi soir, les principales têtes de liste se retrouveront sur le plateau de CNews pour un nouveau débat – sans Raphaël Glucksmann et Marie Toussaint, qui boycottent le rendez-vous. Dans la bande d’annonce de la soirée, le journaliste d’Europe 1 Pierre de Vilno annonce la couleur, reprenant sans hésiter les éléments de langage de l’extrême droite : « Comment la France peut-elle contrôler ses frontières dans une Europe submergée par les flux migratoires ? »

    https://www.mediapart.fr/journal/politique/300524/europeennes-les-propositions-irrealistes-et-illegales-du-rn-sur-l-immigrat

    #frontière_sud-alpine #France #frontières #migrations #réfugiés

  • La #Retirada, l’#exil républicain espagnol

    Les réfugiés de la guerre d’Espagne dans les #archives du ministère de l’Intérieur (1939-1940)

    Description du projet

    Entre 1936 et 1939, pendant la #guerre_civile en #Espagne, des centaines de milliers de réfugiés fuyant les combats et les bombardements traversent les #Pyrénées et viennent chercher l’asile en #France. En février 1939, lors de la défaite du camp républicain, près d’un demi-million d’Espagnols viennent trouver refuge dans l’hexagone et en Algérie. A leur arrivée, ils sont d’abord concentrés dans des camps d’internement dans le Sud-Ouest de la France avant d’être progressivement répartis sur le territoire.

    Le ministère de l’Intérieur est alors responsable du dénombrement et de l’encadrement de ces très nombreux réfugiés espagnols. Pour ce faire, les préfets ont la charge de faire appliquer trois textes réglementaires dans tous les départements :

    - La circulaire du ministre de l’Intérieur en date du 6 février 1939 ordonnant aux préfets de recenser précisément, à l’aide de listes nominatives et de notices individuelles, les réfugiés espagnols présents dans leur département.
    - La circulaire du ministre de l’Intérieur en date du 10 août 1939 autorisant l’emploi dans l’agriculture ou l’industrie des réfugiés espagnols détenus dans des camps d’internement. Pour chaque réfugié ayant obtenu un contrat de travail, les préfets doivent établir une notice individuelle.
    - Le décret-loi du 12 avril 1939 prévoyant l’utilisation militaire des étrangers apatrides et des étrangers bénéficiaires du droit d’asile. Les étrangers relevant de ces catégories sont ensuite présentés à une commission de révision qui décide de leur affectation afin qu’ils effectuent un temps de prestation au service de l’armée française au sein d’une compagnie de travailleurs étrangers (CTE).

    Ces trois textes ont pour conséquence le fichage, dans tous les départements français, des réfugiés de la guerre d’Espagne, parmi lesquels d’anciens membres des Brigades internationales. Des notices individuelles de réfugiés et d’étrangers apatrides provenant d’autres pays (Pologne, Autriche, Sarre…) se trouvent aussi mélangées aux notices individuelles des réfugiés venus d’Espagne.

    Le projet d’#indexation de ces notices individuelles sur la plateforme Girophares se déroulera en trois temps. Elles seront successivement proposées à l’indexation dans l’ordre suivant :

    1. Les notices individuelles de membres des compagnies de travailleurs étrangers (environ 1300 vues)
    2. Les notices individuelles de réfugiés embauchés dans l’agriculture ou l’industrie (environ 5700 vues)
    3. Les notices individuelles de recensement des réfugiés espagnols dans les départements en février 1939 (environ 15 000 vues)

    Il est à noter que les notices proposées ici à l’indexation ne constituent pas un ensemble exhaustif. Il s’agit des notices conservées par les Archives nationales, qui ne conservent pas une collection complète de ces documents. Des notices individuelles complémentaires sont conservées dans d’autres services d’archives (archives départementales et municipales, Service historique de la Défense, archives de la Préfecture de police de Paris…).

    Enfin, vous remarquerez peut-être, lors de l’indexation, la présence de documents en cyrillique. Ces archives à l’histoire particulière font partie de ce que l’on appelle communément les « #fonds_de_Moscou ». Après la défaite de la France en 1940, les documents courants et les archives de plusieurs personnalités et administrations françaises, parmi lesquelles des archives du ministère de l’Intérieur, furent saisies par les Allemands. En 1945, à la faveur de leur avancée, les Soviétiques mirent la main sur ces archives et les conservèrent à Moscou où elles furent traitées et inventoriées aux Archives spéciales centrales d’État. Elles furent restituées à la France seulement après la chute de l’Union soviétique, et pour la partie relevant du ministère de l’Intérieur, intégrèrent les fonds des Archives nationales en 1994 et en 2001. Pour aller plus loin au sujet du fonds de Moscou, voir Sophie Cœuré, La mémoire spoliée. Les archives des Français, butin de guerre nazi puis soviétique, éditions Payot & Rivages, Paris, 2007.

    https://girophares.archives-nationales.culture.gouv.fr/la-retirada-lexil-republicain-espagnol

  • L’UE interdit désormais la #destruction des #vêtements #invendus

    En 2020, la France a fait les gros titres en annonçant l’interdiction de destruction des invendus, un geste significatif dans la lutte contre le #gaspillage. L’#Union_européenne vient de lui emboîter le pas : un règlement sur l’#écoconception vient d’être adopté. Il prévoit d’instaurer un cadre réglementaire général afin d’éviter la destruction de certains produits de consommation invendus sur le territoire européen.

    Cette initiative, issue du #Pacte_vert pour l’Europe, prévoit des règles spécifiques à destination des entreprises quant à la gestion de leurs invendus. Ces nouvelles mesures marquent une étape importante dans les efforts de l’Union européenne pour promouvoir une approche plus responsable et contribuer à la construction d’une économie plus durable et respectueuse de l’environnement.

    Elle vise également à harmoniser les règles concernant la gestion des invendus afin d’éviter toute distorsion du marché. Les producteurs, distributeurs, détaillants et autres opérateurs économiques seront alors soumis à un même texte et pourront bénéficier d’incitations semblables dans tous les États membres.

    Lors de la dernière plénière avant les élections européennes, le Parlement européen a adopté en première lecture la proposition de #règlement sur l’écoconception initiée par la Commission européenne en mars 2022. Ce texte vient d’être approuvé le 27 mai dernier par le Conseil de l’Union européenne, organe réunissant les gouvernements des 27 États membres.

    La mode et la #fast_fashion dans le viseur

    La rédaction actuelle du texte ne prévoit d’interdire que les vêtements et #chaussures, les invendus textiles représentant en effet un problème environnemental particulièrement préoccupant dans toute l’Union européenne pour les fabricants, importateurs, distributeurs et revendeurs qui y sont confrontés.

    La montée en puissance du commerce en ligne aggrave la situation, du fait d’une augmentation des produits retournés par le consommateur dans le cadre de sa garantie légale ou commerciale. En Europe, le taux moyen de retour des vêtements achetés en ligne est estimé à 20 %, un vêtement vendu en ligne sur cinq est retourné et en moyenne un tiers de tous les vêtements retournés achetés en ligne finissent par être détruits.

    En comparaison avec la législation française, qui interdit la destruction de tous les produits invendus, sans distinction, cette réglementation européenne a un champ d’application plus restreint.

    La Commission européenne se réserve cependant la possibilité d’élargir ultérieurement la liste des biens concernés et pourra par la suite inclure d’autres catégories de produits, telles que les équipements électroniques ou les jouets par exemple. Pour l’heure, l’accent est mis sur l’une des industries les plus polluantes de la planète : la mode et en particulier la #fast-fashion, qui se caractérise par un renouvellement toujours plus rapide de collections d’articles éphémères et à bas prix.

    Des dérogations seront néanmoins prévues, lorsque la destruction des invendus apparaît comme l’opération la plus appropriée. Cela peut notamment être le cas pour des raisons liées à la santé, à la sécurité ou à la violation des droits de propriété intellectuelle, s’il est par exemple question de produits contrefaits… Cette liste d’exceptions sera adoptée par acte délégué. L’interdiction prendra effet deux ans après son entrée en vigueur. Les micro et petites entreprises en seront exemptées tandis que les moyennes entreprises disposeront d’un délai de six ans pour se mettre en conformité.

    Le #recyclage considéré comme une « destruction »

    Autre aspect à noter, le texte redéfinit la notion de « destruction ». Autrefois associée à des méthodes d’élimination telles que l’incinération ou encore la mise en décharge, cette notion désigne ici « la détérioration intentionnelle d’un produit ou sa mise au rebut en tant que #déchet, à l’exception d’une mise au rebut dont le seul objectif est de livrer un produit pour le préparer en vue d’un réemploi ou d’opérations de remanufacturage ».

    Elle englobe ainsi une gamme plus large de pratiques et inclut notamment le recyclage. Concrètement, les vêtements et chaussures invendus ne pourront plus, sauf exception, être brûlés, détruits, enfouis ou encore recyclés. Le recyclage de ces articles neufs constitue en effet une opération polluante et complexe en raison du faible taux de recyclabilité de ces produits en parfait état, jamais utilisés, parfois même toujours étiquetés.

    Les professionnels devront se tourner vers d’autres opérations, plus respectueuses de l’environnement et réemployer ou réutiliser leurs produits comme le #don, le #déstockage, la #location

    Vers plus de #transparence

    Au-delà de cette interdiction, l’UE souhaite instaurer une plus grande transparence en imposant aux entreprises de rendre compte de leurs pratiques en matière de gestion d’invendus. Elles devront fournir chaque année des informations détaillées sur le volume et le poids des invendus mis au rebut et communiquer sur la proportion de biens qui ont été réemployés, réutilisés, reconditionnés, recyclés… en expliquant les raisons qui les ont poussées à opter pour telle ou telle pratique.

    Ces informations devront être facilement accessibles au public sur une page de leur site Internet. Là aussi, les micro et petites entreprises seront exemptées de cette exigence, tandis que les moyennes auront six ans pour se mettre en conformité après l’entrée en vigueur de la réglementation.

    À l’heure actuelle, la quantification d’invendus générés chaque année est délicate. Peu d’entreprises communiquent sur le volume de leurs invendus. Les chiffres actuels manquent de transparence et sont basés sur les rapports des entreprises. Cette mesure permettra ainsi d’avoir une vue d’ensemble plus détaillée sur la quantité d’invendus engendrés chaque année.

    La Commission européenne devra publier tous les trois ans sur son site Internet des informations consolidées sur la destruction des produits de consommation invendus. En plus de présenter les statistiques sur le nombre de produits détruits, elle fournira également une analyse des incidences environnementales comparatives de cette destruction, ventilées par groupe de produits.

    Cette évaluation comparative permettra de mieux comprendre les conséquences de la destruction des produits invendus sur l’environnement et de cibler les secteurs où des mesures supplémentaires sont nécessaires.

    https://theconversation.com/lue-interdit-desormais-la-destruction-des-vetements-invendus-230525
    #interdiction #industrie_textile

  • Quand les mods, sapés comme jamais, donnaient un coup de fouet la pop anglaise.

    « Angleterre, début des sixties, la jeunesse britannique cherche à s’émanciper de la pesante tutelle parentale, arborant de nouvelles tenues vestimentaires, se déplaçant sur des scooters customisés et carburant aux amphétamines. Ils se délectent des musiques noires américaines, avant, pour certains d’entre eux, de former leurs propres groupes. Ce sont les mods, dont Peter Meaden, manager des Who, définit l’état d’esprit comme "un mode de vie propre dans des circonstances difficiles." »

    https://lhistgeobox.blogspot.com/2024/05/quand-les-mods-sapes-comme-jamais.html

  • #scienza_radicata

    Viviamo in città che sono nate lungo fiumi, ora irriconoscibili; respiriamo aria insalubre e camminiammo su suoli di cui non conosciamo la vera salute. Acqua, aria e suolo sono fondamentali per la nostra sopravvivenza, purtroppo la loro disponibilità si sta riducendo e lo farà sempre di più, a causa dei cambiamenti climatici ma soprattutto a causa di un modello di sviluppo che mira al profitto e non alla tutela dell’accessibilità a queste risorse. Questo è il tempo di agire contro un inquinamento di cui siamo vittime e carnefici!

    https://scienzaradicata.github.io/about.html

    #Contadinazioni #recherche-action #action-recherche #RAP #connaissance #science #sol #santé #air #eau