• #Fimmine_fimmine
      –-> Tradizionale canto di lavoro femminile salentino con numerose varianti nel numero e nel contenuto ‎delle strofe.‎
      https://www.youtube.com/watch?v=IdPkZKLw2zM&feature=emb_logo


      Per buona parte del 900 la coltivazione del tabacco fu fonte di ricchezza e sostentamento per tante ‎famiglie di contadini del Salento. ‎
      Oggi non ce n’è quasi più traccia. L’ultima fabbrica, la Manifattura Tabacchi di Lecce, ha chiuso il ‎‎1 gennaio del 2011. ‎
      Nella prima metà del secolo scorso – e anche oltre – il lavoro era in gran parte manuale e per la ‎foglia del tabacco c’era bisogno di mani esperte, veloci, abili e fini, come quelle delle donne e dei ‎bambini. Tanto più che le donne e i bambini potevano essere pagati molto di meno e sfruttati molto ‎di più degli uomini…‎

      ‎“Fimmine fimmine” è un canto di lavoro e di denuncia delle condizioni delle “tabacchine”, le ‎lavoratrici del tabacco, una categoria molto sfruttata ma per ciò stesso anche molto attiva e ‎combattiva. Fin dal 1925, all’inizio dell’era fascista, si ha già notizia di una manifestazione delle ‎tabacchine a Trepuzzi, dove un corteo di 500 operaie sfilò per il paese protestando. ‎

      A Tricase il 25 maggio del 1935 una manifestazione di lavoratori del tabacco venne repressa nel ‎sangue (cinque morti, tre donne e due uomini) dai fascisti e dalla forza pubblica. A Lecce, nel 1944, ‎con il paese ed il mondo ancora in guerra, le tabacchine di nuovo scesero in piazza contro il ‎caporalato, per rivendicare salari sufficienti per vivere, per il rinnovo e l’applicazione dei contratti ‎nazionali e per sussidio di disoccupazione: la polizia sparò e tre tabacchine rimasero uccise. Si aprì ‎allora una stagione di lotte molto lunga che culminò nello sciopero generale del 1961 che ebbe ‎come epicentro il paese di Tiggiano, in provincia di Lecce.‎

      Lascio parlare Alfredo Romano e Giovanni De Francesco, rispettivamente introduttore ed autore ‎della ricerca storica contenuta nel libro ‎‎“Le operaie tabacchine di Tiggiano e lo ‎sciopero generale del 1961”, edito nel 2005 e ristampato nel 2011.‎


      Mi sono reso subito conto dell’importanza che riveste il volume che dà ‎testimonianza non solo di uno straordinario sciopero delle tabacchine di Tiggiano nel 1961, ma ‎anche delle gravose condizioni di lavoro delle tabacchine. Tutti i paesi salentini hanno avuto a che ‎fare col tabacco e in tanti sono emigrati nel secondo dopoguerra in varie parti d’Italia, tra cui Civita ‎Castellana, per esportare, per così dire, la lavorazione. Perfino a Collemeto, una frazione di Galatina ‎che contava nel dopoguerra appena 500 abitanti, c’era una fabbrica di tabacco che durante l’inverno ‎occupava quasi tutte le donne del paese. Perciò ho il ricordo delle tabacchine che, come gregge, ‎attraversava la via principale per arrivare alla fabbrica Mongiò, alla periferia del paese, alle sette in ‎punto. E tornavano a casa dieci ore dopo. Di storie di sfruttamento e duro lavoro perciò ne ho ‎sentite tante, a cominciare da mia madre Lucia, tabacchina essa stessa… (Alfredo Romano)

      ‎ ‎‎
      Quello che è successo a Tiggiano nel 1961 non ha precedenti nella storia ‎del paese. Anzi, veste una rilevanza che oltrepassa il circondario comunale se si pensa ai 28 giorni ‎di sciopero generale, con il paese bloccato, la popolazione tutta mobilitata in difesa delle operaie ‎della fabbrica di tabacco, fino alla vittoria, senza resa alle intimidazioni nemmeno alle armi ‎dell’esercito.
      Sono nato nel dicembre del 1962, circa due anni dopo i fatti dello sciopero del 1961. Sono cresciuto ‎nel clima che ha ripercorso le condizioni delle operaie tabacchine e la vita della fabbrica, ed ho ‎respirato i ritmi degli avvenimenti della lotta grazie ai miei genitori. Mia madre, Anna Marzo, è ‎entrata in fabbrica come operaia all’età di 14 anni, nel 1946, e vi ha lavorato, sempre come operaia, ‎sino al 1975. Mio padre, Vincenzo De Francesco, è stato un attivista e promotore di iniziative di ‎lotta insieme alle operaie tabacchine, protagonista delle battaglie a partire proprio dallo sciopero del ‎‎1961.
      Il primo accesso all’informazione dei fatti è avvenuta, quindi, dai loro racconti, riferimenti, ‎discussioni, critiche sull’andamento degli eventi, ho ascoltato sin da piccolo.
      Poi c’è il contesto del paese. Tiggiano era un paese prettamente agricolo composto da poco più di ‎‎2000 abitanti. La fabbrica di tabacco occupava 200 operaie. Perciò, quanto riguardava la fabbrica, la ‎vita delle operaie, le condizioni dei lavoratori agricoli, lo sciopero del 1961, era di dominio ‎pubblico.
      Pertanto, la presente pubblicazione riguarda fatti riferiti oralmente dai protagonisti, da chi pativa lo ‎sfruttamento dei padroni, da chi subiva le ingiustizie delle istituzioni, da chi si è reso attivo per la ‎conquista delle rivendicazioni.
      Alcuni episodi sono stati integrati con dei documenti rinvenuti nell’archivio sezionale e zonale delle ‎Acli di Tiggiano e di Tricase. I documenti delle forze dell’ordine e della prefettura mi risultano ‎ancora secretati. (Giovanni De Francesco)

      Sulla “rivolta di Tricase” e la storia del lavoro del tabacco nel Salento, si veda anche il ‎fondamentale volume ‎‎“Tabacco e ‎tabacchine nella memoria storica. Una ricerca di storia orale a Tricase e nel Salento”, a cura di ‎Vincenzo Santoro e Sergio Torsello, con una introduzione di Alessandro Portelli (2002)

      –---

      Fimmine fimmine ca sciati allu tabaccu
      ne sciati ddoi e nne turnati quattru.‎

      Fimmine fimmine ca sciati allu tabaccu
      lu sule è forte e bbu lu sicca tuttu.‎

      Fimmine fimmine ca sciati allu tabaccu
      la ditta nu bbu dae li talaretti.‎

      Fimmine fimmine ca sciati a vindimmiare
      e sutta allu cippune bu la faciti fare.‎

      Fimmine fimmine ca sciati alle vulie
      ccugghitinde le fitte e le scigghiare.‎

      https://www.antiwarsongs.org/canzone.php?id=39803&lang=it

      #chant #chant_populaire #chanson #musique #musique_populaire #chants_populaires

    • Alan Lomax - Salento, Puglia - Fimmene fimmene chi scjiati a lu tabaccu

      Fimmene fimmene chi scjiati a lu tabaccu
      e scjati dhoi e ne turnati quattro
      e scjati dhoi e ne turnati quattro

      Ci te lu disse cu chianti zagovina
      e cu chianti zagovina
      passa lu duca e te manda alla rovina
      passa lu duca e te manda alla rovina

      Ci te lu disse cu chianti lu saluccu
      passa lu duca e te lu tira tuttu
      passa lu duca e te lu tira tuttu.

      TRAD: Donne donne che andate al tabacco/ andate in due e ne tornate in quattro/Chi te l’ha detto di piantare Zagovina/ passa il duca e ti manda in rovina/Chi te l’ha detto di piantare Salucco/ passa il duca e te lo tira tutto.

      https://www.youtube.com/watch?v=A2idZQ_VHaU&feature=youtu.be

  • Lo brave vesin

    https://www.youtube.com/watch?v=0XMUNy-aedk

    I avià un brave vesin
    Que m’avertissiá ser e maitin (bis)
    "Camarada camarada
    Ta femna ne fa pas ben
    Del temps que vas a la jornada
    Le rector te la garda ben.
    0 Non non cresi pas aquò
    Que Mariòta fasca aquò
    0 Non non cresi pas aquò
    Que la miá femna fasca aquò.
    – Vendràs un jorn dins la jornada
    Vendràs un jorn a la maison
    Se ieu ba te fau pas véser
    M’apelaràs «vilèn garçon.»
    Mès le pauràs n’a pas mancat
    A la maison n’es anat
    Mès le pauràs n’a pas mancat
    De per un trauc n’a regardat.
    N’a vista una rauba negra
    Que passava tot d’un còp
    Jos aquela rauba negra
    I aviá le tant bèl gigòt.
    «Mariòta Mariòta
    Vèni vite me derbir
    Que ai doblidas las tralhas
    Per estacar le Rossin.
    – Oi oi oi! que farai ieu
    Oi oi oi! ont anirai?(bis)
    Vai te’n amont dins la pastantièra
    Acaptat damb un lençòl
    –Amai que mon mari i anga
    Tu te’n cal pas aver paur.»
    Mès le pauràs n’a pas mancat
    A la pastantièra n’es anat . (bis)
    «Mariòta Mariòta
    Pòrta-me vite le gat
    Que jamai pus de ta vida
    As’pas vist un tant bèl rat!
    A ratàs, vilèn ratàs!
    Te’n fotrai amb un gaulàs! (bis)
    Te’n fotrai unas tres o quatre
    Tant davant coma darrèr!
    Que jamai pus de ta vida
    Tornaràs véser ma molhèr!»

    Paroles de #Laurent_Cavalié

    Alchimiste du chant populaire et poly-instrumentiste, Laurent Cavalié glane çà et là ses inspirations sur les terres du Languedoc.

    Avec quelques tambours anciens, des percussions végétales, une mâchoire d’âne et son accordéon, il fait vibrer cette corde sensible qui nous relie à la mythologie populaire dans ce qu’elle a de plus noble.

    Faussement rustiques et savamment métissés, ses chansons croisent avec malice les musiques populaires du monde (on pense parfois au Zydeco, blues de Louisiane), nous rappelant que la langue est rythme autant que poésie.

    https://www.sirventes.com/performer/laurent-cavalie

    #chant #chant_populaire #chanson #musique #musique_populaire #chants_populaires #occitan

  • Lo hadi aingürüa

    Lo hadi, aingürüa,
    amaren altzoan,
    hire herri ejerra botz
    ezpain xokoan.
    Axolbean gütük bena
    ni trixtüra gogoan,
    haro gaitza dük kanpoan,
    ta aita itxasoan!!
    Beha zak, haize beltza mehatxükaz ari,
    zer gaü aldi lüzea, zoinen etsigarri,
    harritürik ikara niz lotü kürütxeari,
    otoitzez jinkoari egin dezan argi!!
    Lo hadi lo, maitea,
    ez egin nigarrik,
    zeren nihaur aski nük haben dolügarri,
    egin zelüko aingürüer herri batez batzarri,
    pentsa dezen aitari, jin dakigün sarri!!

    –—

    Dors ange, dans le giron de maman,
    avec ton beau sourire au coin des lèvres,
    nous sommes à labri du vent
    mais moi je suis triste,
    dehors c´est la tempete
    et papa est en le mer.
    Regarde le vent d´ouest
    qui se fait menaçant,
    quelle longue nuit,
    c´est désesperant.
    Tremblante de peur
    j´ai pris un crucifix
    suppliant Dieu de m´eclairer.
    Dors, chér, dors, ne pleure pas,
    car je me suffis ici pour me lamenter.
    Fais un sourire aux anges du ciel
    qu´ils pensent à papa,
    pour qu´il nous revienne vite !!

    https://www.youtube.com/watch?v=ueQIAGswHus


    #berceuse #basque #chant_populaire #chanson #musique #musique_populaire #chants_populaires #polyphonie
    #attente #femmes #marins #mer

    ping @simplicissimus

  • Library - Black Music History Library
    https://blackmusiclibrary.com/Library

    This is a living collection of books, articles, documentaries, series, podcasts and more about the Black origins of traditional and popular music dating from the 18th century to present day. Resources are organized chronologically and by genre for ease of browsing. For more information about that decision and the curation process, please visit the about page.

  • #MBL (#Musicisti_Basso_Lazio)

    #MBL (#Musicisti_Basso_Lazio) è il nome sia di un progetto culturale che di un gruppo folk italiano, fondato dal musicista e cantautore #Benedetto_Vecchio, nel 2000. Da oltre quindici anni il gruppo è impegnato nel recupero e promozione della specifica identità regionale del sud Lazio, grazie alla sua attività di ricerca storica e folclorica sia nel settore della musica che della danza. Leggi altro...


    http://www.musicistibassolazio.it

    #musique #folk #musique_populaire #Italie #Lazio #Latium #pizzica #tarantelle #tarantella

    https://www.youtube.com/watch?v=9wQk9Wfchks

  • Dall’incontro con gli #Ashiq_locali (menestrelli vaganti) nasce l’idea del progetto Sayat Nova, una ricerca sulle musicalità del Caucaso meridionale. Foto e testi di Onnik Krikorian

    https://www.balcanicaucaso.org/Media/Gallerie/I-menestrelli-vaganti-del-Caucaso

    –---

    Dialetti musicali del Caucaso meridionale

    Finanziati da una campagna di crowd-funding su Kickstarter, tre studenti provenienti dagli Stati Uniti e Gibilterra hanno avviato un progetto di ricerca e registrazione di musiche tradizionali del Caucaso meridionale per renderle disponibili online

    https://www.balcanicaucaso.org/aree/Georgia/Dialetti-musicali-del-Caucaso-meridionale-137946

    #musique #Caucause #caucase_méridional #chants_populaires #musique_populaire #Sayat_Nova

  • #COCANHA - #M'an_dit_Martin
    https://www.youtube.com/watch?v=XU3w6M0jVWQ


    #chants_populaires #musique_populaire #musique #chant_populaire #occitan

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    Trois voix, ancrées, timbrées, touchantes, aux #percussions sonnantes et trébuchantes. Avec #Toulouse comme point de rencontre, le trio chante haut et fort cette #langue_occitane du quotidien, véritable terrain de jeu vocal. Mains et pieds claquent les rythmes de la danse. Les tambourins à cordes pyrénéens installent le bourdon percussif, brut et enveloppant, apportant au chant une pulsation vitale. Forte de son ancrage, Cocanha chante une musique indigène dans la continuité de la création populaire.


    http://cocanha.net/qual-sem

  • #Lo_Barrut #LOS_ENFANTS_DE_LA_LUNA

    https://www.youtube.com/watch?v=wqkjCEVg3pE


    #musique

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    Lo Barrut est un groupe nourri très tôt au #chant_populaire #occitan.
    Ces chanteuses et chanteurs s’inscrivent aujourd’hui avec force dans le mouvement des nouvelles polyphonies languedociennes en se tournant vers la poésie, notamment les œuvres de Léon Cordes, Louisa Paulin, ou encore Marcelle Delpastre.
    Le poème appelle un rythme et une mélodie ; le chant en devient la continuité, et sublime le texte par la musique.
    Le chant est au cœur du travail de Lo Barrut. Ces musiciens y puisent de quoi raconter le texte, le porter dans leurs corps et l’adresser au public.

    Lo Barrut est né du plaisir et de l’envie de chanter. Ses membres avaient pour habitude de marmonner, fredonner, chantonner et mâchouiller des airs carnavalesques, des mélodies traditionnelles, des textes en langue d’Oc.
    C’est naturellement qu’ont émergé l’envie de fonder un groupe centré autour de la polyphonie, puis la volonté de se produire en public : sortir de l’intimité, faire entendre les chants, articuler cette langue devant un public.

    Depuis sa première représentation en février 2013, Lo Barrut n’a cessé de se produire dans des contextes divers : festivals de musiques traditionnels, événements liés à l’éducation populaire, rencontres autour de la langue occitane…

    L’année 2015 s’annonce riche en projets pour Lo Barrut : enregistrement, création de répertoire, résidences et co-créations avec d’autres formations musicales (Du Bartàs, Djé Balèti, projet autour de l’œuvre de Léon Cordes avec le collectiu Còp sec), « La Barrule », périple chanté dans le Minervois, recherche de dates...

    https://www.facebook.com/barrutlaires
    #polyphonie #chants_populaires #musique_populaire

  • #San_Salvador - #La_Liseta

    LA LISETA (#Occitan)

    Al’pica del journ
    La luna l’a troumpada
    Sus soun chami
    Far mauvaises* rescountra
    A rescountrat
    Tres jounes capitanis

    Dizon « -Bounjourn a la Liseta
    La tant bela Liseta »
    " -Tanben a vos
    Mes trois beaux* capitanis «  » -Ount allez-vous*,
    la tan bela Liseta ? «  » -M’en vau cherchar de l’aigua
    De l’aigua per beurre.

    « -Ensenhatz-nos un cabaret
    Un cabaret per beure ! »

    « -N’en sabès un,
    Qu’ei aquel de moun paire. »

    « -Conduisez-nous* la tant bela Liseta ! »
    " -Seguetz-me dounc, mous jounes capitanis «  » -Druebetz moun paire, druebetz a la Liseta «  »-Noun, druebetz pas sens saber que tu menas ! « 
    Lei sount rentratz
    An tuat sous paire e maire
    Mes trois beaux* capitanis
    An tuat soun paire e maire
    Mes trois beaux* capitanis
    ...

    * en Français dans le texte tiré de :
    De Boun Matin - BAS LIMOUSIN (Tulle-Brive)
    Anthologie des Chants populaires Français - Tome III
    Joseph Canteloube

    –--------------------------

    // LA LISETTE (Français )

    Au point du jour
    La lune l’a troublée
    Sur son chemin
    Fait mauvaises rencontres
    Elle a rencontré

    Ils disent : » -Bonjour à la Lisetta
    La si jolie Lisetta «  » -A vous aussi
    Mes trois beaux capitaines «  » -Ou allez-vous
    La si jolie Lisetta ? «  » -Je vais chercher de l’eau
    De l’eau pour boire «  » -Indiquez-nous un cabaret
    Un cabaret pour boire ! «  » -J’en connais un,
    Qui est celui de mon père «  » -Conduisez-nous la si jolie Lisetta «  » -Suivez-moi donc mes jeunes capitaines «  » -Ouvrez, mon père, ouvrez à la Lisetta «  » -Je n’ouvre pas sans savoir qui tu emmènes ! "

    Ils sont rentrés
    Ils ont tués son père et sa mère
    Mes trois beaux capitaines
    Ils ont tués son père et sa mère
    Mes trois beaux capitaines

    https://www.youtube.com/watch?v=eCsHJLeEoGU&feature=youtu.be


    #musique #chanson #musique_populaire #chants_populaires

    • (c’est une playlist (tout l’album exactement), où une trentaine de morceaux courts s’enchaînent pour ne former qu’une grande guirlande mélancholique et pesante, un truc de montagnards)

    • un truc marrant aussi pour compléter la galaxie rébét, c’est de connaître le père karaghiozis, héros du théâtre d’ombre, qui a un peu les même intonations de voix que les rebètes fumeurs de spliff (intonations qui ressemblent étrangement à un bon gros accent parigo soit-dit en passant). Là, c’est karagiozis à l’eurovision... Hélas, pour bien saisir les blagues, ça demande un niveau de keugré que j’ai pas... mais bon https://www.youtube.com/watch?v=bHX-y7p20kU

      On retrouve ce ton gouaille-clown là-dedans par exemple : https://www.youtube.com/watch?v=AuY1NXugb80

      mais c’est pas vraiment du rébétiko... λαϊκή, c’est de la musique laïque, du laos, du peuple, populaire...

    • (aussi il me semble bien que ΕΙΜΑΙ ΠΡΕΖΑΚΙΑΣ soit un tsiftétéli, une danse du ventre, plutôt qu’un rébétiko (ah mais Αμανές τσιφτετέλι Ουσάκ aussi, c’est même marqué dessus tsiftételi, et c’est mélangé à un amanès, une musique où l’on dit aman aman, mon dieu mon dieu, un genre en soi aussi)

    • #merci @tintin, ouais, cette Roza a chanté diverses choses, aussi en Turc. Une affection particulière pour les rebetes qui me rappellent les terroni, des migrants, cette fois passe frontière, avec une langue commune à celle de la « terre d’accueil ».

      "je me suis pris tant de coups au 12, à la gendarmerie, qu’à la fin, pauvre de moi, je me suis retrouvé tout maigre...’, Adinatisa O Kaimenos - A. Kostis
      https://www.youtube.com/watch?v=KAp01GgsoLk

      « Nos mangkés se plaignent » Παραπονούνται οι μάγκες (Paraponoundai i mangkés, Giovan Tsaous), Antonis Kalyvopoulos - Αντώνης Καλυβόπουλος
      https://www.youtube.com/watch?v=5cXpkTt7nfQ

      ΟΙ ΓΥΡΟΛΟΓΟΙ (Les joueurs de gramophone ambulants), 1935, ΚΩΣΤΑΣ ΡΟΥΚΟΥΝΑΣ
      https://www.youtube.com/watch?v=Txq6pcCc26Y

      I Eleni I Zondochira [Eleni the Divorcee], Andonis Kalivopoulos (1936)
      https://www.youtube.com/watch?v=E-r8a-Ng8e8

      Το φλιτζάνι του Γιάννη - Ρίτα Αμπατζή, Rita Abatzi
      https://www.youtube.com/watch?v=gCPno10Wu9A

      In the cellar [Στην υπόγα] - A.Kostis [Α. Κωστής]
      https://www.youtube.com/watch?v=8vctBbS7-jU

      Shooting dice [Το μπαρμπούτι] - Kostas Roukounas
      https://www.youtube.com/watch?v=keq16azHXgs

      Le frais Péloponnèse - Δροσάτη Πελοπόννησος, Stelakis Perpiniadis
      https://www.youtube.com/watch?v=Ze0qRnsZnL4

    • Façon revival et squats, les paris des #parias perdurent.

      REBETIKO ! i filakis to oropou ; (yorgos batis) by ULTRATURK
      https://www.youtube.com/watch?v=qeJIsvy3CkY

      Yorgos Batis - Γιώργος Μπάτης- Ο μπουφετζής (1932)
      https://www.youtube.com/watch?v=Xxo6HeXYgdY

      Εσκενάζυ Ρόζα - Της το βγάλανε
      https://www.youtube.com/watch?v=_ChUSSSk0M4

      Η ΜΠΑΜΠΕΣΑ ΡΟΖΑ ΕΣΚΕΝΑΖΥ
      https://www.youtube.com/watch?v=ZnPxUXfae9A

    • Aux sources du Rebetiko. Chansons des bas-fonds, des prisons et des fumeries de haschisch. Smyrne - Le Pirée - Salonique (1920-1960) @cie813 je devrais pouvoir le retrouver pour te le prêter
      http://les.nuits.rouges.free.fr/spip.php?article33

      Depuis la première édition de Road to Rembetika en 1975, nous en savons désormais beaucoup plus sur ce genre musical si original. Les travaux de chercheurs, les découvertes de producteurs, de musiciens et de simples amateurs ont livré toute une masse d’informations et de documents qui nous permettent de mieux connaître l’#histoire et les développements du rébétiko, ainsi que la manière dont il fut reçu par le #public grec. Des films, des documentaires et des fictions-télé ont pris pour thème le rébétiko. Quant au matériel phonographique, il est désormais accessible sous forme de disques compacts accompagnés de notices souvent fort détaillées, sans parler des nombreuses #vidéos visibles sur la Toile. Lorsque ce livre fut écrit, il fallait se contenter de disques en 78-tours. Des recherches systématiques, menées par une poignée d’étudiants dans les archives de compagnies discographiques en Grèce, en Turquie, en Allemagne et aux Etats-Unis, ont permis d’établir une chronologie plus précise du rébétiko, mais, cependant, une bonne partie des questions posées au milieu des années 1970 n’a pas encore trouvé réponse, y compris celles, fondamentales, qui tiennent à la définition du genre – qui comprend plusieurs formes –, à la détermination de ses origines ou à la mesure de son importance dans l’histoire musicale de la Grèce.

      Sur l’origine du mot rébétiko (qui pourrait provenir du turc rebet : #hors-la-loi ou #déclassé), nous ne sommes guère plus avancés que pour celle du mot jazz. Tiki tiki tak, enregistrée à Constantinople pour la compagnie Favorite vers 1924 et destinée au marché d’outre-Atlantique, fut probablement une des toutes premières compositions portant cette estampille, bien que cette désinvolte petite chanson s’avère assez éloignée du rébétiko classique. Mais certaines sources rapportent que le mot fut employé dès le milieu des années 1910… Toujours est-il qu’entre 1924 et 1926, quatre grandes compagnies discographiques : Odeon, Gramophone, Columbia et Polydor commencèrent à réaliser des enregistrements en Grèce même. Quelques années après, la compagnie gréco-américaine Orthophonic, dirigée par Tétos Dimitriadis, produisit une série destinée au marché américain. Un enregistrement réalisé par Pol (Léopold Gal) aux Etats-Unis, probablement à la fin des années 1920, est la première occurrence que je connaisse. En Grèce même, une affiche publicitaire pour le Neos Cosmos Café, imprimée en 1930, indique que le public était déjà familiarisé avec ces termes  : elle annonce un programme de chansons interprétées par Nouros et Stellakis devant comprendre « les dernières chansons européennes et rébétiques, ainsi que de pathétiques #amanés ».

      Il est clair que le rôle de l’industrie du disque, ainsi que celui joué par les musiciens grecs établis en Amérique, ont été déterminants dans la promotion du genre. La précieuse discographie des musiques et chansons folkloriques enregistrées aux Etats-Unis, établie par Richard Spottswood (1990), aussi bien que la gravure en 33-tours, puis en cd, des vieux 78-tours, montrent que les amateurs du style musical d’Asie mineure débordaient le cadre de la communauté hellénique. Les cafés-aman de New York et Chicago, possédés par celle-ci, étaient aussi fréquentés par des Arméniens, des Turcs, des Syriens et d’autres familiers de la musique de l’Empire ottoman déclinant. Les musiques enregistrées en Amérique parvenaient facilement en Grèce et vice-versa, renforçant les influences réciproques.

      Pour établir plus précisément les origines du rébétiko et ses premières manifestations, il faudrait aussi se plonger dans la documentation amassée en Turquie sur le sujet. Consécutivement au regain d’intérêt manifesté par la Grèce pour cette musique dans les années 1980-90, un véritable enthousiasme pour le rébétiko s’est manifesté dans ce pays. C’est ainsi que Road to Rembetika a été traduit en turc et publié à Istanbul en 1993. Des articles consacrés à ce genre musical ont paru ensuite dans la presse, tandis que des universitaires établissaient des comparaisons avec les #chansons populaires turques de la même époque.

      On admet généralement aujourd’hui que non seulement les modes, les rythmes, les termes musicaux et les instruments du rébétiko dérivent de la #musique_populaire ottomane, mais encore que beaucoup de ces chansons ne sont tout simplement que des versions grecques de chansons populaires de Constantinople ou de Smyrne. En outre, toute la tradition de l’#improvisation vocale et instrumentale est aussi orientale. Bien sûr, et comme toutes les autres, la musique turque était elle-même hybride, façonnée par d’incessants échanges entre les diverses communautés religieuses ou ethniques vivant en Anatolie ou dans les Balkans.

      Le rébétiko est l’héritier d’une #tradition_orale où l’improvisation avait une part importante. Les plus vieux musiciens que j’ai pu rencontrer m’ont confirmé qu’ils tenaient ces morceaux d’amateurs ou de semi-professionnels, habitués des fumeries et des tavernes du Pirée. Selon eux, certaines chansons n’avaient pas d’auteur connu, à la différence d’autres qu’ils attribuaient à un auteur particulier. Ils étaient rarement d’accord sur ces questions, ainsi d’ailleurs que sur les titres des morceaux, qui variaient selon les lieux. En revanche, ils se rappelaient tous que les improvisations ne portaient pas seulement sur la musique mais aussi sur les paroles.

      Les liens existants entre la musique soufie et le rébétiko sont encore à préciser, mais ils semblent évidents. Le tournoiement du corps, la transe qui saisit le danseur de zeïbékiko, ont été comparés par maints observateurs aux rites des derviches. L’argot rébétique est aussi révélateur d’une certaine proximité. Ainsi, le mot dervichi, qui désigne un homme (parfois une femme) qui fume du haschisch et fréquente le téké , bref un vrai rébétis…

      Suite à cette tradition, le rébétiko du Pirée, celui de Markos Vamvakaris et de ses amis, que j’appelle « classique », marque à la fois une continuité et une rupture. Cette dernière est due à la prééminence du bouzouki, à un style vocal nouveau, et à la composition de chansons originales, dont beaucoup mettent en scène le demi-monde urbain et même le milieu. Ces développements datent des années 1920 et du début des années 1930 au Pirée, lorsque la rencontre des #réfugiés d’Asie mineure avec des musiciens piréïotes produisit cette nouvelle musique, qui eut une résonance immédiate dans le public grec.

      Trois questions pourront ne jamais recevoir de réponses satisfaisantes : à partir de quelle date peut-on vraiment parler de rébétiko ? pourquoi le rébétiko devint-il si populaire ? et quand cessa-t-il d’être du rébétiko pour devenir autre chose ? Ces questions d’authenticité, de pureté, de croisement et de fusion se sont posées à propos de tous les styles musicaux qui ont accédé à une certaine notoriété – tels le tango, le flamenco, le fado, les canzone di la malavita calabraises ou le jazz –, et ont toutes fait l’objet de polémiques ardentes.

      Si l’on peut associer avec certitude un genre artistique avec une époque et un lieu, il est toujours difficile de préciser quand et où exactement il est apparu et quand il a disparu, au profit d’un autre, plus adapté aux goûts de la société. De même, ses frontières, brouillées par de multiples croisements et interactions d’influences, sont toujours mouvantes et imprécises : des rythmes rébétiques ont été utilisés par des chanteurs démotiques ; et le rébétiko lui-même ne s’est pas privé de récupérer tout ce qui était susceptible de l’être  : depuis les amanés jusqu’au fox-trot, en passant par le tango et la chanson napolitaine.

      Il faudrait aussi noter le destin identique de toutes ces musiques. Apparues dans les bas-fonds de la société ou venues d’ailleurs, leur initiale mauvaise réputation et leur étrangeté ont été utilisées comme argument commercial par des producteurs avisés qui les ont offertes à la consommation d’une clientèle bourgeoise d’abord, puis plus populaire. Mais ainsi, et peu à peu, elles perdaient leurs caractéristiques contestataires originelles et, plus ou moins consciemment, s’adaptaient, se « formataient » aux goûts de la société, jusqu’à perdre tout ce qui avait fait leur charme initial. Le rébétiko n’a pas échappé à cet engrenage inévitable, déclenché dès la fin des années 1930, quand les rébétès furent conviés à enregistrer leur musique confidentielle de drogués du Pirée et à la présenter devant les auditoires sélects d’Athènes.

      Bon nombre de figures qui apparaissent dans ce livre sont mortes depuis sa parution, aussi dédié-je cette édition à leur mémoire. Parmi eux, l’incomparable chanteuse Sotiria Bellou  ; le compositeur de rébétikos le plus prolifique Vassilis Tsitsanis  ; et aussi – bien qu’il n’y soit pas mentionné – Grigoris Bithikotsis, chanteur-fétiche de Theodorakis dans les années 1960. Une autre absence cruelle est celle d’Ole Smith, dont l’établissement de la discographie rébétique aux Etats-Unis est l’un des nombreux mérites. Et enfin, et surtout, mon principal informateur, mon professeur et mon ami Thanassis Athanassiou est passé de l’autre côté. J’espère, où qu’il soit, qu’il trouvera toujours un petit mavraki (joint) quand il en aura l’envie.

      Sur la demande de mon éditeur, j’ai procédé pour cette troisième édition française à un certain nombre d’ajouts, qui ont conduit à une refonte partielle du livre et à l’apparition de trois chapitres supplémentaires, ainsi que d’un index. Ces ajouts sont tirés en grande partie d’articles universitaires que j’ai consacrés ces dernières années à divers aspects de la question, plus particulièrement les #femmes du rébétiko et l’importance du zeïbékiko dans la culture grecque contemporaine. Evidemment, ils n’ont pas été plaqués tels quels mais légèrement réécrits pour que cet ouvrage, qui est avant tout d’initiation, ne perde pas ce caractère. De nouvelles illustrations ont aussi été insérées.

      Cette édition a aussi bénéficié du précieux travail de remastérisation des vieux enregistrements originaux, effectué par John Stedman et sa compagnie JSP Records à partir des collections du rébétophile Charles Howard. Quiconque est intéressé par le rébétiko sera bien inspiré d’acquérir cette série de coffrets, qui comprend notamment l’intégralité des chansons d’avant-guerre de V. Tsitsanis. Nous le remercions, ainsi que son collaborateur Andrew Aitken, pour leur gracieuse collaboration qui nous a permis de renouveler la sélection musicale du disque joint.

      G. H. Ithaca (USA), 2010.

  • Migrantes - Il Naufragio del Sirio

    La nave Sirio fu varata il 24 marzo 1883 dal Cantiere Napier di Glasgow, lo scafo era in ferro e stazzava 3.635 tonnellate, spinte da una poderosa macchina alternativa da 3.900 cavalli capace d’imprimerle una velocità di crociera prossima ai 15 nodi. Due imponenti fumaioli, alti, sottili e slanciati, esprimevano la nuova potenza meccanica, i tre alberi a goletta ricordavano invece l’armatura dei velieri tradizionali e in qualche modo rassicuravano i passeggeri circa le eventuali avarie del motore. Il moderno piroscafo disponeva a poppa di 50 posti di prima classe, un ampio salone da pranzo, l’auditorio e un compartimento riservato a signore e fumatori, mentre la seconda classe, situata a proravia del ponte di comando, poteva ospitare oltre 80 passeggeri. Infine la terza classe, 1290 posti complessivi, accoglieva povera gente costretta a vendere tutto per pagarsi il biglietto del viaggio, stipati in grandi stanzoni comuni ricavati neii corridoi delle stive. Per oltre vent’anni il bastimento aveva solcato indenne l’oceano, trasportando migliaia d’emigranti verso il miraggio delle lontane Americhe, fino a quel fatale pomeriggio del 4 Agosto 1906 quando inspiegabilmente andò a schiantarsi contro le infide scogliere di Capo Palos, davanti alla città di Cartagena. Il naufragio aveva dell’assurdo, le secche erano segnalate sulle carte nautiche e conosciute già ai naviganti delle epoche più remote, le acque calme, il cielo terso, la visibilità eccellente e il comandante, Giuseppe Piccone, un vecchio ed esperto lupo di mare, nulla insomma lasciava presagire la disgrazia. Ma ancora più disastrose e caotiche saranno poi le operazioni di soccorso: lo scafo non affondò subito, rimanendo in balia delle onde per ben sedici giorni, in bilico sugli scogli con la prua rivolta al cielo e la poppa poggiata sul basso fondale, appena tre metri di profondità, come un cavallo nell’atto di saltare l’ostacolo, finchè l’opera incessante dei frangenti contro le murate lo spezzò in due tronconi che i flutti inghiottirono nell’ultimo gorgo fatale. La tragica agonia del bastimento provocò, secondo le stime ufficiali delle autorità e i registri del Lloyd’s di Londra, la morte accertata di 293 persone, ma in realtà le vittime furono oltre 500, uomini, donne e bambini, fra cui anche il vescovo di San Paolo del Brasile, a cui fa riferimento una strofa del testo. In ricordo dell’immane sciagura venne in seguito creato un museo a Capo Palos e composte canzoni da ignoti contastorie residenti nelle vallate da cui proveniva la maggior parte degli emigranti periti. Il presente brano è uno dei tanti, reperito dalla stessa interprete, che ha così permesso alle generazioni venture di serbare almeno memoria dell’evento e tramandare un frammento di storia dei padri. Che i caduti in mare riposino in pace, a loro non servono inutili polemiche, tuttavia, onde evitare paragoni nient’affatto pertinenti con sciagure marittime accadute di recente, è quì doveroso precisare che il comandante del Sirio, benchè debba ritenersi il principale responsabile del naufragio, in quanto causato proprio da un suo errore di rotta, impostata troppo a ridosso della costa, fu l’ultimo ad abbandonare il piroscafo, dopo essersi strenuamente prodigato nell’opera di salvataggio di passeggeri ed equipaggio. Non si riprese mai dal tremendo rimorso per le tante vite stroncate, morendo di crepacuore solamente due mesi appresso la tragedia, ma quelli erano altri tempi, altri uomini. Il Sirio non fu certamente la prima nave di emigranti ad affondare, e purtroppo non sarà nemmeno l’ultima: per i disperati della terra c’è sempre un porto da cui salpare ed un altro ove forse attraccare. E ogni cosa è rimasta ancora oggi uguale nell’oceano sconfinato, dal volo perduto dei gabbiani sù sciabordare ringhioso di burrasca alle grida disperate dei naufraghi contro l’eterno destino dei vinti, e così pure la nostra colpevole indifferenza.

    https://www.youtube.com/watch?v=TKkDbYuKKMk


    #histoire #naufrage #Sirio #migrations #Italie #chanson #musique #chants_populaires #musique_populaire

  • Measuring the Evolution of Contemporary Western Popular Music : Scientific Reports : Nature Publishing Group
    http://www.nature.com/srep/2012/120726/srep00521/full/srep00521.html

    Popular music is a key cultural expression that has captured listeners’ attention for ages. Many of the structural regularities underlying musical discourse are yet to be discovered and, accordingly, their historical evolution remains formally unknown. Here we unveil a number of patterns and metrics characterizing the generic usage of primary musical facets such as pitch, timbre, and loudness in contemporary western popular music. Many of these patterns and metrics have been consistently stable for a period of more than fifty years. However, we prove important changes or trends related to the restriction of pitch transitions, the homogenization of the timbral palette, and the growing loudness levels. This suggests that our perception of the new would be rooted on these changing characteristics. Hence, an old tune could perfectly sound novel and fashionable, provided that it consisted of common harmonic progressions, changed the instrumentation, and increased the average loudness.

    j’ai survolé rapidement, c’est un peu technique mais ça semble intéressant

    #musique_populaire