• SAINTE SOLINE, AUTOPSIE D’UN CARNAGE

    Le 25 mars 2023, une #manifestation organisée par des mouvements de défense de l’environnement à #Sainte-Soline (#Deux-Sèvres) contre les #megabassines pompant l’#eau des #nappes_phréatiques pour l’#agriculture_intensive débouche sur de véritables scènes de guerre. Avec près de 240 manifestants blessés, c’est l’une des plus sanglantes répressions de civils organisée en France depuis le 17 octobre 1961 (Voir en fin d’article le documentaire de Clarisse Feletin et Maïlys Khider).

    https://www.off-investigation.fr/sainte-solineautopsie-dun-carnage
    Vidéo :
    https://video.off-investigation.fr/w/9610c6e9-b18f-46b3-930c-ad0d839b0b17

    #scène_de_guerre #vidéo #répression

    #Sainte_Soline #carnage #méga-bassines #documentaire #film_documentaire #violences_policières #violence #Gérald_Darmanin #résistance #militarisation #confédération_paysanne #nasse
    #off_investigation #cortège #maintien_de_l'ordre #gaz_lacrymogènes #impuissance #chaos #blessés #blessures #soins #élus #grenades #LBD #quads #chaîne_d'élus #confusion #médic #SAMU #LDH #Serge_Duteuil-Graziani #secours #enquête #zone_rouge #zone_d'exclusion #urgence_vitale #ambulances #évacuation #plainte #justice #responsabilité #terrain_de_guerre #désinformation #démonstration_de_force #récit #contre-récit #mensonge #vérité #lutte #Etat #traumatisme #bassines_non_merci #condamnations #Soulèvements_de_la_Terre #plainte

    à partir de 1h 02’26 :

    Hélène Assekour, manifestante :

    « Moi ce que je voudrais par rapport à Sainte-Soline c’est qu’il y ait un peu de justice. Je ne crois pas du tout que ça va se faire dans les tribunaux, mais au moins de pouvoir un peu établir la vérité et que notre récit à nous puisse être entendu, qu’il puisse exister. Et qu’il puisse même, au fil des années, devenir le récit qui est celui de la vérité de ce qui s’est passé à Sainte-Soline ».

    • question « un peu de vérité », il y avait aussi des parlementaires en écharpe, sur place, gazé.es et menacé.es par les quads-à-LBD comme le reste du troupeau alors qu’ils protégeaient les blessés étendus au sol ; personne n’a fait de rapport ?

      Il y a eu une commission d’enquête parlementaire aussi, je crois, qui a mollement auditionné Gérald ; pas de rapport ?

  • #mental_health and #psychosocial_support in #Ukraine: insights from an interdisciplinary review
    https://redasadki.me/2024/03/09/mental-health-and-psychosocial-support-in-ukraine-insights-from-an-interdi

    The ongoing #war in Ukraine has taken a severe toll on the population’s mental health and psychosocial wellbeing. A new interdisciplinary review by Frankova and colleagues (2024) provides an in-depth analysis of the mental health impacts, cultural and historical factors shaping #coping and help-seeking, the evolving humanitarian response, and recommendations for strengthening mental health and psychosocial support (MHPSS) in Ukraine. The report is an interdisciplinary literature review supplemented by key informant interviews. It synthesizes academic publications, gray literature, media reports and policy documents in English, Ukrainian and Russian. The review team included Ukrainian practitioners and regional experts to identify additional Ukrainian-language sources. The review found (...)

    #Global_health #armed_conflict #MHPSS

    • Dans cet article, on apprend qu’elle a été mandatée par le Secrétariat d’État chargé des Anciens Combattants et de la Mémoire pour participer à la dernière journée durant laquelle a eu lieu la cession officielle des archives sur Thiaroye au Sénégal. Elle a donc entendu le président Hollande évoquer au moins soixante-dix morts.

      #historienne_de_prefecture

  • Kauna, modératrice pour Facebook au Kenya : « J’ai vu beaucoup de suicides en vidéo » - L’Humanité
    https://www.humanite.fr/social-et-economie/facebook/kauna-moderatrice-pour-facebook-au-kenya-jai-vu-beaucoup-de-suicides-en-vid


    Attention, elle parle un peu des contenus à modérer et ça craint.

    Facebook prétend que ces contenus sont majoritairement modérés par des IA…

    C’est un #mensonge et c’est triste. Nous faisons le gros de ce travail. Mais, comme c’est caché, dans le back-office de Facebook, il est impossible de s’en rendre compte si on n’y a pas accès. On apprend à l’algorithme à repérer les contenus problématiques, mais nous devons les vérifier avant de les supprimer. C’est sûr qu’on se sent invisibilisé. Ce système devrait être expliqué, montré à tout le monde : ces entreprises technologiques font faire le travail ingrat à des travailleurs payés à peine plus d’un dollar de l’heure en Afrique.

    #IA

  • Un rapporto sulla frontiera tra Lettonia, Russia e Bielorussia

    Il monitoraggio della ONG “I want to help refugees”

    A ottobre 2023 la ONG lettone Gribu palīdzēt bēgļiem (Voglio aiutare i rifugiati) 2, ha pubblicato un report sulla monitoraggio delle frontiere curato da Anna E. Griķe e Ieva Raubiško 3.

    Questa pubblicazione segue il report sulla visita effettuata in Lettonia dal 10 al 20 maggio del 2022 dal Comitato europeo per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti (CPT), un dossier a cui il governo lettone ha replicato in modo ambiguo e fuorviante. L’ONG lettone ha così deciso di redigere un proprio report che contesta le affermazione governative.

    Il Rapporto del Comitato europeo, infatti, forniva 21 raccomandazioni in merito alla situazione di detenzione nei confronti delle persone migranti, mentre la risposta del governo lettone considerava 18 di queste come risolte e/o ingiustificate, per cui non dovrebbero essere prese ulteriori misure, e 3 raccomandazioni presentate insieme a una potenziale azione.

    Tra le raccomandazioni, il CPT ha indicato alle autorità lettoni di garantire che le persone migranti che arrivano nella zona di frontiera o che sono presenti nel Paese non siano rimpatriate con la forza in Bielorussia. E’, invece, doveroso effettuare uno screening individuale al fine di identificare le persone bisognose di protezione, valutare tali necessità e prendere le misure appropriate. Inoltre, è essenziale che i cittadini stranieri abbiano accesso a una procedura di asilo, o altra procedura di soggiorno, che preveda una valutazione del rischio di maltrattamento in caso di espulsione della persona interessata verso il Paese di origine o un Paese terzo, sulla base di un’analisi obiettiva e indipendente della situazione dei diritti umani in quegli Stati.

    Per le autorità lettoni, attualmente, la situazione nei territori amministrativi al confine tra Lettonia e Bielorussia è considerata come un’emergenza e «non consente il flusso incontrollato di persone che attraversano il confine di Stato in luoghi non previsti», e allo stesso tempo non limita il diritto delle persone ad accedere alla procedura di asilo, poiché «il diritto di presentare una domanda al valico di frontiera previsto dalla legge sull’asilo non è limitato».

    Tuttavia, le testimonianze delle persone respinte con la forza dal confine lettone verso la Bielorussia indicano che al confine non viene effettuato un esame adeguato (ad esempio, non vengono verificati i documenti d’identità: nazionalità, età e altri dati identificativi sono sconosciuti), in violazione del divieto di espulsione collettiva dei rifugiati sancito dalla Convenzione di Ginevra, dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo e dalla CEDU (principio di non-refoulement). Ci sono stati casi in cui non solo le famiglie con bambini, ma anche i minori non accompagnati sono stati respinti. Inoltre, perfino il principio dell’unità familiare non sempre è rispettato.

    Altre testimonianze di persone che sono riuscite ad entrare in Lettonia e hanno presentato domanda di asilo per motivi umanitari, mostrano che né le autorità bielorusse né quelle lettoni permettono ai migranti di spostarsi verso i valichi di frontiera ufficiali, respingendo invece in Lettonia o in Bielorussia, nonostante la legislazione vigente preveda che le persone possano presentare domanda di asilo ai valichi di frontiera ufficiali (ce ne sono due a Pāternieki e Silene) e al Centro di detenzione per stranieri di Daugavpils.

    Per dissuadere le persone dall’attraversare la frontiera, le guardie ricorrono all’uso della forza fisica e mezzi speciali, nonché all’uso di cani da guardia. Il 29 agosto 2023, il governo ha ratificato gli emendamenti al “Regolamento sui tipi di mezzi speciali e sulla procedura per il loro utilizzo“, prevedendo oltre ai mezzi speciali già in uso – tra cui manganelli, taser, spray di gas cs, candelotti e granate fumogene, granate a gas, luminose e sonore – anche dispositivi sonori con effetti stordenti.

    L’uso eccessivo della forza da parte delle forze dell’ordine è illegale e per questo il CPT ha raccomandato che le forze dell’ordine vengano informate a riguardo e ricevano una formazione pratica sull’uso proporzionato della forza per l’arresto di cittadini stranieri alla frontiera.

    Le autorità lettoni ribattono di non aver fatto ricorso alla forza fisica e a mezzi speciali contro le persone migranti in quanto non si sono verificati casi in cui queste non hanno obbedito agli ordini considerati legittimi delle guardie di frontiera: le persone, infatti, vengono informate che l’attraversamento del confine di Stato è illegale e che è prevista una responsabilità penale per il suo attraversamento e vengono invitate a non attraversare il confine di Stato o, di conseguenza, a tornare in Bielorussia. Nonostante sia consentito l’uso dei taser ai funzionari, attualmente non sono utilizzati per la sorveglianza delle frontiere a causa della loro carenza numerica, del loro breve periodo di autonomia e della necessità di utilizzarli per le esigenze di altri servizi dell’SBG 4.

    Tuttavia, la risposta del governo è in contraddizione con diverse testimonianze di persone migranti raccolte da “Voglio aiutare i rifugiati” nel 2022-2023, che hanno subito violenze emotive e fisiche, tra cui insulti e minacce, percosse e folgorazioni, sia durante i respingimenti che durante la permanenza nelle tende/basi dell’SBG in territorio lettone.

    Secondo queste testimonianze, gli abusi sono stati commessi il più delle volte da membri di unità speciali non identificate che indossavano maschere. Nel report si legge che «almeno quattro denunce sull’uso eccessivo della violenza sono state presentate all’Ufficio per la sicurezza interna e uno dei denuncianti si è rivolto alla Corte europea dei diritti umani».

    Per quanto riguarda l’accoglienza dei minori non accompagnati, il Comitato vorrebbe fosse adibita una struttura specifica, mentre il governo lettone afferma che sarebbe impossibile in quanto il numero dei minori è esiguo. Per l’associazione questa risposta è fuorviante: nonostante il basso numero solo alcuni minori non accompagnati vengono accolti in modo adeguato. Nel maggio 2023 Anna E. Griķe ha incontrato una ragazza di 13 anni dell’isola di Comore ospitata nel “centro di accoglienza” per richiedenti asilo “Mucenieki“, che offriva le stesse condizioni di alloggio degli adulti e che quindi non può essere considerato un istituto di assistenza all’infanzia. Tra il 4 e il 7 luglio la minore è scomparsa.

    Oltre a strutture specifiche adeguate per l’età dei richiedenti asilo, il CPT vorrebbe assicurare ai richiedenti asilo trattenuti nei centri di Daugavpils e Mucenieki attività come lezioni di lingua, di computer, percorsi formativi ecc. Il massimo sforzo dovrebbe essere dedicato soprattutto per garantire ai bambini in età scolastica attività educative adeguate.

    Il governo lettone ha risposto che all’SBG non compete la pianificazione delle attività del tempo libero, tuttavia collabora con le ONG lettoni, come l’associazione “Voglio aiutare i rifugiati” e la Croce Rossa che, per quanto possibile, assicurano l’organizzazione di varie attività ricreative, di socializzazione e integrazione, misure di sostegno psicologico e di istruzione.

    Nonostante ciò, il report afferma che da quanto osservato nel 2023 l’unica attività garantita dalla CR è stata fornire indumenti scadenti a entrambi i centri di detenzione e che solo nell’estate del 2023 l’associazione ha organizzato attività settimanali in entrambi i centri di detenzione per bambini e famiglie e a volte per adulti: un’iniziativa basata sulla buona volontà, non una soluzione sistemica.

    In ultima istanza, il report si occupa delle problematiche relative alle cure psichiatriche e all’assistenza psicologica nei centri di detenzione. Il CPT insiste che siano presi provvedimenti a riguardo insieme a un necessario servizio di interpretariato professionale. Le autorità lettoni dichiarano che in base alla proposta avanzata dall’Ong “Medici senza frontiere“, nel periodo compreso tra luglio e il 31 dicembre 2022, i loro rappresentanti hanno visitato regolarmente l’IDC (centro di detenzione per immigrati) di Daugavpils e di Mucenieki, fornendo assistenza psicologica agli stranieri detenuti e ai richiedenti asilo ospitati nell’IDC dell’SBG.

    Da quando Medici Senza Frontiere ha cessato la sua attività in Lettonia, nel dicembre 2022 5, non è più disponibile alcun supporto psicologico per le persone detenute. Inoltre nel 2013, l’SBG e la Croce Rossa Lettone hanno firmato un accordo di cooperazione, in base al quale quest’ultima si è impegnata a fornire per le persone accolte misure di sostegno psicologico ed educativo. Secondo “Voglio aiutare i rifugiati” la Croce Rossa non ha offerto assistenza psicologica presso gli IDC anche a causa della difficoltà di organizzare gli interpreti. Sebbene le ONG possano offrire un valido supporto psicologico ai richiedenti asilo e agli stranieri detenuti nei centri di detenzione, i loro servizi non possono essere considerati una sostituzione del supporto psicologico che lo Stato dovrebbe fornire.

    “Voglio aiutare i rifugiati” ha ripreso lo slogan “Nessuno è illegale” (Neviena persona nav nelegāla!) per cercare di sensibilizzare sulla situazione al confine: «Il termine “migrante irregolare” non solo è indesiderabile (ad esempio, si veda il Glossario sulle migrazioni dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni), ma denigra anche i diritti umani di qualsiasi migrante e non è in linea con i principi delle buone pratiche».

    La maggior parte delle persone giunte in Lettonia dalla Bielorussia sono richiedenti asilo: fino a quando non verrà presa una decisione sul loro status, da un punto di vista giuridico dovrebbero essere chiamati richiedenti asilo, nonostante abbiano attraversato il confine “illegalmente“. Da un punto di vista legale ed etico, un processo o un atto può essere etichettato come irregolare, ma non lo può essere una persona.
    Nessuna persona, infatti, è illegale!

    https://www.meltingpot.org/2024/03/un-rapporto-sulla-frontiera-tra-lettonia-russia-e-bielorussia

    #rapport #frontières #migrations #réfugiés #Gribu_palīdzēt_bēgļiem #Gribu_palidzet_begliem #Lettonie #Russie #Biélorussie #accès_aux_droits #droit_d'asile #expulsions_collectives #refoulements #push-backs #violence #violences #dispositifs_sonores #insultes #menaces #violences_psychologiques

    • BORDER MONITORING REPORT, LATVIA

      Background

      On 11 July 2023 both the “Report to the Latvian Government on the periodic visit to Latvia carried out by the European Committee for the Prevention of Torture and Inhuman or Degrading Treatment or Punishment (CPT) from 10 to 20 May 2022” (here and after – Report) and the “Response of the Latvian Government to the report of the European Committee for the Prevention of Torture and Inhuman or Degrading Treatment or Punishment (CPT) on its periodic visit to Latvia from 10 to 20 May 2022” (here and after – Response) were published. The Report provides 21 recommendations in terms of Immigration detention; Response considers 18 recommendations as in progress and/or unjustified where no additional steps should be taken, and 3
      recommendations are presented along with a potential action plan.
      Ieva Raubiško has closely followed the situation of irregular migrants at the Latvian-Belarussian border since August 2021. In October 2022, she joined the NGO “I Want to Help Refugees” as an advocacy officer. In February 2023 Anna E. Griķe began to fulfil her duties as both border monitoring expert and coordinator of
      humanitarian aid for asylum seekers. Based on prior reports, observations, and individual cases, the following border monitoring report aims to highlight misleading information within the Response. It does not cover all recommendations/responses because of the insufficient data available regarding issues such as access to
      legal aid or to health care, but it is more focused on the everyday life in detention, especially, in regard to minors. The reference to both documents includes paragraphs and page numbers.

      Key Findings

      [1] Accommodation of unaccompanied minors

      Report, par. 30, p. 17: “The Committee recommends that the Latvian authorities take the necessary measures to ensure that unaccompanied minors are accommodated in an open (or semi-open) specialised establishment for juveniles (for example, a social welfare/educational institution) where they can be provided with appropriate care and activities suitable for their age; the relevant legal provisions should be amended accordingly.”

      Response, p. 12: “There is no open (or semi-open) specialised establishment in Latvia intended specifically for a minor foreigner to be extradited or unaccompanied asylum seeker and it is not planned to create such an establishment, because the number of unaccompanied minors is small and it would not be feasible to open such an establishment. An unaccompanied minor, who is not detained, is accommodated in a child care institution based on the decision of the Orphan’s and Custody Court.”

      Indeed, the number of asylum seekers – unaccompanied minors is low, and there is no specialised establishment for their accommodation. However, the Response is misleading since only some unaccompanied minors are properly taken care of. In May 2023, Anna E. Griķe came across two of them, a 13-years old girl from Comoros island and a 14-years old boy from DRC. They both were accommodated in the Accommodation centre for asylum seekers “Mucenieki” provided the same accommodation conditions as adults (free of charge accommodation and allowance of 3 euros per day). It could be considered a childcare institution in any way, as it requires individuals to have complete autonomy in taking care of themselves on a daily basis. After the girl’s disappearance of between July 4 and 7 and ‘with serious concerns about the lack of action, relevant institutions as Ombudsman or State Police were informed about the situation.

      [2] Access to education and/or leisure activities for minors in IDCs [immigration detention center]

      Response, p. 12: “Minors accompanied by their parents are accommodated in the IDC, based on the parents’ application for accommodating children together with parents, and after evaluating the best interests of a child. Thus, children are not detained, but accommodated together with their parents, who are detained. In turn, detained unaccompanied minors are accommodated in the premises of the IDC premises, in which there is personnel and equipment to take the needs of their age into account. Minors accommodated in the premises of the IDC are provided with opportunities for acquiring education, engaging in leisure time activities, including games and recreational events corresponding to their age.” Even though there is a theoretical possibility for children from IDC to access education, it does not take place due to multiple factors. For instance, it takes one month to get the response from the Ministry of Education to be assigned to an educational institution, and as the detainees do not know the length of their detention and live in hope that it will not be lasting long, there is low interest to submit an application. Apart from a room with a limited number of toys, there are no specific opportunities considered for children/youth who experience the same limited access of movement within the detention centre as adults. For instance, outdoor space is not openly available. In the premises of the IDC, there is no opportunity for acquiring education; also, online learning is not possible due to the limited access to electronic devices which is restricted to just one hour per day. None of IDC’s personnel has the task to meet the education and or/leisure activity needs.

      [3] About access to purposeful activities for detainees

      Report, par. 35, p. 19: “The CPT recommends that the Latvian authorities take steps to ensure that foreign nationals held at Daugavpils and Mucenieki Immigration Detention Centres are offered a range of purposeful activities (for example, language classes, computer courses, crafts, etc.). The longer the period for which foreign nationals are detained, the more developed should be the activities which are offered to them. Further, every effort should be made to provide children of school age with suitable educational activities.”

      Response, p. 14-15: “The SBG ensures the security guarding of persons accommodated in the IDC, but does not get involved in planning their free time activities. Nevertheless, the SBG actively cooperates with Latvian NGOs, such as the association “I want to help refugees”, which, as far as possible, ensures the organisation of various leisure activities in the IDC of the SBG for both children and adults. […] In 2013, the SBG and the association “Latvian Red Cross” (hereinafter – LRC) signed an agreement on cooperation, based on which the LRC, among other things, undertook to organise, as far as possible, for persons accommodated in the IDC, psychological support and educational measures or other measures that would improve living conditions, as well as to provide the services of social work experts and other measures promoting socialisation and integration, including, if necessary, to organise Latvian language classes. Recommendations regarding the provision of purposeful activities (including the Latvian language classes) for foreigners in accommodation centres for asylum seekers, as well as regarding measures to reduce the language barrier between health care personnel and admitted foreign nationals, by providing translation/interpreting services, are to be supported.”

      In summer 2023, “I Want to Help Refugees” organized weekly activities in both detention centres for children and families, and – when possible, for adults, both men and women. It was based on good will, and in no terms could be perceived as a systemic solution. However, these activities created an opportunity to get a better insight of the everyday life in detention and was an attempt to meet individual or collective needs. These included provision of underwear, socks, basic footwear, additional clothing, spices for food, books, toys, and games.
      Prior to summer 2023 no regular activities were provided by any institution, NGOs or Latvian Red Cross (besides two unsuccessful episodes in December 2022 and April 2023 when a team of LRC did not manage establish contact with detainees to provide leisure time activities). From what has been observed during 2023, the sole outcome of the cooperation agreement with LRC is the provision of donated clothes to both IDCs. These are of very poor quality and do not include such basic items as underwear or socks. No psychological support, educational measures or other initiatives that would improve living conditions are being implemented in any of IDCs. Services of social work experts and other measures promoting socialization and integration, including Latvian language classes, are not provided either.

      [4] About access to outdoor exercise at the IDCs

      Report. par. 36, p. 20: “The CPT recommends that the Latvian authorities take steps to increase significantly the daily outdoor exercise period for foreign nationals held at Daugavpils Immigration Detention Centre. In the Committee’s view, detained foreign nationals should, as a rule, have ready access to an outdoor area throughout the day.

      Response, p. 15: “According to Clause 21 of Cabinet of Ministers Regulation No. 254 of 16 May 2017, the daily schedule of the accommodation premises shall include daily walk time in fresh air (outdoor exercise) – for at least two hours. In turn, Clause 18 of Cabinet of Ministers Regulation No. 254 of 16 May 2017 provides that if a detained person refuses to exercise any rights (for example, outdoor exercise), an official of the accommodation premises may request to confirm it with a written submission. Given the structure of Daugavpils IDC and Mucenieki IDC, it is not possible to ensure free access of the detained persons to the outdoor area throughout the day.” “I Want to Help Refugees” has received complaints from a number detainees at both Daugavpils and Mucenieki Detention Centres about their restricted access to outdoor areas. While no clear-cut reasons for such restriction have been provided, these complaints also indicate a lack of clear procedure as to how the access to open-air areas should be requested by the detainees and why and how the time limit outdoor activities is determined (for example, why only one hour is granted for outdoor activities, not the two-hour minimum as prescribed in the Cabinet of Ministers Regulation No. 254, Internal Rules of Procedure of Accommodation Premises for Detained Foreigners and Asylum Seekers.) As a result, inhabitants of IDCs lose the possibility to be in fresh air for sufficient time each day or, on some days, are not able to spend time outdoors at all.

      [5] About the alleged ill-treatment of detained foreign nationals (irregular migrants) by Latvian special police forces between August 2021 and March 2022 in the border area.

      Report, par. 33, p. 18: “The CPT recommends that all law enforcement agencies concerned are given a clear and firm message on a regular basis that any use of excessive force is illegal and will be punished accordingly. Further, they should be provided with further practical training relating to the proportionate use of force, including control and restraint techniques, in the context of apprehending foreign nationals at the border. As regards more specifically the use of electrical discharge weapons, reference is made to the principles listed in paragraphs 65 to 84 of the 20th General Report on the CPT’s activities.23“

      Response, p. 13: “It has not been necessary to use physical force and special means against persons, because there have been no cases when they did not obey the lawful orders of the border guards. In order to prevent crossing or attempted crossing of the state border outside official border crossing points and procedures established for legal entry, persons are informed that crossing the state border is illegal and there is criminal liability prescribed for crossing it and are invited not to cross the state border or correspondingly invited to return to Belarus. Furthermore, at that moment persons also visually see armed border guards and national guards, and their preparedness for active response in preventing the possibilities of illegal crossing of the state border. Following such actions and the provision of information, persons, as a rule, do not risk approaching Latvia or, if they have already crossed the border, they return to Belarus. The enumeration of special means of the SBG contains electric shock devices, which the officials, based on Cabinet of Ministers Regulation No.55 of 18 January 2011, are entitled to use for fulfilment of the functions assigned to them. There are no electric shock devices of any kind (including TASER) currently used for border surveillance due to the numerical shortage thereof, expiry of their useful life and the necessity to use them for the needs of other SBG services (immigration control, border inspections).”

      The government’s response contradicts several testimonies of irregular border-crossers recorded by “I Want to Help Refugees” in 2022–2023 on having experienced emotional and physical violence, including cursing and threats, beatings, and electrocution both during the pushbacks and while in tents/ SBG bases in the Latvian territory. According to these testimonies, abuse was most often committed by members of unidentified special units wearing masks. At least four complaints on the excessive use of violence have been submitted to the Internal Security Bureau, and one of the complainants has turned to the European Court of Human Rights.

      [6] About the lack of psychological assistance to the detainees at the IDCs.

      Report, par. 44, p. 57: “The CPT recommends that steps be taken at Daugavpils and Mucenieki Immigration Detention Centres to ensure adequate access to psychiatric care and psychological assistance for foreign nationals, combined with the provision of professional interpretation.”

      Response, p. 18-19: “Based on the proposal made by the international non-governmental organisation “Doctors without Borders”, during the period from July to 31 December 2022, the representatives of the international non-governmental organisation “Doctors without Borders” have been regularly visiting Daugavpils IDC and Mucenieki IDC and providing psychological support to the detained foreigners and asylum seekers accommodated in the IDC of the SBG.

      By means of the funds raised via the project from the Asylum, Migration and Integration Fund, in order to reduce the everyday psychological sufferings or struggles of the target group, it is planned to attract psychologists and cover expenses for psychologist services for the foreigners accommodated in the centres.

      Additionally, as already mentioned herein above, in 2013, the SBG and the LRC signed an agreement on cooperation, based on which the LRC, among other things, undertook to organise, as far as possible, for persons accommodated in the IDC of the SBG, psychological support and educational measures or other measures that would improve living conditions of the referred to persons…”

      While NGOs might offer valuable psychological support to asylum seekers and detained foreigners at the IDCs, their services cannot be considered a viable alternative and substitution of state-provided in-house psychological support. Since December 2022 when “Doctors without Borders” ceased its operation in Latvia, no psychological support has been available to the detainees. LRC has not been able to offer any psychological assistance at the IDCs, citing the difficulty of arranging interpreters as one of the main challenges.

      [7] About the forcible return of irregular migrants from Latvia to Belarus

      Report, par. 48, p. 57: “… the CPT recommends that the Latvian authorities take the necessary measures to ensure that irregular migrants arriving at the border or present in the territory of Latvia are not forcibly returned to Belarus prior to an individualised screening with a view to identifying persons in need of protection, assessing those needs and taking appropriate action. Further, it is essential that foreign nationals have effective access to an asylum procedure (or other residence procedure) which involves an individual assessment of the risk of ill-treatment in case of expulsion of the person concerned to the country of origin or a third country, on the basis of an objective and independent analysis of the human rights situation in the countries concerned.38 The CPT considers that the relevant provisions of the Cabinet of Ministers’ Decree No. 518 on the Declaration of a State of Emergency should be revised accordingly.”

      Response, p. 19: “Currently, the emergency situation in the administrative territories at the Latvia- Belarus border does not allow the uncontrolled flow of people across the state border in places not intended for this, and at the same time does not limit the right of persons to access the asylum procedure, because the right to lodge an application at the border crossing point provided for by the Asylum Law is not restricted. The referred to regulation was based on the internationally recognised right of countries to control the border of their country and to prevent the illegal crossing thereof (see the judgment of the ECHR of 13 February 2020 in the case of ND and NT v. Spain and the judgment of the ECHR of 5 April 2022 in the case A.A. and others v. North Macedonia).”

      Testimonies of irregular migrants forcibly returned from Latvia/ Latvian border to the territory of Belarus indicate that no proper screening of persons is performed at the border. There have been cases when not only families with children, but also unaccompanied minors have been pushed back.
      Testimonies of irregular migrants allowed to enter Latvia on humanitarian grounds and submit their claims for asylum, show that neither the Belarussian nor the Latvian authorities allow the migrants to move to the official border crossing points, instead pushing them back to either Belarus or Latvia.

      Recommendations and Action Points

      Clarify the statements in the Response with authorities in question.
      Create an action plan that identifies the gaps in the treatment of detainees in detention centres and explores for possible solutions.
      Establish an obligation and a clear procedure for a prompt investigation of all claims of violence voiced by irregular migrants and detained asylum seekers.
      Ensure presence of a psychologist/psychotherapist at both IDCs to provide psychological help to the detained when necessary (also, ensure that the regular medical staff is present).
      Ensure the possibility for detainees to spend sufficient time outdoors each day.
      Ensure transparent evaluation of migrants’ individual circumstances upon their arrival at the border; share the assessment guidelines with independent monitoring bodies and NGOs.

      https://gribupalidzetbegliem.lv/en/2023/10/01/border-monitoring-report-latvia

  • L’Europe doit mettre fin à la répression des défenseurs des droits humains qui aident les réfugiés, les demandeurs d’asile et les migrants

    « Dans toute l’Europe, il est de plus en plus fréquent que des organisations et des individus soient harcelés, intimidés, victimes de violences ou considérés comme des délinquants simplement parce qu’ils contribuent à protéger les droits humains des réfugiés, des demandeurs d’asile et des migrants. Les États européens doivent mettre fin à cette répression », a déclaré aujourd’hui la Commissaire aux droits de l’homme du Conseil de l’Europe, Dunja Mijatović, à l’occasion de la publication d’une Recommandation sur la situation des défenseurs des droits humains qui aident les réfugiés, les demandeurs d’asile et les migrants en Europe.

    Cette Recommandation, intitulée Protéger les défenseurs : mettre fin à la répression des défenseurs des droits humains qui aident les réfugiés, les demandeurs d’asile et les migrants en Europe, donne un aperçu des défis auxquels sont confrontés les défenseurs des droits humains et présente les mesures que les États membres du Conseil de l’Europe devraient prendre pour les protéger.

    Dans le contexte de politiques d’asile et de migration répressives, sécuritaires et militarisées, les États négligent de plus en plus leur obligation de veiller à ce que les défenseurs des droits humains puissent travailler dans un environnement sûr et favorable. En conséquence, de multiples formes de répression s’exercent sur les défenseurs qui participent à des opérations de sauvetage en mer, fournissent une aide humanitaire ou une assistance juridique, mènent des opérations de surveillance des frontières, assurent une couverture médiatique, mènent des activités de plaidoyer, engagent des procédures contentieuses, ou soutiennent par d’autres moyens encore les réfugiés, les demandeurs d’asile et les migrants en Europe.

    La Recommandation examine les problèmes auxquels sont confrontés les défenseurs des droits humains, notamment :

    - des propos hostiles et stigmatisants tenus par des représentants gouvernementaux, des parlementaires et certains médias ;
    – des violences et des menaces, et le manque de réaction des autorités pour y répondre ;
    – la criminalisation du travail humanitaire ou de défense des droits humains mené auprès des réfugiés, des demandeurs d’asile et des migrants, due à une application trop large des lois sur le trafic illicite de migrants ;
    – le refus d’accès à des lieux où il est essentiel d’assurer un suivi de la situation des droits humains ou de fournir une aide, tels que des centres de détention ou d’accueil ou des zones frontalières.

    « Les gouvernements européens devraient voir les défenseurs des droits humains comme des partenaires qui peuvent contribuer de manière déterminante à rendre les politiques d’asile et de migration plus efficaces et respectueuses des droits humains. Au lieu de cela, ils les traitent avec hostilité. Cette politique délibérée porte atteinte aux droits humains des acteurs de la société civile et des personnes auxquelles ils viennent en aide. Par extension, elle ronge le tissu démocratique des sociétés », a déclaré la Commissaire.

    Afin d’inverser cette tendance répressive, la Commissaire appelle à prendre d’urgence une série de mesures, dont les suivantes :

    - réformer les lois, politiques et pratiques qui entravent indûment les activités des défenseurs des droits humains ;
    – veiller à ce que les lois sur le trafic illicite de migrants ne confèrent le caractère d’infraction pénale à aucune activité de défense des droits humains ou d’aide humanitaire menée auprès des réfugiés, des demandeurs d’asile et des migrants ;
    - lever les restrictions d’accès aux lieux et aux informations ;
    - mettre fin au discours stigmatisant et dénigrant ;
    - établir des procédures de sécurité efficaces pour les défenseurs confrontés à des violences ou à des menaces et veiller à ce que ces cas fassent l’objet d’enquêtes effectives.

    https://www.coe.int/en/web/commissioner/view/-/asset_publisher/ugj3i6qSEkhZ/content/id/264775174?_com_liferay_asset_publisher_web_portlet_AssetPublisherPortlet_INSTAN
    #criminalisation_de_la_solidarité #asile #migrations #réfugiés #solidarité #recommandation #conseil_de_l'Europe #répression #assistance_juridique #sauvetage #aide_humanitaire #violence #menaces #hostilité #droits_humains #rapport

  • Le gouvernement refuse de subventionner les associations féministes « ambiguës » sur le massacre du 7 octobre
    https://www.nouvelobs.com/societe/20240211.OBS84352/le-gouvernement-refuse-de-subventionner-les-associations-feministes-ambig


    Doc, tu n’es plus sanctionné sur tes réactions ou tes propos, mais sur ton absence de réaction.
    Tu as ordre d’affirmer que tu penses comme le gouvernement.
    #Police_de_la_pensée #dystopie

    Depuis l’attaque sanglante lancée par le Hamas contre Israël le 7 octobre et les représailles israéliennes, le collectif Nous toutes, et plus largement les associations et figures féministes en France s’étaient vus reprocher un « silence » sur les informations et témoignages faisant état de viols commis par des hommes du Hamas.

  • #Espace_Schengen : l’Union européenne trouve un #accord pour clarifier le cadre des contrôles aux frontières

    Depuis 2015, de nombreux pays ont réintroduit dans l’espace de libre circulation européen des contrôles d’identité à leurs frontières, invoquant la #pression_migratoire ou la #menace_terroriste.

    Les négociateurs du Parlement européen et du Conseil (Etats membres) ont trouvé un accord, mardi 6 février, sur une réforme du #code_Schengen destinée à clarifier et renforcer le cadre prévu pour la réintroduction et la prolongation des contrôles aux frontières intérieures de cet espace de libre circulation.

    Au sein de l’espace Schengen, qui regroupe 27 pays − dont 23 Etats membres de l’Union européenne (UE) plus l’Islande, le Liechtenstein, la Norvège et la Suisse −, plus de 400 millions de personnes peuvent en principe circuler sans être soumises à des contrôles. Mais depuis 2015, invoquant la pression migratoire ou la menace terroriste − voire les deux −, de nombreux pays ont réintroduit des contrôles d’identité à leurs frontières. Ils sont actuellement plus de la moitié à le faire. L’espace Schengen a aussi été fragmenté par des restrictions de circulation décidées par les Etats membres pendant la pandémie de Covid-19.

    Or, ces contrôles sont autorisés par le code Schengen à titre exceptionnel, en cas de #menace_grave pour l’ordre public ou la sécurité intérieure d’un Etat, mais de manière 3provisoire. Et la Cour de justice de l’UE a rappelé en avril 2022 qu’ils ne devaient pas excéder six mois. En décembre 2021, la Commission européenne a proposé une révision du code Schengen pour tenter de mettre de l’ordre et tirer les leçons de la crise du Covid-19.

    Libre circulation et sécurité

    Selon l’accord trouvé mardi soir, qui devra encore être approuvé formellement par le Parlement européen et le Conseil, en cas de menace grave à sa sécurité, un Etat peut autoriser des contrôles à ses frontières, pour une durée maximale de deux ans, avec une prolongation possible d’un an. Ces Etats devront évaluer la nécessité et la proportionnalité de ces contrôles et déterminer si les objectifs poursuivis ne peuvent être atteints par des mesures alternatives.

    Aux frontières extérieures, la réforme prévoit en cas d’urgence sanitaire de grande ampleur d’harmoniser les règles d’entrée dans l’UE en provenance de pays tiers − les éventuelles mises en quarantaine ou tests notamment. Les citoyens et résidents de l’UE seraient exemptés de telles restrictions d’entrée. Elle prévoit aussi des réponses aux tentatives d’Etat tiers d’« instrumentaliser » les migrants dans le but de déstabiliser un pays de l’UE − comme la Biélorussie et la Russie ont été accusées de le faire −, notamment en limitant les points de passage.

    « La #libre_circulation dans nos frontières intérieures et la sécurité de nos frontières extérieures sont les deux pierres angulaires de l’espace Schengen. L’accord conclu aujourd’hui (…) clarifiera et renforcera ces deux piliers », a commenté la ministre de l’intérieur belge, Annelies Verlinden, dont le pays assure la présidence semestrielle du Conseil de l’UE.

    L’eurodéputée française Sylvie Guillaume (membre du groupe Alliance progressiste des socialistes & démocrates) s’est déclarée « satisfaite ». « Avec cet accord, nous avons protégé la libre circulation des personnes tout en répondant aux défis auxquels l’espace Schengen a été confronté au cours des dix dernières années », a-t-elle insisté.

    https://www.lemonde.fr/international/article/2024/02/07/espace-schengen-l-union-europeenne-parvient-a-un-accord-pour-clarifier-le-ca

    #frontières_intérieures #frontières_internes #frontières #Schengen #contrôles_systématiques_aux_frontières #EU #UE #Union_européenne #migrations #asile #réfugiés #exception

    • Border controls: EU updates Schengen rules despite racial profiling concerns

      The Schengen Border Code will be updated as the Belgian Presidency of the Council of the EU and negotiators from the European Parliament have reached a provisional agreement on the adjustment of the border rules, announced Interior Minister Annelies Verlinden (CD&V).

      The update clarifies the rules on (re)introducing border controls between the 27 European countries who are part of the Schengen area, and ensures that they remain “a last resort,” Verlinden’s office said in a press release.

      “Smooth movement across our internal borders and the security of our external borders are the two cornerstones of the Schengen area,” she said. “This agreement on the revision of the Schengen Borders Code will clarify and strengthen these two pillars.”

      The Schengen Borders Code provides for the absence of internal border controls in the Schengen area, which in principle allows over 420 million people to travel freely between the Member States. From 31 March 2024, Bulgaria and Romania will also become part of the area.

      Introducing border controls

      In recent years, discussions about updating the border rules of the area flared up several times, as a result of the debate around migration but also due to travel restrictions during the Covid-19 pandemic.

      The amended Schengen Borders Code will provide Member States with new opportunities to effectively manage the EU’s external borders in a situation where migrants are used for political gain. “This includes limiting the number of border crossing points or shortening their opening hours.”

      In practice, this means that the deal would allow internal checks and increased policing in situations of so-called “instrumentalisation of migration,” which is when a Member State claims that a non-EU country or ’hostile non-state actor’ is pushing migrants towards external EU borders for political reasons.

      “This is an extremely problematic concept, whose codification into EU law would introduce broad derogations to fundamental rights, including the right to asylum and freedom of movement,” said PICUM, a Brussels-based network of over 160 NGOs working to advance the rights of undocumented people. They added that the new deal would de facto legitimise racial profiling in border checks.

      While the reform of the Schengen Borders Code aims to reduce the amount of temporary generalised internal EU border checks, PICUM stressed that it would escalate checks on specific groups of people. The deal would allow police authorities in joint patrols to carry out “random” document checks near internal EU borders, under the guise of apprehending people without valid travel or residence documents.

      Research has already shown that police tend to stop people for checks based on racial, ethnic, or religious characteristics. It is clear that these checks will depend on the police’s decisions about who “looks like” a person without valid papers, the network said.

      “This agreement embraces a very harmful narrative which assumes that people crossing borders without valid documents are a threat to the EU and proposes to address it by increasing policing, while de facto encouraging racial profiling,” said Silvia Carta, Advocacy Officer at PICUM.

      Internal pushbacks, no safeguards

      The new code also introduces “alternative measures” to counter unauthorised movements of third-country nationals staying in the Schengen area. If they are apprehended in the border area, a new procedure will allow Member States to return them to the Member State from which they arrived directly. The arrest must take place in the context of a bilateral partnership, the deal states.

      However, PICUM stressed that this would legalise the violent practice of “internal pushbacks,” which consists of apprehending and detaining people caught without a valid document near an internal border, and transferring them to the Member State the police think the person came from without conducting an individual assessment.

      It is still unclear which “safeguards” have been introduced to protect children, who are not explicitly excluded from such transfer procedures.

      The deal would most likely also escalate the use of monitoring and surveillance technologies that do not apply relevant safeguards and would be at odds with existing EU data protection legislation and fundamental rights.

      If there is a serious threat to public order or internal security, the deal will also allow Member States to exceptionally (re)introduce border controls. However, this will only be possible after assessing “the necessity and proportionality” of this reintroduction, and ensuring that other measures are not sufficient.

      Controls will be able to be introduced immediately if threats to public order or security are unpredictable. In that case, the Commission, Member States and the European Parliament are required to be informed at the same time. “These controls may then be reintroduced for a period of up to one month and extended for up to three months.”

      Internal border controls for foreseeable threats – which have been communicated to the Commission, other Member States and the European Parliament before being reintroduced – can remain in force for a maximum of six months. They can be extended for a renewable period of up to six months, with a maximum duration of two years.

      In serious exceptional situations relating to a persistent threat, internal border controls may be extended after two years for a maximum of six more months, which may then be extended once more (total duration of one year).

      Another health crisis

      In the event of another large-scale public health emergency, the Council can decide to authorise temporary travel restrictions at the EU’s external border. The decision may also include health-related travel restrictions, such as testing, quarantine and self-isolation. During the Covid-19 pandemic, the EU could only make non-binding recommendations to Member States.

      Certain categories of people – those enjoying the right of free movement, long-term residents and people enjoying international protection – will be exempted from the entry restrictions.

      Now, this provisional agreement will be submitted to the representatives of the Member States in the Council for confirmation. After that, it must still be formally adopted by both institutions.

      https://www.brusselstimes.com/eu-affairs/914176/reintroducing-border-controls-eu-agrees-on-schengen-code-update

      #profilage_racial #instrumentalisation_de_la_migration #contrôles_au_faciès #refoulements #refoulements_internes #push-backs

    • Schengen : le Conseil et le Parlement européen conviennent d’une révision du code frontières de l’UE

      La présidence belge du Conseil de l’UE et les négociateurs du Parlement européen sont parvenus aujourd’hui à un accord provisoire sur la modification du droit de l’UE qui fixe les règles de fonctionnement de l’espace Schengen aux frontières extérieures et intérieures. Les modifications convenues, qui devront être approuvées et adoptées formellement par les deux institutions, renforceront la coordination de l’UE et amélioreront les outils dont disposent les États membres pour faire face aux difficultés rencontrées aux frontières de l’UE.

      « Le franchissement sans entrave de nos frontières intérieures et la sécurité de nos frontières extérieures sont les deux pierres angulaires de l’espace Schengen. L’accord intervenu aujourd’hui en vue de la révision du code frontières Schengen clarifiera et renforcera ces deux piliers. » (Annelies Verlinden, ministre de l’intérieur, des réformes institutionnelles et du renouveau démocratique de la Belgique)

      La mise à jour clarifie en particulier les règles relatives au rétablissement des contrôles aux frontières en veillant à ce qu’ils restent une mesure de dernier recours, propose des solutions pour les situations dans lesquelles les migrants sont instrumentalisés et permet d’introduire des mesures communes pour harmoniser les restrictions de déplacement en cas d’urgence de santé publique.
      Lutte contre l’instrumentalisation des flux migratoires

      Le code frontières Schengen modifié mettra à disposition des États membres de nouvelles mesures pour une gestion efficace des frontières extérieures de l’UE dans les cas d’instrumentalisation des migrants à des fins politiques. Cela passe notamment par une limitation du nombre de points de passage aux frontières ou par la réduction de leurs heures d’ouverture.

      On parle d’instrumentalisation lorsqu’un pays tiers ou un acteur non étatique encourage ou facilite le déplacement de ressortissants de pays tiers vers les frontières extérieures de l’UE afin de déstabiliser l’UE ou un État membre.
      Rétablissement des contrôles aux frontières intérieures

      Le texte approuvé clarifie et renforce le cadre du rétablissement et de la prolongation des contrôles aux frontières intérieures. Les États membres peuvent rétablir des contrôles à titre exceptionnel en cas de menace grave pour l’ordre public ou la sécurité intérieure. Ils devront évaluer la nécessité et la proportionnalité de ce rétablissement et estimer si les objectifs poursuivis ne peuvent pas être atteints par d’autres moyens, notamment par des mesures alternatives.

      Selon les nouvelles règles, si des menaces pour l’ordre public ou la sécurité ont un caractère imprévisible, des contrôles peuvent être mis en place immédiatement en en informant simultanément la Commission, les autres États membres et le Parlement européen. Ces contrôles sont limités à une période d’un mois maximum et ne peuvent être prolongés que pour une durée maximale de trois mois.

      Dans le cas de menaces prévisibles, les contrôles aux frontières intérieures, notifiés à la Commission, aux États membres et au Parlement européen avant d’être rétablis, peuvent rester en place pendant une période de six mois maximum. Ils peuvent être prolongés par périodes renouvelables de six mois maximum, pour une durée n’excédant pas deux ans. Dans des situations exceptionnelles majeures liées à une menace persistante, les contrôles aux frontières intérieures peuvent être prolongés au-delà de deux ans, pour une période maximale de 6 mois supplémentaires, renouvelable une fois, la durée totale n’excédant pas un an.
      Promotion de mesures alternatives

      Une autre mise à jour du code frontières Schengen sur laquelle la présidence et le Parlement européen ont marqué leur accord concerne le recours à des mesures alternatives aux contrôles aux frontières intérieures.

      Le recours à ces mesures alternatives permettra aux États membres de limiter considérablement le rétablissement éventuel des contrôles aux frontières intérieures, en garantissant la sécurité tout en préservant l’espace de libre circulation sans contrôles aux frontières intérieures.

      Le nouveau code introduit également des mesures alternatives pour lutter contre les déplacements non autorisés de ressortissants de pays tiers en séjour irrégulier dans l’espace Schengen. Une nouvelle procédure permettra à un État membre de transférer des ressortissants de pays tiers arrêtés dans la zone frontalière et séjournant illégalement sur son territoire vers l’État membre d’où ils sont arrivés directement. L’arrestation devrait s’effectuer dans le cadre d’une coopération bilatérale.
      Mesures aux frontières extérieures en cas de crise sanitaire

      En vertu du nouveau code frontières Schengen, le Conseil peut adopter une décision autorisant des restrictions temporaires de déplacement aux frontières extérieures en cas d’urgence de santé publique de grande ampleur. Pendant la pandémie de COVID-19, l’UE n’a pu émettre que des recommandations non contraignantes à l’intention des États membres.

      La décision peut également prévoir des restrictions de déplacement liées à la santé, telles que des tests, une quarantaine et l’isolement à domicile.

      Certaines catégories de personnes seront exemptées des restrictions à l’entrée : les personnes jouissant du droit à la libre circulation, les résidents de longue durée et les bénéficiaires d’une protection internationale.
      Prochaines étapes

      L’accord provisoire intervenu aujourd’hui sera soumis aux représentants des États membres au sein du Conseil (Coreper) pour confirmation. Il devra également être formellement adopté par les deux institutions.
      Contexte

      L’espace Schengen s’étend sur plus de 4 millions de kilomètres carrés, se compose de 27 pays européens et permet à plus de 400 millions de personnes de voyager librement entre les pays membres sans passer par des contrôles aux frontières.

      La coopération entre les forces de police, les autorités douanières et les autorités chargées du contrôle des frontières extérieures des pays de l’espace Schengen contribue à la sécurité de la zone.

      Le code frontières Schengen, qui va être mis à jour par cet accord entre le Conseil et le Parlement européen, constitue le cadre réglementaire qui prévoit l’absence de contrôles aux frontières intérieures et fixe des règles pour le contrôle des personnes aux frontières extérieures de l’espace Schengen.

      Le code permet aux États membres de rétablir des contrôles aux frontières intérieures dans des circonstances exceptionnelles mettant en péril le fonctionnement global de l’espace Schengen.

      https://www.consilium.europa.eu/fr/press/press-releases/2024/02/06/schengen-council-and-european-parliament-agree-to-update-eu-s-borde

    • Réforme Schengen : le nouveau code rend possible les refoulements aux frontières intérieures

      Un accord a été trouvé, mardi, par les négociateurs du Parlement et du Conseil européens quant à la révision du code Schengen des frontières. Cet accord introduit de nouvelles mesures qui, rendent notamment légal le transfert de migrants depuis une zone frontalière vers le pays dont il arrive. Infomigrants fait le point.

      L’accord a été annoncé mardi soir. Les négociateurs du Parlement européen et du Conseil européen viennent d’aboutir à une version finale de révision du code Schengen des frontières. Ce code régit les pratiques aux frontières intérieures et extérieures de l’espace Schengen, territoire composé par 27 États au sein duquel, en théorie, chacun peut circuler sans contrôle.

      L’accord doit encore être approuvé formellement par le Parlement et le Conseil. Si un communiqué de presse en donne les grandes lignes, le texte détaillé n’a pas encore été rendu public. « La libre circulation dans nos frontières intérieures et la sécurité de nos frontières extérieures sont les deux pierres angulaires de l’espace Schengen. L’accord conclu aujourd’hui (...) clarifiera et renforcera ces deux piliers », soutient la ministre belge de l’Intérieur, Annelies Verlinden, dont le pays assure la présidence du Conseil de l’UE.

      Depuis 2015, de nombreux États, dont la France, ont réintroduit des contrôles d’identité à leurs frontières intérieures. En raison de la menace terroriste, mais aussi des restrictions sanitaires dues au Covid-19. Ils sont actuellement plus de la moitié des États membres de l’espace Schengen à le faire, rappelle l’AFP. Et ce, alors que ces contrôles internes sont contraires au principe de libre circulation dans l’espace Schengen.
      Un an de prolongation supplémentaire pour les contrôles aux frontières intérieures

      Ce type de contrôle est autorisé par le code Schengen « en cas de menace grave pour l’ordre public ou la sécurité intérieure d’un État ». La réintroduction d’un contrôle aux frontières intérieures est d’une période de six mois maximum. Ces périodes sont ensuite renouvelables, sur une durée maximale de deux ans.

      La nouvelle réforme du code Schengen réaffirme le caractère exceptionnel de ces contrôles. La « nécessité et la proportionnalité » de ces derniers devra être argumentée.

      Mais elle ajoute la possibilité de les prolonger encore d’une année supplémentaire. Le nouveau code encadre donc mieux la pratique… Tout en allongeant sa possibilité à trois années maximum.
      Une nouvelle mesure qui légitime les refoulements aux frontières intérieures

      À partir de cette base, les négociateurs ont introduit une nouvelle mesure pour contrôler les mouvements migratoires au sein de l’espace Schengen qui inquiète fortement les ONG et avocats en droit des étrangers. Le nouveau code permettra en effet à un État membre de « transférer les ressortissants de pays tiers appréhendés dans la zone frontalière et séjournant illégalement sur son territoire vers l’État membre d’où ils sont directement arrivés. L’arrestation devra avoir lieu dans le cadre d’un cadre de coopération bilatérale », détaille le communiqué.

      Par exemple : à la frontière franco-italienne, avec cette nouvelle mesure, « toute personne qui se trouve dans la zone frontalière pourra être arrêtée si les autorités françaises soupçonnent que cette personne est en situation irrégulière et venue d’Italie », décrit Ulrich Stege, avocat en droit des étrangers membre du réseau juridique italien ASGI, et enseignant à l’International University de Turin. Il sera possible de la refouler via « une procédure simplifiée, par exemple un unique document indiquant l’identité de la personne. On le lui fait signer, puis on la repousse ». Des pushbacks qui deviendraient légaux, en somme.

      Cette pratique a pourtant été épinglée, pas plus tard qu’en septembre 2023, par la Cour de Justice de l’UE. « La volonté est clairement de codifier et généraliser, dans la législation européenne, une pratique qui est en ce moment même en place notamment entre la France et l’Italie », confirme Ulrich Stege.
      Risques accrus de contrôles au faciès

      Edwige*, une exilée ivoirienne rencontrée à Vintimille en octobre, avait raconté à Infomigrants le déroulement des contrôles de police menant à des refoulements, dans les trains entre l’Italie et la France. « Les policiers nous ont dit de sortir. Directement, sans regarder nos documents. Moi, j’étais aux toilettes à ce moment-là : ils sont rentrés, ils m’ont tirée dehors. Je ne comprenais pas ce qu’il se passait », témoignait-elle. « C’est là que je me suis rendue compte qu’ils avaient fait sortir tous les Noirs du train. »

      « Rappelons que, dès que l’on parle de contrôles aux frontières intérieures, on ne peut pas imaginer autre chose que ce que l’on voit depuis 2015 : c’est-à-dire des contrôles avec un profilage racial des personnes. Cela ne peut pas se faire autrement », met en garde Ulrich Stege.

      Avec cette nouvelle mesure, « on s’oriente vers une systématisation de ces contrôles basées sur du profilage racial », soutient l’avocat et professeur d’université italien. Pour rappel, ces contrôles au faciès sont bien entendus illégaux... Car discriminatoires. "Il est clair que les contrôles « aléatoires » de documents dépendront des décisions de la police quant à savoir qui « ressemble » à une personne sans-papiers", abonde l’ASGI dans son analyse de la réforme, parue mi 2022.

      « Jusqu’ici, on avait des pratiques basées sur des accords bilatéraux. Cette fois, il y aurait une loi européenne qui régularise et légitime ces pratiques. Or, ce sont des pratiques violentes, de refoulements et de discriminations raciales », tranche Silvia Carta, chargée de plaidoyer politique migratoire pour le réseau PICUM (Plateforme pour la coopération internationale sur les migrants sans papiers), également interrogée par Infomigrants.
      Pas d’exception pour les mineurs, les demandeurs d’asile ou les familles ?

      Plusieurs questions restent en suspens. Existera-t-il un droit au recours, pour les personnes soumises à cette nouvelle mesure ? Mais aussi : combien de temps les personnes pourront-elles être placées dans des locaux de rétention, en attendant leur refoulement ? Par-dessus tout : y aura-t-il des exceptions pour les catégories protégées, à savoir les mineurs non-accompagnés, les familles avec enfants, ou encore les demandeurs d’asile - qui ont le droit imprescriptible de déposer une demande d’asile partout dans l’UE ?

      « Notre crainte, c’est que cette mesure favorise, entre autres, la rétention illégale des personnes », pointe Silvia Carta. « Le Parlement avait envisagé des garde-fous. Mais nous ne savons pas exactement ce qui a été retenu dans le texte, d’autant que le Conseil était, à l’inverse, réticent à les intégrer dans l’accord... »

      Or, « sans précision, sans règle claire, chacun fait un peu comme il le veut. On le voit bien à la frontière franco-italienne, où des demandeurs d’asile sont refoulés », insiste Ulrich Stege.

      De manière globale, le nouveau code Schengen vise à promouvoir et créer d’autres « mesures alternatives pour lutter contre les mouvements non autorisés de ressortissants de pays tiers en séjour irrégulier dans l’espace Schengen », assume le communiqué européen.

      Sans publication du texte, difficile de savoir pour le moment ce que recouvre ce champ des « mesures alternatives ». Les ONG craignent une intensification du recours aux technologies de surveillance. Avec l’idée de « faciliter les détections et les interceptions des gens de façon de plus en plus systématique. Via des drones, des caméras, l’intelligence artificielle... », souligne Silvia Carta.
      Des mesures face aux tentatives « d’instrumentalisation » de migrants

      La révision du code Schengen concerne aussi les frontières extérieures. Il est prévu une harmonisation des règles d’entrée dans l’UE « en cas d’urgence sanitaire », avec des « éventuelles mises en quarantaine ou tests », laisse entrevoir le communiqué.

      Surtout, l’accord prévoit des mesures face aux tentatives d’Etats tiers d’"instrumentaliser" les migrants « dans un but politique » de déstabilisation - comme le Bélarus ou encore la Russie ont été accusés par l’UE de le faire, en 2023. Il s’agira de « limiter le nombre de points de passage, ou de réduire leurs horaires d’ouverture », annonce le communiqué.

      "Ce concept d’"instrumentalisation" est problématique et inquiétant", réagit Silvia Carta. "Il associe la migration à une menace sécuritaire. Et puis, qui rentrera dans cette définition de l’"instrumentalisation" ? Est-ce qu’à terme, cela pourrait viser aussi les missions de sauvetage des personnes exilées menées par des ONG ?"

      Le rôle de l’agence de garde-frontières Frontex s’en verra renforcé, souligne dans son analyse détaillée le réseau Border Violence Monitoring. Dans les moments de tension aux frontières extérieures, comme entre la Finlande et la Russie fin 2023, des agents sont envoyés sur place, en mission.

      « C’est un constat que l’on fait pour tous les textes sur les migrations, y compris le nouveau Pacte migratoire européen : l’UE produit des nouvelles règles qui se basent sur une approche sécuritaire, avec la criminalisation de la figure du migrant », conclut Ulrich Stege. « Et cela nuit aux droits fondamentaux qui devraient s’appliquer ».

      https://www.infomigrants.net/fr/post/55028/reforme-schengen--le-nouveau-code-rend-possible-les-refoulements-aux-f

    • Racial profiling and « internal pushbacks » in new Schengen borders legislation

      Statewatch is publishing the final compromise text of the revised Schengen Borders Code, which is due for adoption soon by the Council and the Parliament. The text has been heavily criticised for encouraging racial profiling through the increased use of police patrols and checks at internal borders in the Schengen area, as well as legitimating “internal pushbacks”, with the aim of avoiding the full-blown reintroduction of internal border controls.

      The proposed Regulation, which comes hot on the heels of other new legislation as part of the Pact on Migration and Asylum, has a number of goals, as explained in the compromise text document (pdf):

      a) establish a new mechanism which should allow for a timely adoption by the Council of a binding instrument setting out temporary travel restrictions at the external borders in case of a pandemic,

      b) address the instrumentalisation of migrants, where a third country actor is using human beings to destabilise the Union or its Member States,

      c) create a new mechanism allowing for a European response to problems affecting a majority of Member States at the same time and thus putting the overall functioning of the Schengen area at risk,

      d) clarify and expand the list of elements that must be assessed by a Member State when taking the decision on temporary reintroduction of border controls,

      e) provide that safeguards should always be applied, to limit the negative impact of the temporary reintroduction of border checks at internal borders, should this reintroduction be inevitable.

      The Platform for International Cooperation on Undocumented Migration has said that the text will increase the use of police checks at internal borders that will be based on “racial, ethnic, or religious characteristics,” whilst warning that it also legalises “the violent practice of ‘internal pushbacks’, which consists in apprehending and detaining people caught without a valid document near an internal border, and transferring them to the member state the police think the person came from without conducting an individual assessment.”

      The document includes an explanation from the Presidency of “the key elements of the compromise text”:

      – Travel restrictions – The definition and concept of “large-scale public health emergency” were agreed and the Parliament accepted that Member States can apply stricter measures than those agreed at EU level. A supplementary list of categories of travellers that could be exempted from travel restrictions was included from which categories of essential travellers could be added to Annex XI by means of an implementing act.

      – Alternative police measures – These measures are intended to enable Member States to avoid having to resort to the reintroduction of internal border controls. These provisions were largely maintained in the final agreement. This is an important element since it will expand the toolbox available to Member States to deal with threats before reintroducing internal border controls.

      – Transfer procedure – The procedure will take place in the context of a bilateral cooperation framework. Minors will not be exempted from the procedure, but procedural safeguards will be included.

      – Instrumentalisation – A cross-reference was made to the definition of instrumentalisation as contained in the Crisis Regulation

      – Attempt to cross the external border en masse and using force – The wording of a ruling of the European Court of Human Rights was maintained.

      – Reintroduction/prolongation of internal border controls – On the issue of a maximum duration for which Member States can reintroduce internal border controls, an agreement was reached for a total period of two years, with possibility of two additional prolongations of 6 months each. In the case of a situation putting at risk the overall functioning of the area without internal border controls that affects several Member States, the application of the provision will be restricted to large scale public health emergencies.

      https://www.statewatch.org/news/2024/february/racial-profiling-and-internal-pushbacks-in-new-schengen-borders-legislat

    • Asylum and migration reform: EU member states’ representatives green light deal with European Parliament

      Today, EU member states’ representatives (Coreper) approved the provisional deal that was reached between the Council presidency and the European Parliament on 20 December 2023, constituting a pact of five key laws which will reform the EU’s asylum and migration system.

      “The member states today confirmed their commitment to improve the European asylum and migration system. These new rules will make the European asylum system more effective and increase solidarity between member states. This agreement will fundamentally change the way in which we deal with migration and asylum on the ground, at the borders and within our territories. The agreement will not change the situation on the ground from day one after its adoption, but now we have to be fully committed to implement what we have decided.” (Nicole de Moor, Belgian State Secretary for Asylum and Migration)

      Pact on asylum and migration

      The five EU laws of the pact touch upon all stages of asylum and migration management.

      The update of the Eurodac regulation (the EU fingerprint database) will make it possible to better tackle irregular movements and monitor the paths of asylum seekers and persons in an irregular situation throughout the EU.

      The screening regulation’s aim is to strengthen controls of persons at external borders. It also ensures fast identification of the correct procedure – such as return to their country of origin or start of an asylum procedure – when a person enters the EU without fulfilling the right entry conditions.

      The asylum procedure regulation (APR) establishes a common procedure that member states need to follow when people seek international protection. It streamlines the procedural arrangements and sets standards for the rights of the asylum seeker. It introduces a mandatory border procedure, with the aim of quickly assessing at the EU’s external borders whether applications for asylum are unfounded or inadmissible.

      The asylum and migration management regulation (AMMR) will replace the current Dublin regulation. It sets out rules determining which member state is responsible for the examination of an asylum application. To balance the current system whereby a few member states are responsible for the vast majority of asylum applications, a new solidarity mechanism will be established. The new rules combine mandatory solidarity to support member states who cannot cope with the number of irregular arrivals into their territory with flexibility for member states as regards the choice of their contributions

      The fifth leg of the Pact is a new law that establishes a framework allowing member states to address situations of crisis in the field of asylum and migration. They would be authorised to adjust certain rules, for instance concerning the registration of asylum applications or the asylum border procedure. On the other hand these countries would be able to request solidarity and support measures from the EU and its member states.
      Reception conditions, qualification and resettlement

      The permanent representatives committee also gave the thumbs up to three asylum and migration laws on which Council and Parliament had already reached agreement in 2022. These three laws comprise a revision of the reception conditions directive, an update of the qualification regulation and a regulation establishing an EU resettlement framework.

      A return border regulation was also approved which allows the pact to apply to those European countries with differing Schengen rules.
      Next steps

      The laws approved today will have to be formally adopted by the European Parliament and the Council.

      Background

      The asylum procedure regulation, asylum and migration management regulation, Eurodac regulation, screening regulation and crisis regulation are components of the new pact on migration and asylum, which the Commission proposed on 23 September 2020.

      The reception conditions directive, qualification regulation and EU resettlement framework were proposed in 2016.

      https://www.consilium.europa.eu/en/press/press-releases/2024/02/08/asylum-and-migration-reform-eu-member-states-representatives-green-

  • « La ruée minière au XXIe siècle » : le #mensonge de la #transition_énergétique

    La transition énergétique telle qu’elle est promue par les entreprises, les institutions et les gouvernements partout dans le monde repose sur l’extraction d’une quantité abyssale de #métaux. C’est ce paradoxe que décortique la journaliste et philosophe #Celia_Izoard dans son essai intitulé La ruée minière au XXIe siècle, qui paraît cette semaine au Québec aux Éditions de la rue Dorion.

    « Pour régler le plus important problème écologique de tous les temps, on a recours à l’industrie la plus polluante que l’on connaisse », résume l’autrice en visioconférence avec Le Devoir depuis son domicile, situé en pleine campagne dans le sud-ouest de la France.

    Cette dernière examine depuis plusieurs années les impacts sociaux et écologiques des nouvelles technologies. Elle a notamment publié un livre sur la vie des ouvriers de l’entreprise chinoise Foxconn, le plus grand fabricant de produits électroniques au monde. Ironiquement, nos outils numériques font défaut au cours de l’entrevue, si bien que nous devons poursuivre la discussion par le biais d’une bonne vieille ligne téléphonique résidentielle.

    Les métaux ont beau être de plus en plus présents dans les objets qui nous entourent, dont les multiples écrans, l’industrie minière fait très peu partie de l’imaginaire collectif actuel, explique Mme Izoard d’un ton posé et réfléchi. « Je croise tous les jours des gens qui me disent : “Ah bon, je ne savais pas que notre système reposait encore sur la #mine.” Ça me conforte dans l’idée que c’était utile de faire cette enquête. Notre système n’a jamais autant reposé sur l’#extraction_minière qu’aujourd’hui. »

    L’extraction de métaux a déjà doublé en vingt ans et elle n’est pas en voie de s’amenuiser, puisque les #énergies dites renouvelables, des #batteries pour #voitures_électriques aux panneaux solaires en passant par les éoliennes, en dépendent. Elle est susceptible d’augmenter de cinq à dix fois d’ici à 2050, selon une évaluation de l’Agence internationale de l’énergie.

    « Électrifier le parc automobile français nécessiterait toute la production annuelle de #cobalt dans le monde et deux fois plus que la production annuelle de #lithium dans le monde. Donc soit cette transition prendra beaucoup trop longtemps et ne freinera pas le réchauffement climatique, soit elle se fera dans la plus grande violence et une destruction incroyable », rapporte l’autrice.

    On bascule d’une forme d’extraction, du pétrole, à une autre, des métaux. « Cela n’a pas plus de sens que d’essayer de venir à bout de la toxicomanie remplaçant une addiction par une autre », juge-t-elle.

    Une justification officielle

    Les pouvoirs publics ne semblent pas y voir de problème. Ils font largement la promotion de cette #ruée_minière, promettant le développement de « #mines_responsables ». La #transition est la nouvelle excuse pour justifier pratiquement tous les #projets_miniers. « Une mine de cuivre est devenue miraculeusement une mine pour la transition », souligne Mme Izoard. Pourtant, le #cuivre sert à de multiples usages au-delà de l’#électrification, comme l’électronique, l’aérospatiale et l’armement.

    C’est dans ce contexte que la journaliste est partie à la recherche de mines responsables. Elle s’est documentée, elle a visité des sites d’exploitation, elle a consulté des experts de ce secteur d’activité et elle a rencontré des travailleurs, tout cela en #France, au #Maroc, au #Suriname et en #Espagne.

    Malgré les engagements publics et les certifications de plusieurs #entreprises_minières envers des pratiques durables et les droits de la personne, Celia Izoard n’a pas trouvé ce qu’elle cherchait. Au cours de cette quête, elle a publié une enquête pour le média Reporterre au sujet d’une mine marocaine mise en avant par les constructeurs automobiles #BMW et #Renault comme étant du « #cobalt_responsable ». Or, il s’est avéré que cette mine empoisonne les sols à l’#arsenic, dessèche la #nappe_phréatique et cause des maladies aux travailleurs.

    « La #mine_industrielle est un modèle qui est voué à avoir des impacts catastrophiques à moyen et long terme. Ce n’est pas parce que ces entreprises sont méchantes et malhonnêtes, mais parce qu’il y a des contraintes physiques dans cette activité. Elle nécessite énormément d’#eau et d’énergie, elle occupe beaucoup d’espace et elle déforeste. »

    #Boues_toxiques et pluies d’oies sauvages

    Dans son livre, Mme Izoard décrit de nombreux ravages et risques environnementaux qui sont matière à donner froid dans le dos. Les premières pages sont notamment consacrées au phénomène du #Berkeley_Pit, une ancienne mine de cuivre devenue un lac acide causant la mort de milliers d’oies sauvages.

    « Rappelons-nous la rupture de digue de résidus de la mine de cuivre et d’or de #Mount_Polley en 2014, lors de laquelle 17 millions de mètres cubes d’eau chargée en #métaux_toxiques ont irréversiblement contaminé de très grandes superficies et des ressources en eau d’une valeur inestimable, a-t-elle souligné au sujet de cette catastrophe canadienne. Or, des bassins de résidus de même type, il y en a 172 rien qu’en #Colombie-Britannique, et les boues toxiques qui y sont stockées représentent l’équivalent d’un million de piscines olympiques. Malheureusement, avec le chaos climatique, les risques de rupture accidentelle de ces barrages sont décuplés. » Elle considère d’ailleurs que le Canada est « au coeur de la tourmente extractiviste ».

    Les gouvernements du #Québec et du #Canada soutiennent généralement que le développement minier sur leur territoire respectera des #normes_environnementales plus strictes, en plus d’utiliser de l’énergie plus propre. Cet argument justifierait-il l’implantation de nouvelles mines ? Non, estime Mme Izoard.

    « Aucun État puissant industriellement ne relocalise sa #production_minière ni ne s’engage à cesser d’importer des métaux. Ce qui est en train de se passer, c’est que les besoins en métaux explosent dans tous les domaines et que les entreprises minières et les États se sont mis d’accord pour créer des mines partout où il est possible d’en créer. Ce n’est pas parce qu’on accepte une mine dans sa région qu’il n’y aura pas de mine pour la même substance à l’autre bout du monde. » Il est peu probable, par exemple, que des batteries produites au Québec s’affranchissent totalement des métaux importés.

    Pour une #décroissance_minérale

    Celia Izoard estime plutôt qu’une grande partie des mines du monde devraient fermer, puisqu’elles sont situées dans des zones menacées par la sécheresse. Nous n’aurions alors pas d’autre choix que de nous engager dans une désescalade de la consommation de métaux, « une remise en cause radicale de la manière dont on vit ». Selon cette vision, il faudrait contraindre l’ensemble du secteur industriel à se limiter, tout comme on lui demande de réduire ses émissions de GES. Les métaux devraient être réservés aux usages alors déterminés comme étant essentiels. Les immenses centres de données, les avions, les VUS électriques et les canettes d’aluminium sont-ils nécessaires à la vie humaine ?

    « Il faut arrêter de se laisser intimider par le #déterminisme_technologique, soit l’idée que le #progrès suit cette direction et qu’on ne peut rien changer. Ce sont des choix idéologiques et politiques très précis avec du financement public très important. Il faut cesser de penser que les technologies sont inéluctablement déployées et qu’on ne peut pas revenir en arrière. »

    https://www.ledevoir.com/lire/806617/coup-essai-mensonge-transition-energetique
    #mines #extractivisme #terres_rares #pollution

  • L’#écriture_inclusive par-delà le #point_médian

    La #langue_inclusive est l’objet de vives polémiques, mais aussi de travaux scientifiques qui montrent que son usage s’avère efficace pour réduire certains #stéréotypes induits par l’usage systématique du #masculin_neutre.

    Où sont les femmes dans une langue où le #genre_masculin peut désigner à la fois le #masculin et le #neutre_générique_universel ? En effet, si vous lisez ici : « Les chercheurs s’intéressent aux discriminations de genre », comprenez-vous « chercheurs » en tant que « les hommes qui contribuent à la recherche » ou comme « les personnes qui contribuent à la recherche » ? Impossible de trancher.

    Sharon Peperkamp, chercheuse au sein du Laboratoire de sciences cognitives et psycholinguistique1 explique : « Il existe une #asymétrie_linguistique en #français où le genre masculin est ambigu et peut être interprété de deux manières, soit comme générique – incluant des personnes de tous genres, soit comme spécifique, incluant uniquement des hommes. Or, on sait depuis longtemps que ce phénomène peut induire un #biais_masculin qui peut avoir a des conséquences sur les #représentations. » Partant de ce postulat que les usages langagiers participent aux #représentations_sociales, les psycholinguistes ont voulu vérifier dans quelle mesure une modification contrôlée de ces usages, notamment par le recours à des tournures dites « inclusives », pouvait affecter certains #stéréotypes_de_genre.

    L’#inclusivité, la #langue_française connaît déjà !

    Un large mouvement a été engagé il y a déjà plusieurs décennies pour reféminiser les usages de langue et la rendre plus égalitaire, à travers l’usage de ce qu’on qualifie aujourd’hui d’ « écriture inclusive ». Mais cette dernière fait #polémique. Des #controverses qui se sont invitées jusqu’au Sénat : le mercredi 25 octobre 2023, la Commission de la culture, de l’éducation, de la communication et du sport a adopté la proposition de loi visant à interdire l’usage de l’écriture inclusive (https://www.senat.fr/dossier-legislatif/ppl21-404.html). Les parlementaires ont en effet estimé « que l’impossibilité de transcrire à l’oral les textes recourant à ce type de graphie gêne la lecture comme la prononciation, et par conséquent les apprentissages ». Jugeant, en outre, que « l’écriture inclusive constitue, plus généralement, une #menace pour la langue française ». Cependant, si tous les regards sont tournés vers l’#écrit et plus précisément vers le point médian, cet aspect-là ne constitue qu’une infirme partie des nombreuses #stratégies_linguistiques proposées pour rendre la langue moins sexiste, tant à l’oral qu’à l’écrit.

    Dans son guide (https://www.haut-conseil-egalite.gouv.fr/IMG/pdf/guide_egacom_sans_stereotypes-2022-versionpublique-min-2.p) « Pour une communication publique sans stéréotype de sexe », publié en 2022, le Haut conseil à l’égalité entre les femmes et les hommes (HCE) définit ainsi le #langage_égalitaire (ou non sexiste, ou inclusif) comme « l’ensemble des attentions discursives, c’est-à-dire lexicales, syntaxiques et graphiques qui permettent d’assurer une #égalité de représentation des individus ». Il signale que « cet ensemble est trop souvent réduit à l’expression “écriture inclusive”, qui s’est imposée dans le débat public mais qui ne devrait concerner que les éléments relevant de l’écriture (notamment les abréviations) ». Nous adopterons donc ici l’expression « langage inclusif » ou « langue inclusive » pour désigner les usages oraux et écrits qui permettent d’exploiter les ressources linguistiques à notre disposition pour noter les différents genres.

    « Ce n’est pas la langue française qui est sexiste, ce sont ses locuteurs et locutrices. Qui ne sont pas responsables de ce qu’on leur a mis dans la tête, mais de ce qu’elles et ils en font », affirme Éliane Viennot, professeure émérite de littérature. Ce que nous faisons aujourd’hui, c’est que l’on reféminise la langue. On ne la féminise pas, on la reféminise parce qu’elle a été masculinisée. En fait, il s’agit de la faire fonctionner comme elle sait faire. Tous les noms féminins de métiers, de fonctions sont là depuis toujours – sauf évidemment s’ils correspondent à des activités nouvelles. »

    Et de poursuivre : « Les #accords_égalitaires sont là. Depuis le latin, nous savons faire des #accords_de_proximité ou des #accords_de_majorité. Nous savons utiliser d’autres termes pour parler de l’humanité que le mot “homme”. Nous savons faire des #doublets – il y en a plein les textes anciens, notamment les textes réglementaires. C’est une question de #justesse, ce n’est pas une question de #féminisme. Nos ancêtres n’étaient pas plus féministes que nous ; simplement, ils utilisaient leur langue comme elle s’est faite, comme elle est conçue pour le faire ».

    Le langage inclusif en pratique

    De fait, le français met à notre disposition différentes #stratégies permettant une meilleure représentation des femmes et des minorités de genre dans ses usages. Il est possible de distinguer deux types de stratégies.

    D’une part, les stratégies dites « neutralisantes ». « Il s’agit, non pas d’utiliser du neutre tel qu’il est présent dans la langue aujourd’hui – puisque ce neutre est pensé comme masculin, mais de retrouver du #neutre, de retrouver du commun », expose Eliane Viennot. Cela passe notamment par le recours à des #termes_épicènes, c’est-à-dire des termes qui ne varient pas en fonction du genre comme « scientifique », « architecte », « artiste »… ou encore le pronom « #iel » qui est employé pour définir une personne quel que soit son genre (« les architectes ont reçu des appels à projet auxquels #iels peuvent répondre »).

    Cela passe aussi par l’usage de #mots_génériques tels que « personnes » ou « individus ». Également par des formules englobantes avec des #singuliers_collectifs : « l’équipe » (plutôt que « les salariés »), « l’orchestre » (plutôt que « les musiciens »), « la population étudiante » (plutôt que « les étudiants »), « bonjour tout le monde » (plutôt que « bonjour à tous »). Ou encore par des tournures en apostrophe (« Vous qui lisez cet article » au lieu de « Chers lecteurs ») et autres reformulations, avec, par exemple, le recours à des formulations passives : « L’accès à la bibliothèque est libre » plutôt que « Les utilisateurs ont librement accès à la bibliothèque »).

    D’autre part, les stratégies dites « féminisantes », qui reposent notamment sur la #féminisation des noms de métiers, de fonctions et de qualités : « professeur » = « professeure » ; « Madame le directeur » = « Madame la directrice » ; « L’écrivain Virginie Despentes » = « L’écrivaine Virginie Despentes ». Autre exemple, la #double_flexion, également appelée « #doublet », qui consiste à décliner à la fois au féminin et au masculin les mots : « les lecteurs de cet article » = « les lecteurs et les lectrices de cet article » ; « les auditeurs peuvent nous écrire à cette adresse » = « les auditeurs et les auditrices peuvent nous écrire à écrire à cette adresse ».

    Ces #stratégies_féminisantes englobent aussi les points médians (préférés aux barres obliques et aux parenthèses), qui sont des abréviations de la double flexion : « les lecteur·ices de cet article » ; « Les auditeur·ices », etc. À l’oral, à l’instar des abréviations comme « Dr » ou « Mme » que tout le monde lit « docteur » et « madame », ces termes se prononcent simplement « les lecteurs et les lectrices » ou les « auditeurs et les auditrices » (plus rarement « les lecteurices » ; « les auditeurices »).

    On y trouve également des modalités d’#accords_grammaticaux qui permettent de bannir la règle selon laquelle « #le_masculin_l’emporte_sur_le_féminin ». Les accords de proximité, ou #accords_de_voisinage, qui consistent en l’accord de l’adjectif, du déterminant et/ou du participe passé en genre avec le nom qui se situe au plus proche et qu’il qualifie. Par exemple : « Les auditeurs et les auditrices sont priées d’écrire à cette adresse » ; « Les policiers et les policières sont prêtes à intervenir ». Et les accords de majorité, qui consistent à accorder l’adjectif, le déterminant et/ou le participe passé avec le terme qui exprime le plus grand nombre, par exemple : « Les éditrices et l’écrivain se sont mises d’accord sur le titre du livre ».

    Si le recours à ces différentes stratégies constitue un marqueur social et culturel pour le ou la locutrice, il est loin de ne relever que de la simple posture et produit des effets concrets qui font l’objet de nombreux travaux de recherche.

    Pour le cerveau, le masculin n’est pas neutre

    Des psycholinguistes se sont ainsi penchés sur les différences entre usage du masculin générique, des formules neutralisantes et des formulations féminisantes comme l’usage d’un pronom ou d’un article féminin et la double flexion pour dire les noms de métiers et de fonctions.

    C’est notamment le cas de Sharon Peperkamp2 : « Nous avons fait lire à nos sujets un court texte portant sur un rassemblement professionnel et leur avons demandé d’estimer le pourcentage d’hommes et de femmes présents à ce rassemblement. Lorsqu’il s’agissait d’une profession non stéréotypée – c’est-à-dire exercée de manière égale par des hommes et des femmes – et lorsque nous avions recours au masculin dit “générique”, les sujets sous-estimaient la proportion de femmes dans le rassemblement. En revanche, lorsque nous utilisions une double flexion, les sujets estimaient un ratio correspondant au ratio effectif dans la société. »

    La chercheuse poursuit : « Lorsqu’il s’agissait d’une profession stéréotypiquement masculine, et que la double flexion était utilisée, la proportion de femmes par rapport à la réalité était en revanche surestimée. » Pour cette psycholinguiste, ces résultats confirment que « il est faux de dire que le langage inclusif ne sert à rien. Il permet au contraire de donner un vrai boost à la visibilité des femmes et permet d’attirer davantage d’entre elles dans des filières supposées masculines. » Elle rappelle, en outre, que des études ont montré que les femmes sont davantage susceptibles de postuler à des #annonces_d’emploi dans lesquelles l’écriture inclusive est utilisée.

    De son côté, Heather Burnett, chercheuse CNRS au Laboratoire de linguistique formelle3, a travaillé sur les différences de représentation engendrées par l’usage d’un article au masculin dit « générique » et d’un article au féminin sur les noms de métier épicènes4 : « L’usage du masculin générique, supposé neutre, engendre un biais masculin. Alors, le masculin est interprété comme référant aux hommes. » Par exemple, « le journaliste » est compris comme un homme exerçant la profession de journaliste.

    C’est aussi ce qu’ont mis en évidence, dans une étude parue en septembre 20235, les psycholinguistes Elsa Spinelli, Jean-Pierre Chevrot et Léo Varnet6. Ce dernier expose : « Nous avons utilisé un protocole expérimental permettant de détecter des différences fines concernant le temps de réponse du cerveau pour traiter le genre des mots. Lorsqu’un nom épicène non stéréotypé est utilisé avec un article également épicène (par exemple “l’otage”ou “l’adulte”), les participants ont largement tendance à l’interpréter comme masculin. Autrement dit, notre cerveau n’interprète pas le masculin comme neutre ». Suivant le même protocole, l’équipe s’est ensuite penchée sur l’usage du point médian. Pour Léo Varnet, les conclusions sont très claires : « L’usage du point médian permet de supprimer le biais de représentation vers le masculin. »

    On constate par ailleurs que l’écriture inclusive peut parfois rallonger le temps de #lecture. Ce qui est normal pour Heather Burnett : « Les mots les plus courts et les plus fréquents sont simplement lus plus rapidement ». De son côté, Léo Varlet souligne que si le point médian ralentit un peu la lecture au début d’un article, les sujets s’adaptent et retrouvent rapidement leur rythme de lecture habituel.

    Ces travaux, les tout premiers s’appuyant sur des expériences contrôlées de psycholinguistique et menés avec des sujets francophones, n’épuisent certainement pas le débat scientifique sur les effets cognitifs du langage inclusif. Mais ils indiquent clairement que le recours à certaines tournures inclusives – en particulier dans des stratégies dites « féminisantes » (re)mobilisant des ressources présentes depuis longtemps dans la langue française –, a bien l’effet pour lequel il est préconisé : réduire les stéréotypes de genre et augmenter la visibilité des femmes.♦

    https://lejournal.cnrs.fr/articles/lecriture-inclusive-par-dela-le-point-median

    • Le CNRS ne doit pas être une plateforme militante !
      (mis ici pour archivage...)

      TRIBUNE. Un collectif de 70 personnalités du monde académique appelle la direction du CNRS de corriger les « dérives militantes » de son équipe chargée de la communication.

      Chercheurs et enseignants-chercheurs, nous sommes très attachés au Centre national de la recherche scientifique (CNRS) et à la haute qualité des recherches qui y sont globalement menées en sciences humaines comme en sciences dures. Nous regrettons, du reste, le dénigrement trop fréquent dont cette institution fait l’objet de la part de personnes qui ne la connaissent pas.

      C’est la raison pour laquelle nous nous inquiétons que sa réputation soit ternie par le comportement militant de certains de ses représentants et sa communication. L’article publié dans le Journal du CNRS sous le titre « L’écriture inclusive par-delà le point médian » en est le dernier témoignage. Écrit par une journaliste qui a recueilli l’avis d’enseignants-chercheurs et de chercheurs favorables à l’usage de l’écriture et de la « langue » dites « inclusives », il y est donc entièrement favorable alors que cette forme est fortement controversée, y compris par des linguistes du CNRS.
      Hors cadre scientifique

      Certes, que trouver à redire à ce qu’un journaliste exprime un point de vue ? Rien, à condition du moins que celui-ci soit présenté comme tel et non comme un fait objectif. Mais dans le cas présent, cet article se trouve publié sur l’une des vitrines du CNRS, lui conférant un statut particulier : celui d’un fait scientifique avéré et estampillé par l’institution.

      D’ordinaire, Le Journal du CNRS fait part de découvertes scientifiques solidement étayées, que ce soit en sciences dures ou en sciences humaines. Mais c’est loin d’être le cas ici : l’écriture dite inclusive est un phénomène créé de toutes pièces par des militants, souvent liés au monde universitaire. Y a-t-il un sens à recueillir le point de vue exclusif des tenants de cette innovation militante pour présenter sur un site scientifique une conclusion qui lui est favorable ? La circularité de la démarche fait sortir du cadre scientifique qu’on est en droit d’attendre sur une vitrine de l’institution.

      Enfin, outre qu’il est partisan, l’article est malhonnête dans son propos comme dans ses illustrations. Ainsi, à aucun moment ne sont mentionnés les arguments émanant de chercheurs reconnus contre les prémisses qui ont conduit à l’élaboration de ce langage. L’article présente comme seuls opposants des politiciens et des syndicats de droite.
      Des débats politiques, pas scientifiques

      La communication du CNRS n’en est pas à son coup d’essai en la matière. Faut-il rappeler les déclarations de certaines des plus hautes instances affirmant en 2021 que l’islamo-gauchisme n’existe pas (seraient-elles aujourd’hui aussi péremptoires ?) ou cautionnant l’usage du concept d’« islamophobie » ? Vu l’absence de tout consensus scientifique sur ces deux sujets, ils relèvent d’un débat politique que l’administration du CNRS n’a pas vocation à trancher.

      Le CNRS est un haut lieu de la recherche publique : son journal et son site ne peuvent devenir l’instrument d’une faction militante, sous peine de se discréditer et, avec lui, les chercheurs qui ont à cœur de remplir leur mission scientifique. En conséquence, nous demandons à sa direction de prendre toutes les mesures nécessaires pour corriger ces dérives en exerçant un droit de regard sans complaisance sur le fonctionnement de sa communication. Il y va de la réputation de l’institution.

      *Cette tribune, signée par un collectif de 70 personnalités du monde académique, est portée par : Michel Botbol (professeur de psychiatrie, université de Bretagne occidentale) ; Bernard Devauchelle (professeur de chirurgie, université de Picardie Jules Verne) ; Dany-Robert Dufour (professeur de philosophie, université Paris-8) ; Nathalie Heinich (sociologue, DRCE CNRS, Paris) ; Catherine Kintzler (professeur de philosophie, université de Lille) ; Israël Nisand (professeur de médecine, université de Strasbourg) ; Pascal Perrineau (politologue, professeur des universités à Sciences Po) ; Denis Peschanski (historien, directeur de recherche au CNRS, Paris) ; François Rastier (directeur de recherche en linguistique, CNRS, Paris) ; Philippe Raynaud (professeur de science politique, université Panthéon-Assas) ; Pierre Schapira (professeur de mathématiques, Sorbonne université) ; Didier Sicard (professeur de médecine, université Paris-Cité) ; Perrine Simon-Nahum (directrice de recherche en philosophie, CNRS) ; Jean Szlamowicz (professeur en linguistique, université de Dijon) et Pierre-André Taguieff (philosophe et politiste, directeur de recherche au CNRS).

      Autres signataires :

      Joubine Aghili, maître de conférences en mathématiques, université de Strasbourg

      Michel Albouy, professeur de sciences de gestion, université de Grenoble

      Martine Benoît, professeur d’histoire des idées, université de Lille

      Sami Biasoni, docteur en philosophie

      Thierry Blin, maître de conférences (HDR) en sociologie, université de Montpellier-3

      Claude Cazalé Bérard, professeur de littérature italienne, université Paris-Nanterre

      Guylain Chevrier, formateur et chargé d’enseignement à l’université

      Jean-Louis Chiss, professeur en sciences du langage, université Sorbonne nouvelle

      Chantal Delsol, philosophe, membre de l’Académie des sciences morales et politiques

      Gilles Denis, maître de conférences HDR HC en histoire des sciences du vivant, université de Lille

      Albert Doja, professeur d’anthropologie, université de Lille

      Jean Dhombres, EHESS, histoire des sciences

      Laurent Fedi, MCF hors classe, faculté de philosophie de Strasbourg

      Jean Ferrette, docteur en sociologie

      Michel Fichant, professeur de philosophie, faculté des lettres, Sorbonne université

      Renée Fregosi, philosophe et politologue, professeur de l’enseignement supérieur

      Luc Fraisse, professeur de littérature française à l’université de Strasbourg, membre de l’Institut universitaire de France

      Marc Fryd, linguistique anglaise, maître de conférences HDR, université de Poitiers

      Jean Giot, linguiste, professeur de l’université, université de Namur, Belgique

      Geneviève Gobillot, professeur d’arabe et d’islamologie, université de Lyon-3

      Christian Godin, professeur de philosophie, université d’Auvergne

      Yana Grinshpun, maître de conférences en linguistique française, université Sorbonne nouvelle, Paris

      Claude Habib, professeur de littérature, université Sorbonne nouvelle, Paris

      Hubert Heckmann, maître de conférences en littérature et langue françaises

      Emmanuelle Hénin, professeur de littérature comparée à Sorbonne université

      Patrick Henriet, directeur d’études à l’École pratique des hautes études, Paris

      Mustapha Krazem, professeur des universités en sciences du langage, université de Lorraine-Metz

      Philippe de Lara, maître de conférences en philosophie et sciences politiques, université Paris-2

      Marie Leca-Tsiomis, professeur de philosophie, université Paris-Nanterre

      Dominique Legallois, professeur de linguistique française Sorbonne nouvelle

      Michel Messu, professeur des universités en sociologie

      Martin Motte, directeur d’études à l’École pratique des hautes études, Paris

      Robert Naeije, professeur de médecine, université libre de Bruxelles

      Franck Neveu, professeur des universités de linguistique française, Sorbonne université

      Françoise Nore, linguiste

      Laetitia Petit, maître de conférences, Aix-Marseille université

      Brigitte Poitrenaud-Lamesi, professeur d’italien, université de Caen

      Denis Poizat, professeur en sciences de l’éducation, université Lyon-2

      Florent Poupart, professeur de psychologie clinique et psychopathologie, université Toulouse-2

      André Quaderi, professeur de psychologie, université Côte d’Azur

      Gérard Rabinovitch, chercheur CNRS en sociologie, Paris

      François Richard, professeur de psychopathologie, université Paris-Cité

      Jacques Robert, professeur de médecine, université de Bordeaux

      François Roudaut, professeur de langue et littérature françaises (UMR IRCL, Montpellier)

      Claudio Rubiliani, maître de conférences en biologie, université Aix-Marseille et CNRS UA Paris-6.

      Xavier-Laurent Salvador, maître de conférences en langue et littérature médiévales, président du LAÏC

      Jean-Paul Sermain, professeur de littérature française, université de la Sorbonne nouvelle

      Daniel Sibony, philosophe, mathématicien, professeur des universités

      Éric Suire, professeur d’histoire moderne, Université Bordeaux-Montaigne

      Pierre-Henri Tavoillot, maître de conférences en philosophie, Sorbonne université

      Michel Tibayrenc, professeur de génétique, directeur de recherche IRD, Paris

      Vincent Tournier, maître de conférences à l’IEP de Grenoble, chercheur à Pacte-CNRS

      Dominique Triaire, professeur des universités de littérature française

      François Vazeille, directeur de recherche au Cern, physicien des particules

      Nicolas Weill-Parot, directeur d’études à l’École pratique des hautes études, Paris

      Yves Charles Zarka, professeur à l’université Paris-Cité, et ex-directeur de recherche au CNRS

      https://www.lepoint.fr/debats/le-cnrs-ne-doit-pas-etre-une-plateforme-militante-19-02-2024-2552835_2.php

    • La réponse du CAALAP (à la tribune publiée par les « 70 personnalités du monde académique »)

      La fausse neutralité des polémiques conservatrices contre la liberté académique

      Depuis quelques jours, la question de l’écriture inclusive fait à nouveau l’objet d’une levée de boucliers d’enseignant·es et de chercheur·euses qui s’accommodent agréablement des inégalités entre hommes et femmes, sous couvert de neutralité. Contre la police de la science, défendons la liberté académique !

      Depuis quelques jours, la question de l’écriture inclusive fait à nouveau l’objet d’une levée de boucliers d’enseignant.e.s et de chercheur.euse.s qui s’accommodent agréablement des inégalités entre hommes et femmes, sous couvert de neutralité. Ce ne sont rien moins que la section 17 du CNU (Conseil National des Universités), dédiée au suivi des carrières en philosophie, et le CNRS, qui font l’objet de l’opprobre et de la suspicion, sommés de s’amender pour sauver leurs réputations respectives.

      Dans une récente motion, la première propose de mettre en visibilité les violences sexuelles et sexistes, et de reconnaître l’engagement des chercheur.euse.s qui luttent contre ces violences :

      « Au moment de l’examen de l’évolution de la carrière, la section 17 du CNU s’engage à prendre en considération les responsabilités liées à l’instruction et aux suivis des violences sexistes et sexuelles, nous invitons les candidat·e·s aux promotions, congés et primes à l’indiquer expressément dans leur dossier. »

      Sur son blog, la philosophe Catherine Kintzler s’inquiète de la « prise en compte [des politiques d’égalité de genre] de manière aussi insistante dans le processus de recrutement ». Or la motion du CNU traite de « l’évolution de la carrière ». Car les recrutements ne sont pas du ressort du CNU : Catherine Kintzler l’aurait-elle oublié ?

      A cette inquiétude s’ajoute encore la crainte qu’une reconnaissance de ces éléments ne crée un biais fâcheux dans le monde de la recherche, favorisant certains terrains plutôt que d’autres, certain.e.s collègues plutôt que d’autres, alors que les carrières ne devraient tenir compte ni de de l’utilité sociale des travaux académiques, ni de l’implication du scientifique dans la cité. Mme Kintzler ne semble pas craindre pour autant que la non-reconnaissance et l’absence de prise en compte de ces éléments ne favorisent leur neutralisation, créant un biais en faveur des recherches qui occultent et invisibilisent ces violences.

      Se situant dans la ligne de celles et ceux qui présupposent que les chercheur.euse.s, quand ils et elles produisent des contenus, se situent sub specie aeternitatis, adoptant un point de vue de Sirius, elle réitère le fantasme d’une universalité émergeant « de nulle part », comme si cette dernière n’était pas le fruit de la discussion démocratique, du dissensus et de la mise en œuvre de formes de rationalité qui fabriquent de l’universel. Elle s’appuie également sur le mythe de la neutralité du scientifique, dont l’intégrité serait mise en péril par son existence en tant que citoyen.ne, ses activités associatives, son idéologie.

      Ainsi, vouloir inclure la part de l’humanité discriminée en raison de son appartenance de genre, poser cette question de l’égalité à même l’usage du langage, c’est faire preuve d’« idéologie ». Consacrer du temps à la lutte contre les violences sexuelles et sexistes, y compris dans son travail de recherche, y compris au sein de sa propre institution, c’est faire preuve d’« idéologie ». A l’inverse, invisibiliser ces violences, ce serait cela, la neutralité. Tenir les contenus académiques à l’abri du monde réel, se défendre d’aborder des enjeux politiques ou sociaux, c’est-à-dire s’en tenir au statu quo politique, s’accommoder des inégalités et cautionner des dispositifs d’oppression et de domination, bref, être un militant conservateur, être un militant réactionnaire, c’est cela, la neutralité. Comme si l’idéologie n’était pas le vecteur de toute pensée quelle qu’elle soit, et comme si la pensée se fabriquait hors des cadres théoriques et des contextes sociaux qui permettent son émergence.

      Dans le même temps, une tribune, réunissant les 70 signatures de chercheur.euse.s conservateur.rice.s, et parmi elles, de militant.e.s d’une laïcité identitaire, écrit son indignation face à la publication sur le Journal du CNRS, d’un article journalistique évoquant la sensibilité de nombreux.euse.s chercheur.euse.s à l’usage de l’écriture inclusive. Les auteur.rice.s de la tribune déplorent que seuls les arguments favorables à ce mode d’écriture soient présentés dans l’article, sans qu’y figurent les arguments de fond critiques de l’écriture inclusive – tout en admettant que le papier en question est un article journalistique et non pas académique ou scientifique.

      Mais tout à coup, on saute du coq à l’âne, et les auteur.rice.s de cette tribune ne résistent pas à passer de l’écriture inclusive à l’autre cheval de bataille que constitue pour eux l’ « islamo-gauchisme », appellation incontrôlable, créée en 2002 par Pierre-André Taguieff (signataire de cette tribune) pour stigmatiser les défenseurs des Palestiniens, puis revendiquée comme insulte par les militants d’extrême-droite et reprise en chœur par les dignitaires de la mouvance réactionnaire actuelle. Militant pour la reconnaissance d’une réalité du « phénomène islamogauchiste » – et niant symétriquement toute réalité au phénomène rationnellement étayé de l’islamophobie – ce groupuscule de chercheur.euse.s affirme sans ambiguïté son positionnement politique identitaire et réactionnaire. A rebours des méthodes les plus fondamentales des sciences sociales, il s’appuie sur le déni de la parole des premier.ère.s concerné.e.s par les discriminations, qui sont, elles et eux, véritablement « hors cadre scientifique », tenu.e.s en lisière, hors champ du monde académique, alors même que l’une des missions officielles des enseignant.e.s-chercheur.euse.s est de contribuer au dialogue entre sciences et société.

      Le sempiternel argument mobilisé par les auteur.rice.s considère que la défense progressiste de l’égalité et la lutte contre les discriminations relèvent du militantisme, alors que la défense conservatrice du statu quo inégalitaire consiste en une neutralité politique qui serait compatible avec la rigueur scientifique. Ainsi, toutes les positions autres que la position politique conservatrice et/ou réactionnaire des auteur.rice.s de la tribune se retrouvent disqualifiées et suspectes d’un mélange des genres entre savoirs et « idéologies », « hors cadre scientifique ».

      Nous, membres de la CAALAP, protestons contre ces tentatives de censure politique au nom de la neutralité, qu’il s’agisse de l’écriture inclusive ou des travaux documentant les discriminations, notamment racistes et islamophobes. Nous condamnons fermement les entraves à la liberté académique, d’autant plus choquantes quand elles émanent de chercheur·es, à la retraite ou non, qui prétendent faire la police de la science par voie de presse.

      https://blogs.mediapart.fr/caalap/blog/210224/la-fausse-neutralite-des-polemiques-conservatrices-contre-la-liberte

  • #Stanislas : face aux #mensonges de la direction, de nouveaux témoignages

    Homophobie, sexisme, absence d’éducation à la sexualité ou cours religieux obligatoires... Depuis la publication du rapport d’inspection, le directeur de cet établissement privé conteste toute dérive. D’anciens élèves rencontrés par Mediapart répondent.

    https://www.mediapart.fr/journal/france/270124/stanislas-face-aux-mensonges-de-la-direction-de-nouveaux-temoignages
    #lycée #sexisme #homophobie #témoignages #Amélie_Oudéa-Castéra #non-mixité #Frédéric_Gauthier #autoritarisme #catéchisme #rapport #rapport_d'inspection #Philippe_Ariño #homosexualité #manif_pour_tous #thérapie_de_conversion #avortement #anti-avortement #catholicisme #préjugés_sexistes #éducation_à_la_sexualité #contraception #catéchèse #prosélytisme

  • Ce que ça coûte de s’exprimer sur Israël-Palestine

    Personne ne devrait avoir à craindre de prendre la parole dans le champ médiatique, y compris pour exprimer des critiques à l’encontre de la politique israélienne. Pourtant chercheurs, journalistes ou responsables politiques préfèrent souvent ignorer le sujet, ou nuancer leur propos, plutôt que d’être la cible de la fachosphère et de ses relais institutionnels.

    Après mon récent passage sur France 5, dans l’émission « C ce soir », j’ai reçu beaucoup de messages de soutien, mais aussi quelques critiques et insultes. Rien de nouveau et tout cela aurait dû, comme à l’habitude, en rester là. Mais Florence Bergeaud-Blackler, dont les écrits lui ont valu le titre de « prophète » par Valeurs actuelles, a décidé de me prendre pour cible sur plusieurs tweets. En utilisant son statut de fonctionnaire au CNRS, elle multiplie les invectives et procès d’intention sur les réseaux sociaux, qui relèvent toujours davantage d’attaques personnelles que de critiques de fond. Dans mon cas, elle accuse France Télévisions de donner le micro à un « militant », un terme qui vise à disqualifier n’importe quel chercheur qui expose des analyses opposées aux siennes.

    Il n’en fallait pas plus, le soir-même, à Pascal Praud pour décider de diffuser un extrait de mon passage à France 5 dans son émission sur CNews, « L’heure des pros 2 », au plus fort de l’audience. Au programme : lecture des tweets de leur égérie et donner la parole à ses « chroniqueurs » pendant cinq minutes pour enfoncer le clou. Évidemment, les inconditionnels du soutien à Israël s’en sont donnés à cœur joie : dans l’objectif évident de me décrédibiliser, ils s’en prennent essentiellement à mon parcours, préférant partir sur le terrain personnel au détriment du fond. La rédaction de CNews avait pourtant jugé bon, à deux reprises en 2023, de me proposer d’intervenir sur leur plateau, ce que j’ai toujours refusé.

    Peu importe les fantasmes de ces gens, le statut de « chercheur indépendant », c’est-à-dire d’activités de recherche effectuées en dehors d’un cadre universitaire, est le seul au nom duquel je peux m’exprimer dans les médias. Il n’y a aucune usurpation, et si c’était le cas, mes propres contradicteurs sur les plateaux n’hésiteraient pas à me le rappeler. Du reste, je refuse de me soumettre aux injonctions à justifier mon parcours ou ma légitimité. Analyses d’archives, études de terrain et de données statistiques, entretiens et suivi d’acteurs de premier plan : mes écrits et travaux parlent pour moi, et j’attends de celles et ceux qui ne les partagent pas qu’on en débatte. Il ne devrait être question que de cela.

    Désigner une cible, l’harceler d’insultes et de menaces, faire taire en terrorisant : voici les méthodes de l’extrême droite islamophobe et des inconditionnels d’Israël, les deux ayant largement convergé sous Netanyahou. Naturellement, tout cela ne peut pas être déconnecté d’un climat plus global de censure et de restriction de toute parole critique de la politique de l’État d’Israël. Si j’en ai été cette semaine la cible, d’autres en ont fait l’expérience par le passé.

    C’est la principale raison qui m’a poussé à écrire cet article : mettre en lumière ces procédés, qui ne peuvent laisser indemne, et poussent nombre de chercheurs à s’autocensurer par peur d’être à leur tour victimes d’attaques personnelles. L’enjeu est donc profondément démocratique : en laissant de telles pratiques prospérer, la société risque à terme de plus en plus se priver des analyses et regards d’experts ou d’intellectuels reconnus, capables de proposer des clés de compréhension à des problématiques sensibles et de premier ordre.

    https://blogs.mediapart.fr/thomasvescovi/blog/280124/ce-que-ca-coute-de-s-exprimer-sur-israel-palestine

    #médias #libertés_académiques #fachosphère #réseaux_sociaux #attaques #militantisme #disqualification #recherche #Pascal_Praud #CNews #décrédibilisation #insultes #menaces #extrême_droite #censure #cible #autocensure #auto-censure
    –-
    voir aussi ce fil de discussion initié par @rumor :
    https://seenthis.net/messages/1038855

  • [En direct] Gaza : un centre de l’ONU visé à Khan Younès, sous le feu des frappes israéliennes
    https://www.rfi.fr/fr/moyen-orient/20240124-en-direct-guerre-%C3%A0-gaza-les-raids-a%C3%A9riens-se-poursuivent-%C3%

    Ce mercredi, un centre de l’ONU a été visé par des tirs de chars, puis a pris feu : au moins neuf personnes sont mortes, et 75 sont blessées selon les derniers bilans.

  • Le #règlement européen sur l’IA n’interdira pas la #surveillance_biométrique de masse

    Le 8 décembre 2023, les législateurs de l’#Union_européenne se sont félicités d’être parvenus à un accord sur la proposition de #règlement tant attendue relative l’intelligence artificielle (« #règlement_IA »). Les principaux parlementaires avaient alors assuré à leurs collègues qu’ils avaient réussi à inscrire de solides protections aux #droits_humains dans le texte, notamment en excluant la #surveillance_biométrique_de_masse (#SBM).

    Pourtant, malgré les annonces des décideurs européens faites alors, le règlement IA n’interdira pas la grande majorité des pratiques dangereuses liées à la surveillance biométrique de masse. Au contraire, elle définit, pour la première fois dans l’#UE, des conditions d’utilisation licites de ces systèmes. Les eurodéputés et les ministres des États membres de l’UE se prononceront sur l’acceptation de l’accord final au printemps 2024.

    L’UE entre dans l’histoire – pour de mauvaises raisons

    La coalition #Reclaim_Your_Face soutient depuis longtemps que les pratiques des SBM sont sujettes aux erreurs et risquées de par leur conception, et qu’elles n’ont pas leur place dans une société démocratique. La police et les autorités publiques disposent déjà d’un grand nombre de données sur chacun d’entre nous ; elles n’ont pas besoin de pouvoir nous identifier et nous profiler en permanence, en objectifiant nos #visages et nos #corps sur simple pression d’un bouton.

    Pourtant, malgré une position de négociation forte de la part du Parlement européen qui demandait l’interdiction de la plupart des pratiques de SBM, très peu de choses avaient survécu aux négociations du règlement relatif à l’IA. Sous la pression des représentants des #forces_de_l’ordre, le Parlement a été contraint d’accepter des limitations particulièrement faibles autour des pratiques intrusives en matière de SBM.

    L’une des rares garanties en la matière ayant apparemment survécu aux négociations – une restriction sur l’utilisation de la #reconnaissance_faciale a posteriori [par opposition à l’utilisation en temps réel] – a depuis été vidée de sa substance lors de discussions ultérieures dites « techniques » qui se sont tenues ces dernière semaines.

    Malgré les promesses des représentants espagnols en charge des négociations, qui juraient que rien de substantiel ne changerait après le 8 décembre, cette édulcoration des protections contre la reconnaissance faciale a posteriori est une nouvelle déception dans notre lutte contre la #société_de_surveillance.

    Quel est le contenu de l’accord ?

    D’après ce que nous avons pu voir du texte final, le règlement IA est une occasion manquée de protéger les #libertés_publiques. Nos droits de participer à une #manifestation, d’accéder à des soins de #santé_reproductive ou même de nous asseoir sur un #banc pourraient ainsi être menacés par une surveillance biométrique omniprésente de l’#espace_public. Les restrictions à l’utilisation de la reconnaissance faciale en temps réel et a posteriori prévues par la loi sur l’IA apparaissent minimes et ne s’appliqueront ni aux entreprises privées ni aux autorités administratives.

    Nous sommes également déçus de voir qu’en matière de « #reconnaissance_des_émotions » et les pratiques de #catégorisation_biométrique, seuls des cas d’utilisation très limités sont interdits dans le texte final, avec d’énormes lacunes.

    Cela signifie que le règlement IA autorisera de nombreuses formes de reconnaissance des émotions – telles que l’utilisation par la police de systèmes d’IA pour évaluer qui dit ou ne dit pas la #vérité – bien que ces systèmes ne reposent sur aucune base scientifique crédible. Si elle est adoptée sous cette forme, le règlement IA légitimera une pratique qui, tout au long de l’histoire, a partie liée à l’#eugénisme.

    Le texte final prévoit également d’autoriser la police à classer les personnes filmées par les caméras de #vidéosurveillance en fonction de leur #couleur_de_peau. Il est difficile de comprendre comment cela peut être autorisé étant donné que la législation européenne interdit normalement toute #discrimination. Il semble cependant que, lorsqu’elle est pratiquée par une machine, les législateurs considèrent de telles #discriminations comme acceptables.

    Une seule chose positive était ressorti des travaux techniques menés à la suite des négociations finales du mois de décembre : l’accord entendait limiter la reconnaissance faciale publique a posteriori aux cas ayant trait à la poursuite de crimes transfrontaliers graves. Bien que la campagne « Reclaim Your Face » ait réclamé des règles encore plus strictes en la matière, cela constituait un progrès significatif par rapport à la situation actuelle, caractérisée par un recours massif à ces pratiques par les États membres de l’UE.

    Il s’agissait d’une victoire pour le Parlement européen, dans un contexte où tant de largesses sont concédées à la surveillance biométrique. Or, les négociations menées ces derniers jours, sous la pression des gouvernements des États membres, ont conduit le Parlement à accepter de supprimer cette limitation aux #crimes_transfrontaliers graves tout en affaiblissant les garanties qui subsistent. Désormais, un vague lien avec la « #menace » d’un crime pourrait suffire à justifier l’utilisation de la #reconnaissance_faciale_rétrospective dans les espaces publics.

    Il semblerait que ce soit la #France qui ait mené l’offensive visant à faire passer au rouleau compresseur notre droit à être protégés contre les abus de nos données biométriques. À l’approche des #Jeux_olympiques et paralympiques qui se tiendront à Paris cet été, la France s’est battue pour préserver ou étendre les pouvoirs de l’État afin d’éradiquer notre anonymat dans les espaces publics et pour utiliser des systèmes d’intelligence artificielle opaques et peu fiables afin de tenter de savoir ce que nous pensons. Les gouvernements des autres États membres et les principaux négociateurs du Parlement n’ont pas réussi à la contrer dans cette démarche.

    En vertu du règlement IA, nous serons donc tous coupables par défaut et mis sous #surveillance_algorithmique, l’UE ayant accordé un blanc-seing à la surveillance biométrique de masse. Les pays de l’UE auront ainsi carte blanche pour renforcer la surveillance de nos visages et de nos corps, ce qui créera un précédent mondial à faire froid dans le dos.

    https://www.laquadrature.net/2024/01/19/le-reglement-europeen-sur-lia-ninterdira-pas-la-surveillance-biometriq
    #surveillance_de_masse #surveillance #intelligence_artificielle #AI #IA #algorithme

    voir aussi :
    https://seenthis.net/messages/1037288

  • La longue histoire de la ménopause
    https://www.lemonde.fr/idees/article/2023/12/22/la-longue-histoire-de-la-menopause_6207346_3232.html

    Je me réjouissais d’apprendre quelque chose sur la ménopause et que ce tabou soit levé, pour au moins prévenir les femmes. Bah, j’ai l’impression de repartir 100 ans en arrière avec cet article qui pleure la perte de séduction.

    Il me semblait pourtant que dans le deuxième sexe, Beauvoir (1949) fait l’apologie de la ménopause, dans le sens où le corps est enfin libéré de ses obligations essentialistes d’enfantement et d’attractivité. Elle en parle alors comme d’une nouvelle vie, d’être enfin à soi.

    #malegaze #paywall #aliénation

  • Non, le « #choc_des_civilisations » n’aide pas à comprendre notre époque

    Depuis le 7 octobre, les idées du professeur américain #Samuel_Huntington sont à nouveau vantées, au service d’un idéal de #repli_identitaire. Pourtant, ces thèses fragiles ont été largement démontées, sur le plan empirique comme théorique.

    C’est un des livres de relations internationales les plus cités au monde. Publié en 1996, trois ans après un article dans Foreign Affairs, Le Choc des civilisations a fourni un concept qui a proliféré dans le débat public. À la faveur de sa republication en poche aux éditions Odile Jacob, la journaliste et essayiste Eugénie Bastié a eu une révélation : son auteur, le politiste Samuel Huntington (1927-2008), était le prophète de notre époque. Sacrément épatée, elle affirme dans Le Figaro que « chaque jour, l’actualité donne raison » à ce livre « majeur ».

    Elle n’est ni la première ni la seule à le penser. À chaque attentat ou chaque guerre mettant aux prises des belligérants de religions différentes, la théorie est ressortie du chapeau comme une grille explicative. Depuis les massacres du Hamas du 7 octobre, c’est à nouveau le cas. Dans Le Point, Franz-Olivier Giesbert n’a pas manqué de la convoquer dans un de ses éditoriaux. Dans la plus confidentielle et vénérable Revue politique et parlementaire, un juriste s’est appuyé sur Huntington pour conclure tranquillement à « une certaine incompatibilité civilisationnelle entre Arabes et Israéliens et, partant, entre Orient et Occident ».

    Huntington pensait qu’avec la fin de la Guerre froide, les #facteurs_culturels allaient devenir prédominants pour expliquer la #conflictualité dans le système international. Il ajoutait que les risques de conflictualité seraient maximisés aux points de rencontre entre « #civilisations ». À l’en croire, ces dernières seraient au nombre de neuf. La #religion serait un de leurs traits distinctifs essentiels, parmi d’autres caractéristiques socio-culturelles ayant forgé, selon lui, des différences bien plus fondamentales que celles qui existent entre idéologies ou régimes politiques.

    De nombreuses critiques ont été faites aux thèses d’Huntington. Aujourd’hui, ces dernières sont largement considérées comme infirmées et inutilisables dans sa propre discipline. Elles ne sont plus reprises que par des universitaires qui ne sont pas spécialistes de relations internationales, et des acteurs politico-médiatiques qui y trouvent un habillage scientifique aux obsessions identitaires qui les habitent déjà.

    Il faut dire que dans la réflexion d’Huntington, la reconnaissance des #identités_civilisationnelles à l’échelle globale va de pair avec un rejet du multiculturalisme à l’intérieur des États. Eugénie Bastié l’a bien compris, se délectant des conclusions du professeur américain, qu’elle reprend à son compte : « La #diversité est bonne au niveau mondial, mortifère au niveau national. L’#universalisme est un danger à l’extérieur, le #multiculturalisme une #menace à l’intérieur. »

    Des résultats qui ne collent pas

    Le problème, c’est que les thèses d’Huntington ont été largement démontées, sur le plan empirique comme théorique. Comme l’a déjà rappelé Olivier Schmitt, professeur à l’Université du Sud au Danemark, des chercheurs ont « testé » les prédictions d’Huntington. Or ils sont tombés sur des résultats qui ne collent pas : « Les actes terroristes, comme les conflits, ont historiquement toujours eu majoritairement lieu – et continuent d’avoir majoritairement lieu – au sein d’une même civilisation. »

    Dans Philosophies du multiculturalisme (Presses de Sciences Po, 2016), le politiste Paul May relève que « les arguments avancés par Huntington pour justifier sa thèse du choc des civilisations ne reposent pas sur de larges analyses empiriques, mais plutôt sur une série d’anecdotes et d’intuitions ». Il dresse le même constat à propos des alertes angoissées d’Huntington sur le supposé moindre sentiment d’appartenance des #minorités à la nation états-unienne, notamment les Hispaniques.

    Huntington procède en fait par #essentialisation, en attribuant des #valeurs_figées à de vastes ensembles socio-culturels, sans prendre au sérieux leur #variabilité dans le temps, dans l’espace et à l’intérieur des groupes appartenant à ces ensembles. Par exemple, son insistance sur l’hostilité entre l’#Occident_chrétien et la #civilisation_islamique néglige de nombreux épisodes de coopération, d’influences mutuelles, d’alliances et de renversement d’alliances, qui ont existé et ont parfois répondu à des intérêts politico-stratégiques. Car si les #identités_culturelles ont bien un potentiel mobilisateur, elles sont justement intéressantes à enrôler et instrumentaliser dans une quête de puissance.

    Le « #déterminisme_culturaliste » d’Huntington, écrivait le professeur Dario Battistella dès 1994, « mérite une #critique approfondie, à l’image de toutes les explications unifactorielles en sciences sociales ». Au demeurant, les frontières tracées par Huntington entre les civilisations existantes reposent sur des critères peu clairs et discutables. Le chercheur Paul Poast a remarqué, dans un fil sur X, que ses choix aboutissent à une superposition troublante avec une carte des « races mondiales », « produite par Lothrop Stoddard dans les années 1920, [ce dernier étant connu pour être] explicitement un suprémaciste blanc ».

    Les mauvais exemples d’#Eugénie_Bastié

    Les exemples mobilisés par Eugénie Bastié dans Le Figaro illustrent toutes les limites d’une lecture outrancièrement culturaliste de la réalité.

    « Dans le cas du conflit israélo-palestinien, écrit-elle, l’empathie n’est plus dictée par des choix rationnels ou idéologiques mais par des appartenances religieuses et identitaires. » Il était toutefois frappant, avant le 7 octobre, de constater à quel point les États du monde arabe et musulman s’étaient désintéressés de la question palestinienne, l’un des objectifs du #Hamas ayant justement été de faire dérailler la normalisation des relations en cours. Et si la composante islamiste de l’identité du Hamas est indéniable, la situation est incompréhensible sans tenir compte du fait qu’il s’agit d’un conflit pour la terre, que d’autres acteurs palestiniens, laïques voire, socialisants, ont porté avant le Hamas.

    Concernant l’#Ukraine, Bastié explique qu’« entre un Ouest tourné vers l’Occident et un Est russophone, Huntington prévoyait trois scénarios : une Ukraine unie pro-européenne, la division en deux avec un est annexé à la Russie, une Ukraine unie tournée vers la Russie. On sait désormais que l’on s’achemine plus ou moins vers le deuxième scénario, le plus proche du paradigme du choc des civilisations. »

    Remarquons d’abord la précision toute relative d’une théorie qui « prédit » des issues aussi contradictoires. Soulignons ensuite que malgré tout, Huntington considérait bien que « si la #civilisation est ce qui compte, la probabilité de la #violence entre Ukrainiens et Russes devrait être faible » (raté). Pointons enfin la séparation caricaturale établie par l’essayiste entre les parties occidentale et orientale du pays. Comme l’a montré l’historien Serhii Plokhy, les agressions russes depuis 2014 ont plutôt contribué à homogénéiser la nation ukrainienne, « autour de l’idée d’une nation multilingue et multiculturelle, unie sur le plan administratif et politique ».

    Enfin, Bastié devait forcément glisser qu’Huntington a formulé sa théorie du choc des civilisations avant même les attentats du 11 septembre 2001, censés illustrer « la résurgence du conflit millénaire entre l’islam et l’Occident ».

    Reprenant sa critique du politiste américain à l’aune de cet événement, Dario Battistella a cependant souligné que « loin de constituer les prémices d’une bataille à venir entre deux grandes abstractions, #Occident et #Islam, les attentats du 11 septembre sont bien l’expression d’une forme pervertie de l’islam utilisée par un mouvement politique dans sa lutte contre la puissance hégémonique américaine ; quant aux bombardements américano-britanniques contre Al-Qaïda et les talibans, ce sont moins des croisades que des opérations de police, de maintien de la “pax americana”, entreprises par la puissance impériale et sa principale alliée parmi les puissances satisfaites de l’ordre existant. »

    À ces illustrations guère convaincantes du prophétisme de Samuel Huntington, il faut ajouter les exemples dont Eugénie Bastié ne parle pas, et qui ne collent pas non plus avec sa grille de lecture.

    Avec la tragédie du Proche-Orient et l’agression russe en Ukraine, l’autre grand drame historique de cette année s’est ainsi joué en #Arménie et en #Azerbaïdjan, avec le #nettoyage_ethnique du #Haut-Karabakh. Or si ce dernier a été possible, c’est parce que le régime arménien a été lâché par son protecteur russe, en dépit de populations communiant majoritairement dans le #christianisme_orthodoxe.

    Cet abandon, à laquelle la difficile révolution démocratique en Arménie n’est pas étrangère, a permis au dirigeant azéri et musulman #Ilham_Aliev de donner libre cours à ses ambitions conquérantes. L’autocrate a bénéficié pour cela d’armes turques, mais il a aussi alimenté son arsenal grâce à l’État d’Israël, censé être la pointe avancée de l’Occident judéo-chrétien dans le schéma huntingtonien interprété par Eugénie Bastié.

    Le côté « chacun chez soi » de l’essayiste, sans surprendre, témoigne en parallèle d’une indifférence aux revendications démocratiques et féministes qui transcendent les supposées différences civilisationnelles. Ces dernières années, ces revendications se sont données à voir avec force en Amérique latine aussi bien qu’en #Iran, où les corps suppliciés des protestataires iraniennes témoignent d’une certaine universalité du combat contre la #domination_patriarcale et religieuse. Cela ne légitime aucune aventure militaire contre l’Iran, mais rappelle que toutes les actions de soutien aux peuples en lutte pour leurs droits sont positives, n’en déplaise au fatalisme huntingtonien.

    On l’aura compris, la thématique du choc des civilisations n’aide aucunement à comprendre notre chaotique XXIe siècle. Il s’agit d’un gimmick réactionnaire, essentialiste et réductionniste, qui donne une fausse coloration scientifique à une hantise du caractère mouvant et pluriel des identités collectives. Sur le plan de la connaissance, sa valeur est à peu près nulle – ou plutôt, elle est la pire manière d’appeler à prendre en compte les facteurs culturels, ce qui souffre beaucoup moins la contestation.

    Sur le plan politique, la théorie du choc des civilisations est un obstacle aux solidarités à construire dans un monde menacé par la destruction de la niche écologique dont a bénéficié l’espèce humaine. Ce sont des enjeux de justice climatique et sociale, avec ce qu’ils supposent de réparations, répartition, redistribution et régulation des ressources, qu’il s’agit de mettre en avant à toutes les échelles du combat politique.

    Quant aux principes libéraux et démocratiques, ils méritent également d’être défendus, mais pas comme des valeurs identitaires opposées à d’autres, dont nous serions condamnés à vivre éloignés. L’universalisme n’est pas à congédier parce qu’il a servi d’alibi à des entreprises de domination. Quand il traduit des aspirations à la paix, à la dignité et au bien-être, il mérite d’être défendu, contre tous les replis identitaires.

    https://www.mediapart.fr/journal/culture-et-idees/231223/non-le-choc-des-civilisations-n-aide-pas-comprendre-notre-epoque
    #Palestine #Israël

    #Huntington

  • La #désinformation qui déstabilise la #démocratie

    « La désinformation est un bouton fantastique sur lequel appuyer pour déstabiliser les démocraties. C’est la #menace la plus sournoise. Parce que la démocratie fonctionne si on a accès à l’#information, pour pouvoir porter un jugement et participer au #débat_public ». C’est ainsi que le professeur adjoint en communication publique et politique à l’ENAP, Philippe Dubois, résumait le problème qui était au coeur du forum La démocratie au temps de la désinformation, tenu le 30 novembre à Montréal.

    La démocratie recule, soulignait d’ailleurs cette année un rapport du Varieties of Democracy Institute de l’Université de Göteborg (Suède) (https://v-dem.net/documents/29/V-dem_democracyreport2023_lowres.pdf), fruit d’une collaboration de près de 4000 experts de 180 pays. La désinformation, la #polarisation et l’#autocratisation se renforcent mutuellement.

    Avec l’ajout récent de la Thaïlande et du Mali, pour la première fois depuis plus de 20 ans, la liste des pays compte plus d’#autocraties que de démocraties : 5,7 milliards de personnes vivent dans des autocraties (72% de la population mondiale) contre 1 milliard de personnes pour les démocraties libérales —soit à peine 13%. Et près d’un tiers du premier groupe vit même au sein d’autocraties fermées (Chine, Iran, Myanmar et Vietnam, par exemple).

    Bref, le niveau de démocratie pour le citoyen mondial moyen est en recul, pour revenir au niveau de 1986. L’Europe de l’Est et l’Asie centrale, ainsi que l’Amérique latine et les Antilles, ont retrouvé leur niveau de la fin de la guerre froide.

    « C’est souvent un idéal que l’on prend pour acquis avec ses opportunités de délibération : presse libre, débats publics, et des institutions publiques pour faire fonctionner cela », avance Philippe Dubois. Ce « modèle le moins pire », comme l’aurait dit Churchill, « a bien souffert lors de la récente pandémie ». Avec ses mesures exceptionnelles et restrictives, la Covid-19 a vu reculer, de manière temporaire, certains droits et libertés. Cela a entaché la confiance dans les institutions démocratiques, et dans leurs acteurs, confiance qui n’était déjà pas si élevée avant la crise sanitaire.

    Or, les #réseaux_sociaux jouent eux aussi un rôle dans cette #régression. Peut-être parce qu’ils répercutent plus les #frustrations et la #colère que la #raison et les #nuances, il y aurait, semble-t-il, plus de cyniques et de mécontents qu’avant. Certaines tranches de la population s’avèrent aussi moins attachées à la démocratie, comme les jeunes, qui s’informent eux-mêmes davantage que les plus vieux par les algorithmes. « Cela ne signifie pas qu’ils rejettent la démocratie. Cela signifie plutôt qu’ils partagent davantage un type de contenu » qui la rejette, note le chercheur.

    L’École des médias de l’UQAM avait mandaté cet été la firme Léger pour sonder la population québécoise sur leurs perceptions sur des enjeux liés à la démocratie et à la désinformation. Le rapport montre que 25% de la population québécoise pense que les gouvernements cachent la réalité sur la nocivité des vaccins —18% pensent que c’est probable, alors que 8% pensent que c’est certain.

    C’est une #méfiance envers les institutions qui augmente, tout comme celle envers les #médias, car selon ce sondage, 44% de la population québécoise pense que les médias manipulent l’information qu’ils diffusent.

    En quête de #littératie_scientifique

    « Nous vivons une #crise_épistémologique avec une remise en question des #figures_d’autorité » constatait, lors du forum du 30 novembre, le professeur au département sciences humaines, lettres et communications de la TÉLUQ, Normand Landry. « Les gens parlent d’#esprit_critique mais c’est un mot galvaudé : où est notre capacité de se remettre en question et de changer d’idées et d’admettre nos erreurs ? »

    D’où l’importance de l’#éducation_aux_médias et de la littératie scientifique, soulignait-on dans ce forum organisé par les Fonds de recherche du Québec. Mélissa Guillemette, rédactrice en chef du magazine Québec Science, note que « moins de la moitié des Canadiens ont des bases solides en science (42%), c’est donc à mettre au premier plan. La littératie en santé au Québec reste elle aussi très faible chez 2 personnes sur 3 et pour 95% des 60 ans et plus, il s’avère même difficile de comprendre un médecin. »

    Les #jeunes ont particulièrement du mal à distinguer le #vrai du #faux. « Les adolescents ont du mal à reconnaître la désinformation. Ils manquent de bons critères d’évaluation pour juger de la qualité d’une bonne information », relève l’étudiante à la maîtrise en sciences de l’éducation de l’Université de Sherbrooke, Élise Rodrigue-Poulin.

    « Chez les enseignants aussi, le niveau de pensée critique varie souvent de faible à moyen. Et lorsque la nouvelle fait appel à trop d’#émotion, la plupart d’entre nous ne sommes plus capables de l’évaluer correctement », ajoute-t-elle.

    La solution serait de s’éduquer à reconnaître la désinformation, mais il faudrait aussi développer du contenu scolaire pour soutenir l’esprit critique chez les jeunes – et par ricochet, le personnel enseignant. Des éléments inclus dans le nouveau programme Culture et citoyenneté québécoise, vont dans ce sens.

    Ce serait toutefois insuffisant. « Le programme a plusieurs points positifs : donner des outils et des critères sur les informations et les médias, et l’explication de ce qu’est la démocratie. Comme enseignante, je trouve ça bon, mais il n’est pas obligatoire cette année et il a été présenté aux enseignants quelques jours avant la rentrée », explique Mme Rodrigue-Poulin. Il doit être implanté dans toutes les écoles en septembre 2024.

    Normand Landry renchérit : « Je salue l’adoption d’un programme mais je le pense moins sérieux dans le soutien à développer ce savoir. Depuis plus de 20 ans, l’#école développe du contenu d’éducation aux médias – par exemple, sur les compétences numériques, adopté en 2019 – mais sans se donner les conditions de déploiement et des ressources pour les enseignants. »

    La désinformation à gogo

    « Nous sommes dans une espèce de jungle et trouver la vérité, c’est un casse-tête. La désinformation, cela ne date pas d’hier mais c’est le volume qui augmente. », rappelle Nicolas Garneau, chercheur postdoctoral en informatique à l’Université de Copenhague.

    Et nous pouvons tous partager de la désinformation. Les réseaux sociaux sont conçus pour nous inviter à générer du contenu – « exprimez-vous », « posez des actions » – à partir de messages qui en appellent à nos #émotions.

    Il faut donc apprendre à se méfier des choix des #algorithmes et développer son esprit critique – « d’où ça sort ? », « quelle est la source de l’info ? »

    « Il ne faut pas oublier que ce sont des modèles économiques basés sur nos données. Ils enregistrent ce que l’on regarde et lorsqu’on s’exprime. Les plateformes exploitent nos #failles_psychologiques », rappelle Emmanuelle Parent, directrice générale et recherche du Centre pour l’intelligence émotionnelle en ligne (Le Ciel).

    Le professeur en journalisme à l’École des médias de l’Université du Québec à Montréal, Jean-Hugues Roy, s’intéresse plus spécifiquement à Facebook. Il remarque qu’il y a beaucoup de contenus viraux —et religieux— qui circulent. Qui plus est, en l’absence de véritables informations – en raison du blocage du contenu des médias par Meta – « il n’y a plus rien de pertinent. C’est un véritable marché aux puces de #contenus_viraux dont certains peuvent être toxiques. Cela peut prendre l’apparence de contenu journalistique, en ajoutant des éléments mensongers et trompeurs uniquement pour faire des clics. »

    Il est temps d’encadrer ces plateformes, poursuit-il. Une démarche entamée par le Canada avec le projet de loi C-18 qui vise à forcer les « géants du web » à indemniser les médias d’information —c’est ce projet de loi qui est la raison du boycottage des médias entrepris en ce moment par Meta au Canada.

    « Ce sont des entreprises privées et on s’attend à ce qu’elles prennent leurs responsabilités ou que les autorités le fassent. Nous avons une agence d’inspection des aliments au Canada, il est possible d’imaginer une agence d’inspection des réseaux sociaux alors que nos vies sont dessus et qu’ils font beaucoup d’argent avec nos données », pense M. Roy.

    Autrement dit, il faut un encadrement de ces outils par l’humain. « Leur raison d’être est de nous donner un coup de main, pas de décider à notre place », tranche encore Nicolas Garneau.

    https://www.sciencepresse.qc.ca/actualite/2023/12/15/desinformation-destabilise-democratie

  • Finland: Concern over right to seek asylum and need for human rights safeguards after full closure of Eastern land border

    In a letter addressed to the Minister of Interior of Finland, #Mari_Rantanen, published today, the Council of Europe Commissioner for Human Rights, Dunja Mijatović, raises concerns about the rights of refugees, asylum seekers and migrants following the temporary closure of Finland’s Eastern land border.

    While acknowledging concerns about the potential instrumentalisation by the Russian Federation of the movement of asylum seekers and migrants, “it is crucial that Council of Europe member states, even when dealing with challenging situations at their borders, react in a manner that fully aligns with their human rights obligations”, writes the Commissioner.

    The Commissioner expresses her concern that decisions to restrict and subsequently close access to the border may impact notably on the right to seek asylum, as well as the principle of non-refoulement and prohibition of collective expulsion. She asks for several clarifications on safeguards implemented and measures taken to ensure human rights protection, and to prevent a humanitarian crisis from unfolding in the context of worsening weather conditions at the border.

    The letter follows up on previous dialogue regarding legislative amendments allowing the Finnish government to restrict access to the border and concentrate applications for international protection at one or more crossing points.

    Read the Commissioner’s letter addressed to the Minister of Interior of Finland: https://rm.coe.int/letter-to-the-minister-of-interior-of-finland-concerning-the-human-rig/1680adab75

    https://www.coe.int/en/web/commissioner/-/finland-concern-over-right-to-seek-asylum-and-need-for-human-rights-safeguards-

    #Finlande #frontières #migrations #asile #réfugiés #fermeture_des_frontières #lettre #Russie

    • Il confine tra Russia e Finlandia è «un inferno fatto di ghiaccio».

      Il governo finlandese chiude i valichi di frontiera fino al 14 gennaio.

      Il 14 dicembre 2023, in una sessione straordinaria, il governo finlandese ha deciso la chiusura dell’intero confine orientale della Finlandia con la Russia. I valichi di frontiera di #Imatra, #Kuusamo, #Niirala, #Nuijamaa, #Raja-Jooseppi, #Salla, #Vaalimaa e #Vartius sono stati chiusi e lo saranno fino al 14 gennaio 2024. «Di conseguenza, le domande di protezione internazionale alle frontiere esterne della Finlandia saranno ricevute solo dai valichi di frontiera degli aeroporti e dei porti marittimi» ha comunicato il governo guidato da Petteri Orpo, entrato in carica il 20 giugno scorso.

      La decisione, motivata dalla difesa della sicurezza nazionale e l’ordine pubblico in Finlandia, è avvenuta nello stesso giorno in cui si erano riaperti due valichi di frontiera, dopo una prima chiusura di tutto il confine iniziata il 18 novembre 2023.

      Il governo di Helsinki accusa il governo russo di aver orchestrato l’arrivo dei richiedenti asilo ai valichi di frontiera come ritorsione per l’adesione del Paese nordico all’alleanza militare della NATO, formalizzata il 4 aprile scorso.

      «Questo è un segno che le autorità russe stanno continuando la loro operazione ibrida contro la Finlandia. È una cosa che non tollereremo», ha dichiarato la ministra dell’Interno Mari Rantanen.

      Intanto anche la Lettonia e la Lituania 2 stanno prendendo in considerazione l’idea di chiudere le loro frontiere.

      Per far fronte alla situazione sul confine orientale la guardia di frontiera ha chiesto supporto a Frontex (Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera), che aveva già inviato personale alla fine di novembre in Carelia settentrionale (una regione storica, la parte più orientale della Finlandia).

      Oltre alla sorveglianza del territorio, l’adesione della Finlandia alla Nato porterà alla costruzione di una recinzione sul confine con la Russia che è lungo 1.340 chilometri. L’opera richiede circa 380 milioni di euro e dai tre ai quattro anni di tempo per essere completata. Rappresenterà la struttura fisica di “protezione” più lunga tra il blocco dell’alleanza atlantica e la Federazione russa.

      I lavori di costruzione della barriera, che sarà situata sul confine sud-orientale per una lunghezza complessiva di circa 200 km, sono partiti con una prima recinzione pilota di circa 3 chilometri che è stata costruita a Pelkola.

      https://www.youtube.com/watch?v=8d_qVqN3yUo&embeds_referring_euri=https%3A%2F%2Fwww.meltingpot.org%

      Ora è iniziata l’implementazione della fase successiva, che prevede la costruzione di circa 70 chilometri di barriera ai valichi di frontiera e nell’area circostante nel periodo 2024-2025. La barriera, secondo quanto riporta la guardia di frontiera, è una combinazione di una recinzione, una strada adiacente, un’apertura libera da alberi e un sistema di sorveglianza tecnica. Quest’ultimo è definito come uno strumento importante per il controllo delle frontiere.

      In occasione della prima chiusura dei valichi di frontiera, avvenuta nel mese di novembre, diverse istituzioni e ONG hanno criticato questa scelta che compromette il diritto a chiedere asilo. Da Amnesty international all’UNHCR fino al Commissario per l’uguaglianza finlandese.

      Fra le prese di posizione anche quella della Commissaria per i diritti umani del Consiglio d’Europa, Dunja Mijatović, che in una lettera alla Ministra degli Interni finlandese, Mari Rantanen, ha ricordato che «è fondamentale che gli Stati membri del Consiglio d’Europa, anche in situazioni difficili alle loro frontiere, reagiscono in modo pienamente conforme ai loro obblighi in materia di diritti umani». Ha, inoltre, chiesto chiarimenti sulle salvaguardie attuate e sulle misure adottate per garantire la tutela dei diritti umani e per evitare che si verifichi una crisi umanitaria a causa del peggioramento delle condizioni meteorologiche.

      In un comunicato del mese di dicembre, Amnesty International 3 ha affermato che «chiedere asilo è un diritto umano. Il Ministro degli Interni Rantanen sta ignorando i richiedenti asilo e la loro situazione in modo disumano. Nel mondo ci sono più persone che sono state costrette a lasciare le loro case che mai, e limitare il diritto di chiedere asilo non è la risposta».

      L’organizzazione per i diritti umani ha sottolineato che dalle loro precedenti ricerche si è dimostrato che la chiusura delle frontiere ha aumentato la violenza e spinto le persone in cerca di asilo su rotte ancora più pericolose.

      «Nel profondo sono davvero disperato e spero solo che arrivino giorni migliori, il prima possibile. Mi sento come se vivessi in un inferno fatto di ghiaccio, dove la mia vita è arrivata a un punto in cui non c’è via d’uscita, la fine del mio lungo cammino da quando ho lasciato il mio Paese, la Siria». E’ la testimonianza di Nasser, siriano di 43 anni, raccolta da InfoMigrants 4.

      Secondo le informazioni diffuse dal governo finlandese la chiusura dei valichi di frontiera è prevista fino al 14 gennaio. Sarà da capire se questa decisione verrà prorogata e cosa ne è del diritto di asilo in Finlandia.

      1. Studentessa di lettere moderne a Padova. Proseguirò i miei studi con una magistrale in relazioni internazionali in quanto sono molto interessata alla politica, internazionale e al sociale
      2. Border Closure Raises Fears Among Latvia, Lithuania and Estonia, Ecre (15 dicembre 2023)
      3. Il comunicato stampa (finlandese)
      4. Stuck at the Russian-Finnish border: ‘I feel that I will die here, in the cold’, Michaël Da Costa – InfoMigrants (4 dicembre 2023)

      https://www.meltingpot.org/2024/01/il-confine-tra-russia-e-finlandia-e-un-inferno-fatto-di-ghiaccio

      #sécurité_nationale #ordre_public #Frontex #murs #barrières_frontalières #Pelkola #technologie #asile #droit_d'asile

    • Entre 2 000 et 3 000 migrants massés à la frontière russo-finlandaise, toujours fermée

      Entre 2 000 et 3 000 exilés sont actuellement bloqués à la frontière russo-finlandaise, fermée totalement depuis décembre 2023 et jusqu’en février prochain. Helsinki accuse Moscou d’avoir orchestré cet afflux de migrants pour déstabiliser la Finlande, après son adhésion à l’OTAN en avril dernier. Les relations diplomatiques entre les deux pays n’ont cessé de se dégrader depuis l’offensive russe en Ukraine en 2022.

      La pression migratoire s’accroît à la frontière russo-finlandaise. Entre 2 000 et 3 000 migrants sont actuellement bloqués dans la zone frontalière, depuis la fermeture totale de la frontière finlandaise orientale en décembre 2023.

      Le pays scandinave reproche à la Russie de laisser passer délibérément un flux de migrants sur le sol finlandais, à des fins politiques, pour ébranler l’Union européenne (UE). De son côté, le Kremlin nie et rejette ces accusations.

      Selon Le Monde, la plupart des migrants sont entrés légalement en Russie avant de bénéficier de la complicité d’agents de police russes pour les déposer à la frontière finlandaise qu’ils franchissent en vélo, le franchissement à pied étant interdit.

      D’après Euronews, les exilés payent jusqu’à 6 000 euros les passeurs pour atteindre la frontière finlandaise. Dans un témoignage aux Observateurs de France 24, un passeur a également expliqué soudoyer des garde-frontières finlandais pour laisser passer les migrants : « On donne 500 dollars [457 euros, ndlr] aux garde-frontières par migrant ». Depuis la fermeture de la frontière, les passages réussis sont cependant plus rares - voire impossibles. La semaine dernière, quatre migrants ont été interpellés par les garde-frontières finlandais à Parikkala, en Carélie du Sud, alors qu’ils tentaient de franchir la frontière.
      Volume inhabituel de demandeurs d’asile

      Depuis début août 2023, les autorités finlandaises assure que près de 1 000 demandeurs d’asile sans-papiers, originaires de Somalie, du Yémen ou encore d’Irak, se sont présentés aux postes-frontières séparant les deux pays, pour entrer en Finlande. Un volume inhabituel pour le petit pays nordique de 5,5 millions d’habitants, qui comptabilise d’ordinaire plutôt une dizaine de demandeurs d’asile chaque mois à cette frontière.

      En réponse à ces mouvements de population, la Finlande a renforcé ses patrouilles le long de sa frontière. Elle a fait état sur X (ex-Twitter) de « plus de patrouilles que d’habitude, un contrôle technique plus étendu et un équipement plus polyvalent que d’habitude pour les patrouilles ». L’agence des garde-côtes européenne Frontex a également déployé 55 agents à la frontière finlandaise début décembre.

      https://twitter.com/rajavartijat/status/1747196574554349673

      La Finlande a, par ailleurs, entamé en février 2023 la construction d’une clôture de trois mètres de hauteur sur 200 km à sa frontière avec la Russie, longue de 1 340 km, pour anticiper les futurs mouvements de populations.
      Détérioration des relations entre la Finlande et la Russie

      Helsinki accuse aussi le Kremlin de lui faire payer le prix de sa coopération militaire avec les États-Unis. Le 18 décembre dernier, Washington a signé un accord lui permettant d’accéder à 15 bases militaires en Finlande, et d’y prépositionner du matériel.

      Pendant des années, la Finlande a refusé de rejoindre l’Organisation du traité de l’Atlantique nord (OTAN) pour éviter de contrarier son voisin russe. Mais les relations entre les deux pays se sont progressivement dégradées depuis l’invasion russe en l’Ukraine, en février 2022. En avril 2023, la Finlande a finalement rejoint l’OTAN, craignant que l’offensive russe ne s’étende à d’autres pays limitrophes. De son côté, Vladimir Poutine a accusé les Occidentaux d’avoir « entraîné la Finlande dans l’Otan » et affirmé que cette adhésion allait créer des « problèmes » là où il n’y « en avait pas ».


      https://www.infomigrants.net/fr/post/54531/entre-2-000-et-3-000-migrants-masses-a-la-frontiere-russofinlandaise-t

    • Finland extended the closure of crossing points at the border with Russia until at least mid-April yesterday.

      This also means that no asylum applications can be submitted there.

      🇫🇮 first started closing the border in November, after the arrival of hundreds of asylum seekers.

      https://twitter.com/InfoMigrants/status/1755974773224378457

    • Face à la menace russe, le virage vers l’ouest de la Finlande

      Helsinki accuse Moscou d’envoyer des migrants à la frontière entre les deux pays, une « #attaque_hybride » en réponse à son adhésion à l’Otan. La fin des échanges, amorcée dès l’épidémie de Covid, transforme la vie locale, mais le pays reste décidé à regarder vers l’Ouest.

      Le capitaine Jyrki Karhunen marche seul au milieu d’une nationale enneigée du sud-est de la Finlande. Celle-ci mène au poste-frontière d’Imatra, désert, dans la région de Carélie du Sud. La Russie n’est qu’à quelques kilomètres, cachée derrière les vastes forêts de pins, de sapins et de bouleaux.

      « Aujourd’hui, il ne se passe plus rien ici, c’est paisible », explique Jyrki Karhunen. Ce matin de février, seul un SUV de touristes s’introduit dans le paysage figé. « Il est impossible de passer côté russe », indique le capitaine à ces Finlandais en doudoune et lunettes de soleil miroirs. Pour cela, il faut maintenant transiter par l’Estonie ou la Turquie, à plus de 2 000 kilomètres.

      En novembre, le gouvernement d’Helsinki a en effet fermé la totalité de sa frontière orientale avec la Russie, longue de 1 340 kilomètres. Ses points de passage resteront fermés au moins jusqu’au 14 avril, à l’exception d’une entrée ouverte au fret. La Finlande, voisine de la Norvège et de la Suède au nord, ouverte sur la mer Baltique à l’ouest et au sud, se coupe ainsi totalement de la Russie, son unique voisine à l’est.

      Avant la pandémie de Covid et l’invasion de l’Ukraine par Moscou en 2022, 9 millions de personnes franchissaient chaque année cette longue frontière peu habitée où règne la taïga. Les commerciaux y transportaient le bois des riches forêts et ses produits dérivés. Les 90 000 Russes de Finlande retournaient voir leurs proches. Les touristes russes affluaient sur les rives du grand lac Saimaa, dépensant chaque jour 1 million d’euros dans la région de Carélie du Sud.

      Mais l’attaque russe en Ukraine a progressivement affecté ces passages. La Finlande a cessé d’octroyer des visas touristiques aux Russes. Les entreprises locales et russes ont cessé leurs collaborations.
      Un pays neutre jusqu’en 2022

      La fermeture totale de la frontière est finalement tombée fin 2023, en raison d’une « attaque hybride » de Moscou, selon les termes du gouvernement finlandais. La Russie envoie volontairement des migrants à la frontière, accuse Helsinki. L’opération « hybride » serait une réponse de Moscou à l’entrée de la Finlande dans l’Otan, en avril 2023.

      La Finlande, officiellement neutre militairement jusqu’en 2022, était une zone stratégique manquante sur le flanc oriental de l’Alliance atlantique. L’adhésion du pays le plus septentrional de l’UE bouscule la donne militaire de la Baltique à l’Arctique. Le Kremlin avait vite annoncé qu’il prendrait des « contre-mesures ».

      Marko Saareks, adjoint à la direction opérationnelle des gardes-frontières, ne « croi[t] pas à une intervention armée russe à la frontière dans l’immédiat ». Mais « la déstabilisation migratoire » est la principale pression, dit-il.

      Entre août et novembre 2023, environ 1 300 exilés irakiens, syriens, afghans, yéménites ou d’autres pays d’Asie ou d’Afrique sont arrivés via la Russie, des hommes pour la plupart et quelques familles. Ils ont été « aidés et escortés ou transportés jusqu’à la frontière par les gardes-frontières russes », affirme le premier ministre, Petteri Orpo.

      Les arrivées « restent faibles », concèdent les autorités finlandaises, proportionnellement à celles d’autres pays aux frontières externes de l’UE, comme la Grèce. Mais elles sont « inhabituelles » dans ce pays nordique de 5,5 millions d’habitant·es, loin d’être situé sur une route migratoire fréquentée.
      La crainte de l’espionnage

      « Des migrants attendent de l’autre côté. Ils viendront très probablement dès que nous ouvrirons la frontière. Notre crainte est qu’il y ait des espions parmi eux, précise Marko Saareks. Des migrants sont surveillés par Moscou. Les services de renseignement des consulats russes ont quitté la Finlande. Nous soupçonnons Moscou de vouloir renvoyer des agents. »

      Pour être sûre de « contrôler les flux migratoires », poursuit-il, la Finlande construit également une barrière antimigrants de 200 kilomètres de long. Dissimulés derrière les hauts arbres près du poste-frontière d’Imatra, des poteaux d’acier hauts de 3 mètres sortent de la terre gelée. Le chantier, à l’arrêt pendant l’hiver, où le mercure descend jusqu’à − 25 °C, ne doit s’achever qu’en 2026.

      Aujourd’hui, rares sont les exilés qui franchissent la frontière fermée. Un seul y est parvenu, frigorifié, mi-février. Il a été envoyé dans l’un des centres de rétention ou d’accueil du pays. Celui de Joutseno, une ancienne prison rénovée perdue entre les bouleaux, à une quinzaine de kilomètres de la frontière, héberge une centaine de réfugié·es.

      « Nous ne sommes pas utilisés comme armes par Moscou, personne ne m’a poussé vers la Finlande, c’est mon choix, se défend Moayad Salami, un Syrien venu en novembre, qui parle ouvertement à la presse. C’était pour moi le chemin le plus accessible pour rejoindre l’UE. » Pour cet avocat, « depuis que cette frontière est fermée, les réfugiés tentent leur chance ailleurs ». Mais lui raconte une traversée « facile ».

      Il a d’abord acheté un visa russe 2 700 euros à des passeurs pour rejoindre la Russie. Il envisageait de tenter un passage en Pologne via le Bélarus, « mais c’était trop dangereux » au Bélarus, dit-il. Moayad a alors payé des passeurs pour rejoindre la frontière finlandaise en taxi depuis Saint-Pétersbourg, à 160 kilomètres d’ici.

      Avant 2022, un filtrage aux postes-frontières était censé être opéré selon un accord tacite entre la Russie et la Finlande. « Les gardes-frontières russes m’ont laissé partir sans problème, relate Moayad. Mais ils m’ont forcé à leur acheter un vélo à 270 euros pour traverser. » Il ajoute : « Des gardes-frontières russes m’ont ensuite suivi en voiture à distance, pour être sûrs, j’imagine, que je partais bien du pays. »

      Comme lui, plusieurs exilés interrogés assurent avoir été contraints d’acheter à un prix trop élevé des vélos « de mauvaise qualité, qui ne valaient même pas 15-20 euros », à des gardes-frontières ou à leurs « complices ».

      D’autres réfugiés expliquent être restés quelque temps en Russie avant de rejoindre la Finlande. Viku*, un ressortissant pakistanais qui ne souhaite pas donner son nom, a ainsi vécu deux ans à Saint-Pétersbourg. « J’ai étudié les technologies de l’information, je ne trouvais pas d’emploi dans mon secteur et je me sentais harcelé par les autorités. Alors je suis venu en Finlande pour travailler. On dit que c’est le pays où l’on est le plus heureux au monde ! », sourit-il.

      Samir*, un Afghan de 23 ans, en doute, tant le temps s’écoule lentement dans le centre isolé. Étudiant en Russie, il a fui après l’expiration de son visa, « de peur d’être renvoyé en Afghanistan sous la coupe des talibans ». Comme la majorité des réfugiés ici, il attend un entretien qui ne vient pas pour sa demande d’asile.

      « Ces personnes viennent de pays en tension, ou en guerre, comme le Yémen et la Syrie, et sont pour la plupart éligibles à l’asile. Il est absurde de les considérer soudain comme les armes d’une opération hybride, déplore Pia Lindfors, directrice du Centre finlandais de conseil pour les réfugiés, à Helsinki. S’ils étaient des espions, comme l’ont suggéré certaines autorités et hommes politiques, ils ne seraient pas arrivés en tant que demandeurs d’asile. Ils ne seraient pas isolés dans des camps comme ils le sont actuellement. »

      Pia Lindfors déplore la fermeture de cette frontière, contraire au droit d’asile. Tout comme le discours radicalement antimigrants, porté par le Parti des Finlandais, qui gagne du terrain. Cette force politique d’extrême droite a placé ses membres à des postes clés du gouvernement de Petteri Orpo, formé en juin 2023. Celui-ci comprend des membres de quatre partis : la Coalition nationale, présidée par Petteri Orpo, le Parti populaire suédois de Finlande, les chrétiens-démocrates et le Parti des Finlandais. Ce dernier parti extrémiste affiche de longue date son hostilité à l’immigration, qu’il juge « préjudiciable aux finances et à la sécurité ».

      La politique de défense se mélange aujourd’hui à la politique migratoire, au nom de la « sécurité nationale ». La tendance se retrouve dans d’autres pays de l’UE. La Pologne, à titre d’exemple, est accusée de bafouer les droits des demandeurs et demandeuses d’asile à sa frontière avec le Bélarus, qu’elle accuse aussi de « guerre hybride ». Mais ces dérogations d’accès à l’asile pourraient devenir légales à l’échelle européenne, alertent des ONG : la Commission européenne discute de mesures exceptionnelles à mettre en place en cas de « situations d’instrumentalisation de l’immigration ».
      Une logique de « dissuasion »

      La pression migratoire est-elle la seule « menace russe » qui pousse à la fermeture totale de la frontière ? La Baltique, qui borde la Finlande, est un point de tension. Le sabotage des gazoducs Nord Stream, en 2022, n’a toujours pas été élucidé. La Russie a lancé en août des manœuvres navales et aériennes dans cette vaste mer, baptisées « Bouclier océanique 2023 ». Enfin, en décembre, Vladimir Poutine a déclaré : « Il n’y avait aucun problème [à la frontière finlandaise], mais il y en aura maintenant, car nous allons créer le district militaire de Léningrad et y concentrer un certain nombre d’unités. »

      « En Finlande, nous n’avons pas peur de Poutine, mais nous surveillons de près ses actions, déclare avec assurance Pekka Toveri, un député du parti de la Coalition nationale. Comme lui, six anciens militaires siègent aujourd’hui dans l’hémicycle de 200 député·es, un nombre inédit.

      Pekka Toveri étale les atouts militaires d’une Finlande « qui est prête » en cas d’attaque. « Nous avons une bonne armée, 12 000 soldats et quelque 870 000 réservistes, nos entreprises sont prêtes à contribuer à l’effort de guerre », expose l’ancien officier qui veut maintenant « participer au défi d’adhésion à l’Otan ». Environ 60 à 65 % de la population y était réticente avant le conflit ukrainien, « mais la grande majorité y est favorable depuis la guerre en Ukraine », plaide-t-il.

      Partisan d’un engagement sans limite dans l’Alliance atlantique, le président élu en février et investi le 1er mars, Alexander Stubb, est maintenant prêt à autoriser le stockage et le transport d’armes nucléaires sur le territoire. Parallèlement, Helsinki a renforcé sa coopération militaire avec les États-Unis, autorisant l’armée américaine à accéder à quinze installations et zones finlandaises.

      Le virage vers l’ouest est indispensable, considère Pekka Toveri. « Nous connaissons bien les Russes, nous savons que la technique du bâton est celle qui fonctionne le mieux. Il faut rester ferme, la plainte ne fonctionne pas », détaille-t-il, basant son analyse sur un siècle de relations avec le voisin russe.

      La Finlande a fait partie de l’empire russe jusqu’en 1917, avant d’être indépendante. Elle n’a jamais appartenu à l’Union des républiques socialistes soviétiques (URSS). Mais l’attaque de la Finlande par les Soviétiques en 1939, dite guerre d’hiver, a marqué les esprits. « Nous savions que Moscou était capable de nous menacer. Notre principe de neutralité [revendiqué depuis la fin des années 1940 – ndlr] était comme une politique du Yin et du Yang, estime Pekka Toveri. Nous avions une politique de bon voisinage mais nous étions prudents et avions une bonne défense. Nous avons par exemple construit des bunkers capables d’abriter 900 000 personnes depuis le début de la guerre froide. »

      Pour Heikki Patomaki, professeur de relations internationales à l’université d’Helsinki, une mentalité basée sur une « croyance presque exclusive dans la dissuasion et à travers la militarisation rapide de la société » s’intensifie depuis 2022.

      À la chute de l’URSS, surtout, les liens des deux pays s’étaient réchauffés : « Le non-alignement militaire persistant et les nombreuses formes de commerce et de coopération avec la Russie ont facilité de bonnes relations, au moins jusqu’à l’invasion de la Crimée en 2014 et, d’une certaine manière, jusqu’en 2021-2022, note-t-il. Rompre tout dialogue et continuer dans cette logique pourrait être dangereux. Nous avons une longue histoire avec la Russie et ne pouvons pas appliquer cette solution simple à une relation complexe. La Russie ne va pas disparaître et nous avons également un futur avec elle. »

      Signe que la situation est incertaine, les officiels l’accordent : la fermeture de la frontière ne peut être définitive. « Ce n’est pas notre but. Nous avons des échanges commerciaux et une diaspora russe, souligne l’adjoint à la direction opérationnelle des gardes-frontières, Marko Saareks. Mais nous cherchons encore les solutions pour l’ouvrir sans risques. »

      https://www.mediapart.fr/journal/international/010324/face-la-menace-russe-le-virage-vers-l-ouest-de-la-finlande

      #Joutseno #Imatra

    • Finland decides to close border with Russia indefinitely

      The Finnish government has decided to keep the border with Russia closed “until further notice,” Finland’s Interior Ministry reported on April 4.

      Finland closed its border with Russia in late November 2023 after Russia orchestrated an influx of migrants as a way to pressure Helsinki.

      In November alone, around 900 asylum seekers from countries like Kenya, Morocco, Pakistan, Somalia, and Yemen entered Finland from Russia.

      Finland decided in February to keep the border closed until April 14, but the latest decision means that the border crossing will remain shut until the risk of “instrumentalized migration” falls, the Interior Ministry said.

      “The threat assessment is the same and also the assessment that if the border stations were to be opened, it would probably have led to the same situation as before, when they were opened,” Prime Minister Petteri Orpo said in parliament, according to Finnish newspaper Helsingin Sanomat.

      Finland’s government also decided to close several crossing points for maritime traffic to leisure boating due to concerns that Russia may encourage migrants to reach Finland by sea or over lakes.

      “This would be dangerous for people trying to land and would put a burden on sea rescue,” the Interior Ministry said.

      Russia’s strategy of sending asylum seekers to Finland’s eastern border was similar to the situation at the border between Belarus and Poland in 2021, when Minsk encouraged thousands of asylum seekers from the Middle East and Africa to try to reach the EU via the Polish border.

      Most of the migrants were violently pushed back by Polish border guards who set up a no-access zone at the border for nine months.

      https://kyivindependent.com/finland-decides-to-close-border-with-russia-indefinitely

    • Finland closes border crossings with Russia indefinitely

      The Finnish government has announced the country’s border with Russia will remain closed indefinitely. The decision comes on the heels of several closures and reopenings over the past five months.

      On Thursday (April 4), the Finnish Ministry of the Interior said the country’s border crossings with neighboring Russia will remain closed.

      The move comes after the government in February ordered the closure of the border until April 14. As of April 4, this measure has now been extended until further notice.

      In addition, the sea crossings on the island of Haapasaari, in the port of Nuijamaa and on the island of Santio will be closed to “leisure boating” from April 15. Finland wants to prevent the threat of targeted migration from Russia in the spring by closing the harbors to maritime traffic.

      In the press release, the government said that irregular migration into Finland from Russia “could expand to maritime traffic” during spring. “This would be dangerous to people seeking to enter Finland and would burden maritime search and rescue,” the government claims.

      The indefinite closure means that migrants will still not be able to apply for asylum at the border crossings — with the exception of “other border crossing points for maritime traffic and at border crossing points for air traffic,” a corresponding press release (https://intermin.fi/en/-/finland-s-eastern-border-to-remain-closed-until-further-notice) reads.

      ’Instrumentalized migration’ expected to increase

      According to the press release, the Finnish government expects the “instrumentalized migration” from Russia to continue and increase. This would pose a “serious threat to Finland’s national security and public order,” the press release reads.

      “Finnish authorities see this as a long-term situation. We have not seen anything this spring that would lead us to conclude that the situation has changed meaningfully,” Finland’s Minister of the Interior Mari Rantanen is quoted in the press release. “In addition, spring will provide opportunities to put more pressure on Finland. There are hundreds and possibly thousands of people close to Finland’s border on the Russian side that could be instrumentalized against Finland.”

      Finland, which shares a more than 1,300-kilometer-long border with Russia, began gradually closing (https://www.infomigrants.net/en/post/53925/finland-to-close-entire-border-with-russia-again) the frontier crossings in November.

      Despite both being external borders for the EU and NATO following Finland’s inclusion in the military alliance a year ago, the Finnish-Russian border runs mostly through taiga forests and does not follow any rivers.

      Rights groups including the Council of Europe have been raising concerns over the rights of refugees, asylum seekers and migrants amid the border closures with Russia.

      The Finnish authorities, meanwhile, accuse Moscow of deliberately bringing undocumented asylum seekers to the posts in order to cause problems for the EU and NATO country. The Kremlin denies this.

      There were no immediate reactions to Finland’s move by the Kremlin in Moscow.

      https://www.infomigrants.net/en/post/56264/finland-closes-border-crossings-with-russia-indefinitely

  • Abzocke, Betrug, Kleinkriminelle : Treffen sich zwei Trottel am Bahnhof
    https://taz.de/Abzocke-Betrug-Kleinkriminelle/!5973709

    J’admire le talent de conteur des petits truands qui inventent des histoires pour améliorer le résultat de leur mendicité. L’horreur me prend quand je pense au sequelles que laissent leurs mensonges et petites trahisons.

    3.12.2023 von Jan-Paul Koopmann -;Kann es Geschichten geben, die zu unglaubwürdig sind, um gelogen zu sein? Unser Autor ist sich da nicht mehr so sicher.

    Schon der Laufschritt ist alarmierend, mit dem der Typ mir über den Parkplatz des Kleinstadtbahnhofs hinterhersprintet. Auch das Grinsen wirkt dubios und seine Geschichte klingt komplett abstrus: Er brauche Geld für ein Bahnticket – ach so, nein, äh, auf meinem Ticket mitfahren wolle er nicht – denn da warte gleich ein Taxidienst am anderen Ende der Stadt, um ihn direkt zu einem wirklich wichtigen Vorstellungsgespräch nach Harburg zu bringen. Und jetzt habe er zu wenig Geld mit und erreiche leider, leider seine Frau nicht.

    Normalerweise versuche ich die Schnorrergeschichten zu überhören. Ist ja schlimm genug, dass die Leute sich diesen Scheiß ausdenken müssen – weil es ja auch mit ihnen was macht, wenn sie damit durchkommen. Persönlich fühle ich mich besser, wenn wer fragt, ob ich ein bisschen Kleingeld für sie oder ihn über hätte. Wie es mir mit dem Elend der anderen geht, ist natürlich nicht der Punkt, aber wir haben in Sachen Betteln alle unsere Strategien – ob wir nun nach Geld fragen oder auf die Frage antworten müssen.

    Hier draußen im Speckgürtel kommt der Übergriff aber unerwartet und lässt mich unerwartet zweifeln. Was wäre, frag ich mich, wenn der Typ, Marke kleinkrimineller Vorstadtgangster, am Ende wirklich hier gestrandet ist? Wer würde dem schon glauben? Mit seiner fahrigen Checkerhaltung und dieser beknackten Geschichte. Und dann sitzt er hier am Arsch der Welt und kriegt den Job nicht wegen 17 Euro irgendwas?

    Okay, der Zug ist schon am Einrollen, ich habe keine Zeit zum Denken und bekanntermaßen ein gutes Herz. In diesem Moment singt mir (ungelogen!) Funny van Dannen so Über-ich-mäßig ins Hirn: „Erst dachte ich: Pass auf, die will dich reinlegen, Alter! / Aber dann sagte ich mir: So dreist kann niemand sein / und obendrein so unverschämt mich für so doof zu halten.“ Ich gebe ihm 20 Euro und er wirkt selbst ein bisschen überrascht.
    Ich bin doch nicht blöd, denke ich

    Er diktiert mir eine Handynummer. Ich solle ihm Bankdaten über Whatsapp schicken und dann – „Ehrenwort“ – überweist er’s zurück. „Klar, dir geb ich noch meine IBAN“, denk ich, „ich bin doch nicht blöd.“

    Die Abwägung ist simpel: 20 Euro für das höchst zweifelhafte Gefühl, jemandem geholfen zu haben, der qua Ganoven-Charisma eigentlich keine Chance auf mein Geld hätte.

    Ich schicke ihm keine IBAN. Aber im Zug google ich die Handynummer und finde sie direkt auf einer „Wer ruft an?“-Plattform mit dem Hinweis, es wäre ein Soundundso dran, der sich für Geldgeschäfte irgendwo treffen wolle: „Vorsicht, Abzocke!“ Die Nummer taucht auch in Inseraten für (vier verschiedene) Gebrauchtwagen auf.

    Lustig ist, dass er sich unter dem Soundso-Namen auch leicht finden lässt: auf Instagram und Facebook, wo er zwischen seinen so tätowierten wie durchtrainierten Brüdern in Boxerpose herumhampelt.

    Einfach aus Scheiß schick ich eine PayPal-Zahlungsaufforderung über 20 Euro an die Handynummer und finde in der automatischen Bestätigungsmail dann auch seinen echten Namen. Der Zug ist noch keine fünf Minuten unterwegs, da habe ich eine Adresse und einen Onlineartikel der Lokalzeitung, in dem er vor ein paar Jahren als Absolvent der Realschule der Nachbarstadt geführt wird.

    „Ach, Junge“, denk ich und stalke noch ein bisschen weiter zwischen überbelichteten Selfies und Fotos von Familienfeiern mit viel Bling-Bling herum. Ganz weit unten im Feed finde ich ihn mit Unschärfefilter und einem fett gesetzten Zitat der Marke „Nachdenkliche Sprüche mit Bild“. Da steht: „Ich bereue keine Fehler so sehr, wie die ganzen guten Taten, die ich für die falschen Menschen getan habe.“

    Und jetzt tut er mir doch ein bisschen leid, denn ich weiß ja ganz genau, was er meint.

    #mendicité #Allemagne

  • 04.12.2023 : #Menton : une personne meurt happée par un train, le trafic interrompu dans les deux sens
    –-> pas d’info sur le fait que ça soit un migrant (j’attends des infos plus précises)

    Un accident grave de personne s’est produit en gare ce lundi 4 décembre. Des retards et des suppressions de trains sont à prévoir sur la ligne entre #Vintimille et Monaco.

    Un grave accident de personne à Menton (Alpes-Maritimes). Les faits se sont produits ce lundi 4 décembre, indiquent les sapeurs-pompiers. Selon ces derniers, une personne a été happée par un train. La victime, un homme de 35 ans, est morte.

    La circulation a été interrompue dans les deux sens de circulation, entre Vintimille et Monaco, une partie de l’après-midi. Le trafic a été rétabli aux alentours de 15 heures.

    https://www.bfmtv.com/cote-d-azur/menton-une-personne-happee-par-un-train-le-trafic-interrompu-dans-les-deux-se
    #frontière_sud-alpine #frontières #Italie #France #Alpes #Italie #France #décès #mourir_aux_frontières #morts_aux_frontières #Alpes_maritimes

    –—

    ajouté à cette métaliste sur les migrants décédés à la frontière italo-française « basse » :
    https://seenthis.net/messages/784767