• Zëri i Shqipërisë. L’accordo Italia-Albania, visto dagli albanesi

    Il 6 novembre 2023 la premier Giorgia Meloni e il suo omologo albanese Edi Rama presentano il protocollo d’intesa bilaterale in materia di gestione dei flussi migratori.

    Come si può guardare a questo accordo da un’altra prospettiva, quella della popolazione e della società civile albanese?
    Per capirlo abbiamo deciso di partire per l’Albania e ascoltare cosa aveva da dire chi vive sul territorio.

    Racconteremo il nostro viaggio in due episodi.

    In questo ascolterete i sopralluoghi a #Shëngjin e #Gjadër (dove sono in costruzione rispettivamente l’hotspot e il Centro di Permanenza per il Rimpatrio) e le interviste a:

    Dorian Pali, avvocato residente nel Comune di Lezhë, dove ricadono entrambe le località in cui verranno costruiti i centri detentivi italiani. Quando lo incontriamo ci parla di come si sente, in qualità di albanese e residente locale, al pensiero di come questo accordo impatterà sulla vita e le aspirazioni delle persone coinvolte.
    «[…] per gli albanesi l’Italia all’inizio dell’inizio degli anni 90 era un sogno. E gli albanesi proprio ci volevano andare – con dei costi che poi ovviamente ci sono stati: allontanarsi dalle famiglie, eccetera. Ma c’era un sogno. Invece le persone che verranno qua.. l’Albania, non è la loro scelta».

    Gjergi Erebara, giornalista investigativo di BIRN (Balkan Investigative Reporting Network) residente a Tirana.
    «Il nostro Primo Ministro è stato un richiedente asilo politico in Francia dopo essere stato malmenato da giovane. Fondamentalmente è stato picchiato perché le sue opinioni politiche, ha scritto articoli giornalistici con cui possiamo essere d’accordo o meno, ma non importa. Di fatto è stato perseguitato per le sue opinioni».

    https://www.meltingpot.org/2024/05/zeri-i-shqiperise-laccordo-italia-albania-visto-dagli-albanesi
    #audio #podcast #migrations #réfugiés #asile #Albanie #accord #Italie #externalisation

    –-

    ajouté à la métaliste sur l’#accord entre #Italie et #Albanie pour la construction de #centres d’accueil (sic) et identification des migrants/#réfugiés sur le territoire albanais...

    https://seenthis.net/messages/1043873

  • Comment des migrants sont abandonnés en plein désert en #Afrique

    Une enquête de plusieurs mois menée par « Le Monde », le média à but non lucratif « Lighthouse Reports » et sept médias internationaux montre comment des dizaines de milliers de migrants en route vers l’Europe sont arrêtés et abandonnés en plein désert au Maroc, Tunisie et Mauritanie.

    https://www.dailymotion.com/video/x8yrqiy

    #vidéo #migrations #désert #abandon #Mauritanie #Maroc #Tunisie #réfugiés #externalisation #frontières #rafles #racisme_anti-Noirs #Fès #déportations #Rabat #forces_auxiliaires #refoulements #arrestations_arbitraires #enlèvements #centres_de_détention #Ksar #détention_administrative #Espagne #bus #Algérie #marche #torture #Gogui #Mali #accords #financements #expulsions_collectives #Nouakchott #forces_de_l'ordre #Sfax #Italie #équipement #aide_financière #UE #EU #Union_européenne #forces_de_sécurité #gardes-côtes #gardes-côtes_tunisiens #droits_humains #droits_fondamentaux

    ping @_kg_

  • Info da #fisica occupata: la complicità delle istituzioni universitarie nell’industria bellica e la posizione del Rettore Geuna.
    https://radioblackout.org/2024/05/info-da-fisica-occupata-la-complicita-delle-istituzioni-universitarie

    In questa puntata dell’info del giovedì in diretta dal dipartimento di Fisica occupato all’interno del movimento #intifada_studentesca, abbiamo approfondito alcuni temi all’ordine del giorno della protesta. Innanzitutto con uno studente di Fisica abbiamo affrontato le ragioni e le rivendicazioni dell’occupazione ripartendo dai comunicati scritti dagli studenti e dalla studentesse. Attraverso l’intervento di Duccio Facchini, […]

    #L'informazione_di_Blackout #accordi
    https://cdn.radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/05/INfo-gio-Fisica-2024_05_23_2024.05.23-09.00.00-escopost.mp3

  • Carte à la une. Déconstruire un récit impérial : le mythe Sykes-Picot — Géoconfluences
    https://geoconfluences.ens-lyon.fr/informations-scientifiques/a-la-une/carte-a-la-une/sykes-picot

    Très bon article

    La carte dite de Sykes-Picot (1916) est souvent présentée comme l’illustration la plus flagrante de l’impérialisme européen au Moyen-Orient et de la manière dont les frontières y ont été tracées arbitrairement. En replaçant cette carte dans son contexte historique, l’historiographie récente nuance cette idée. Exagérer son importance revient à occulter la longue histoire des frontières et tend à faire oublier que ce mythe est lui-même en partie hérité des discours impériaux.


    #cartographie #colonisation #géopolitique

  • Migranti: tutti i dubbi sull’accordo Rama-Meloni
    https://www.balcanicaucaso.org/aree/Albania/Migranti-tutti-i-dubbi-sull-accordo-Rama-Meloni-231441

    Nonostante le incongruenze e le incertezze relative all’accordo siglato tra Roma e Tirana per l’accoglienza dei migranti in suolo albanese, e in attesa del giudizio della Corte europea, a Gjadër e Shëngjin i lavori per i due centri sono già iniziati. Siamo andati a vedere come procedono

  • L’accordo Italia-Albania e la nuova frontiera dell’esternalizzazione
    https://www.meltingpot.org/2024/05/laccordo-italia-albania-e-la-nuova-frontiera-dellesternalizzazione

    di Kristina Millona , traduzione di Nicoletta Alessio La fine dei lavori di costruzione dei centri italiani in Albania che era stata stabilita per il 20 maggio, slitta a novembre. Ad aggiudicarsi la gestione dei centri di “accoglienza e trattenimento” nei siti di Shëngjin e Gjadër per 24 mesi è la cooperativa Medihospes che ha vinto la gara d’appalto con un’offerta di 133,8 milioni di euro (con un ribasso del 4,9%) . Negli ultimi decenni, l’esternalizzazione del controllo migratorio è diventata uno dei pilastri fondamentali delle politiche europee sui confini e il Protocollo Italia-Albania ne rappresenta una nuova preoccupante (...)

  • ACCORDO ITALIA – ALBANIA : FRA STRATIFICAZIONE COLONIALE E DEVOZIONE

    In questa puntata di Harraga abbiamo parlato di esternalizzazione della detenzione amministrativa in Albania. Sebbene sembra che la scadenza del 20 Maggio, per l’apertura di un Hotspot a #Shengin e di un #CPRI a #Ghader, stia saltando per via del passo rallentato al quale proseguono i lavori, sarà comunque in tempi molto prossimi che vedremo sorgere le ennesime strutture di reclusione per persone senza documenti europei. La gestione e la giurisdizione alla quale faranno riferimento sarà totalmente made in Italy, di fatti i bandi e gli appalti sia edili che per il dislocamento delle guardie sono stati emessi a Roma. La struttura di Ghader sarà un CPRI ossia un centro di detenzione amministrativa per richiedenti asilo provenienti da paesi cosiddetti sicuri trovati dalla marina militare italiana in acque internazionali.

    Con una compagna abbiamo tentato di fare un inquadramento di questi nuovi investimenti per delle prigioni fuori dal territorio italiano affrontato la profonda stratificazione storica e politica del rapporto tra Italia e Albania interpretabile nei termini della colonia.

    https://radioblackout.org/podcast/accordo-italia-albania-fra-stratificazione-coloniale-e-devozione

    #Albanie #colonialisme #Italie #histoire_coloniale #occupation #occupation_militaire #fascisme #expansionnisme #pétrole #résistance #dépendance #protectorat_italien #blanchité #néocolonialisme #migrations #accords #exploitation #néo-libéralisme #néo-colonialisme #call_center #soft_power #religion #télévision #OTAN #violence #migrants_albanais #invisibilisation

    #podcast #audio

  • Migrant centres in Albania 20 May opening postponed

    Army engineers at work but facilities not finished.

    The opening of new Italian-run migrant centres in Albania, which was scheduled for 20 May, has been postponed, according to reports Wednesday.
    The Italian military engineers working on the Shengjin and Gjader sites, according to the agreement between Rome and Tirana, have not yet finished setting up the facilities.
    Meanwhile, the contract for the management of the facilities for 24 months was awarded to the Medihospes cooperative with a bid of 133.8 million euro.
    Italy is to set up two migrant hotspots and a centre to hold migrants awaiting repatriation for a total expenditure of almost 34 million euro a year.
    The agreement, signed by Premier Giorgia Meloni and her Albanian counterpart Edi Rama in Rome in November, provides for the reception and processing of up to 3,000 migrants and refugees rescued by Italian ships per month.
    People with special needs such as the elderly, children or pregnant women, migrants and refugees who have been rescued by NGO-run ships and people who land directly on Italian soil are to be excluded from the deal.
    Since taking office in autumn 2022 the Meloni government has been reaching out to third countries in a bid to stem irregular migration by sea to Italy, which in 2023 rose by around 50% over the previous year.
    The Italian opposition has slammed the Albania deal as creating a new Guantanamo and allegedly breaching the Italian Constitution, charges the government rejects.
    The Italian Bishops Conference (CEI) and the Council of Europe have also criticized the agreement.
    Some other EU countries have said it is a model that could be emulated, as has European Commission President Ursula von der Leyen.

    https://www.ansa.it/english/news/world/2024/05/08/migrant-centres-in-albania-20-may-opening-postponed_2ebbb364-2fdc-49ac-bdde-be4

    #migrations #externalisation
    –-

    ajouté à la métaliste sur l’#accord entre #Italie et #Albanie pour la construction de #centres d’accueil (sic) et identification des migrants/#réfugiés sur le territoire albanais...
    https://seenthis.net/messages/1043873

    • Beffa centri migranti. In Albania agenti pagati per sorvegliare il nulla

      In 20 in servizio dal 2 giugno: 100 euro al giorno più vitto e alloggio
      Pronta la prima struttura, ma per far partire l’altra ci vorranno mesi.

      I responsabili del cantiere del Genio dell’Aeronautica militare provano a sbarrare il passo: «Ci dispiace, senza autorizzazione qui non si può entrare». Alle loro spalle alte palizzate proteggono da occhi indiscreti l’hotspot che diventerà primo approdo dei migranti soccorsi in acque internazionali da navi militari italiane, portati qui per essere sottoposti a procedure accelerate di frontiera e rimpatrio.

      "Serve il nullaosta del ministero della difesa albanese”

      Il deputato di Avs Angelo Bonelli insiste: «Sono un parlamentare, intendo esercitare le mie prerogative ispettive in territorio dove c’è giurisdizione italiana». «Ma qui occorre il nullaosta del ministero della difesa albanese, non c’è ancora la giurisdizione italiana», replicano i militari mentre poco distante il direttore del porto Sander Marashi scuote la testa: «Dipende tutto dall’Italia da ora e per i prossimi cinque anni, è tutto scritto nelle carte».

      Il protocollo Italia-Albania

      Già, è scritto chiaramente nel protocollo Italia-Albania, ratificato con legge pubblicata sulla Gazzetta ufficiale in aprile e dunque in vigore, che nelle due aree “cedute” da Edi Rama a Giorgia Meloni per il suo progetto apripista in Europa di esternalizzazione delle richieste di asilo la giurisdizione è italiana. Ma visto che il progetto che doveva partire il 20 maggio è ancora all’anno zero, meglio provare a inventarle tutte per tenere lontano parlamentari e giornalisti. Alla fine, un paio d’ore e due telefonate dopo, toccherà all’ambasciatore italiano a Tirana Fabrizio Bucci arrampicarsi sugli specchi per sostenere che «la giurisdizione italiana comincerà solo a lavori consegnati» per poi accompagnare con estrema disponibilità Angelo Bonelli nella visita dei due centri.

      L’hotspot quasi pronto e quello neanche iniziato

      O meglio delle due aree: perché se al porto di Schëngjin l’hotspot è quasi pronto, trenta chilometri più all’interno, nell’area militare di Gjader, ruspe e camion sono ancora alle prese con complicatissime e impreviste operazioni di sbancamento del terreno che ha presentato grossi problemi di natura geotecnica. «Non siamo in grado di dire quanto tempo ci vorrà», spiegano i tecnici. Novembre, come sembra suggerire la scadenza per la consegna dei lavori? «Dobbiamo fare le cose per bene, la sicurezza innanzitutto, ma spero prima», sottolinea l’ambasciatore Bucci.
      Dal 2 giugno gli agenti dall’Italia a sorvegliare il nulla

      Certo è che fino a quando a Gjader non saranno montati i prefabbricati che daranno forma al centro di trattenimento per richiedenti asilo, al Cpr e al piccolo carcere da 24 posti, l’hotspot di Schëngjin rimarrà chiuso. E il progetto dunque di certo non partirà prima di diversi mesi. E dal 2 giugno verranno mandati 20 agenti di polizia italiani per vigilare sulle strutture vuote: riceveranno un’indennità di 100 euro al giorno più vitto e alloggio in hotel.
      L’appalto alle società al centro di inchieste giudiziarie

      Telecamere ovunque, chiuso da recinzioni in lamiera alte tre metri, moduli a un piano per ospitare infermeria, ufficio per le identificazioni, stanzetta per l’attesa, l’hotspot di Schëngjin attende solo gli arredi interni. Niente posti letto, qui i migranti (solo uomini maggiorenni) rimarranno solo poche ore prima di essere trasportati in bus nel centro di reclusione di Gjader: 70.000 metri quadri in area militare, divisi per blocchi nelle strutture prefabbricate che il ministero della Difesa, con un appalto di cui non ce alcuna evidenza pubblica, ha affidato — per una cifra di poco superiore ai 6 milioni di euro — alla Rigroup, società leccese dell’imprenditore Salvatore Tafuro già finita al centro di un’inchiesta giudiziaria così come la Medihospes, il colosso dell’accoglienza a cui è stata affidata la gestione dei servizi ai migranti. Come ha scoperto Report, che tornerà sui centri in Albania nella puntata del 2 giugno, la Rigroup è finita a giudizio per turbativa d’asta in un’indagine del 2018 per la realizzazione del Cie di Foggia in cui alti ufficiali dell’aeronautica furono accusati di corruzione. La vicenda finì con un patteggiamento e Tafuro si liberò dalle accuse grazie all’intervento della prescrizione.
      "L’enorme spreco di risorse pubbliche”

      «Quando inizierà l’operatività di questi centri nessuno sa dirlo, da quello che abbiamo visto con i nostri occhi è evidente che ci vorranno mesi», dice Bonelli, «e nel frattempo siamo di fronte ad uno spreco enorme di risorse pubbliche che sfiora il miliardo di euro peraltro in violazione della legge».

      https://www.repubblica.it/cronaca/2024/05/28/news/beffa_centri_migranti_in_albania_agenti_pagati_per_sorvegliare_il_nulla-4

  • Migranti, la nuova mossa del governo per i rimpatri : ampliata la lista dei Paesi sicuri. E scoppia la polemica

    Nei centri in Albania anche chi arriva da Bangladesh, Sri Lanka, Egitto e Camerun. Albano: “I giudici dovranno verificare se sono davvero luoghi non pericolosi”

    Un tassello dietro l’altro il governo prova a riempire la cornice dell’ancora vuoto progetto Albania nel tentativo di non farlo fallire prima del tempo. E così, dopo l’assegnazione dell’appalto da 133 milioni di euro per la gestione dei centri al colosso dell’accoglienza Medihospes del discusso Camillo Aceto, oggi un decreto ministeriale della Farnesina pubblicato in gazzetta ufficiale come d’incanto fa lievitare la lista dei cosiddetti Paesi sicuri, quelli – per intenderci – in cui potranno essere rimpatriati con le procedure accelerate di frontiera i migranti soccorsi nel Mediterraneo che da lì provengono.

    La lista, fino a ieri composta da 15 paesi, ne contiene ora ben 21: tra i sei nuovi ingressi alcuni Paesi d’origine di un numero consistente di migranti che arrivano in Italia via mare. Innanzitutto il Bangladesh, ma anche Sri Lanka, Camerun ed Egitto, a cui di aggiungono due Paesi sudamericani, Colombia e Perù da cui, in aereo, arrivano in Italia ogni anno migliaia di persone che poi chiedono asilo.

    Il Bangladesh , cosi come già l’anno scorso, è in cima alla lista dei Paesi d’origine dei migranti che arrivano in Italia grazie ad una triangolazione dall’Africa che riescono a raggiungere in aereo: 3425 quelli sbarcati nei primi 4 mesi del 2024, più di 1000 gli egiziani.

    Numeri consistenti che adesso, con il loro inserimento nella lista dei Paesi sicuri, consentiranno alle autorità italiane di portarli direttamente nei centri albanesi in attesa del probabile rimpatrio nel caso in cui la loro richiesta di asilo(come avviene nella maggior parte dei casi) dovesse essere respinta. Nel 2023 sono stati più di 12.000 gli arrivi dal Bangladesh e 11.000 dall’Egitto.

    I giudici della sezione immigrazione nutrono forti perplessità sul fatto che alcuni dei paesi inclusi nell’elenco, su tutti l’Egitto, possano essere considerati sicuri. La presidente di Magistratura democratica, Silvia Albano, spiega: “Il decreto ministeriale è fonte normativa secondaria e deve rispettare tanto le fonti sovraordinate, come la Costituzione e la normativa della UE, quanto la legge ordinaria”; quindi “i giudici dovranno verificare se il Paese designato come sicuro con decreto ministeriale, possa essere effettivamente considerato tale in base a quanto stabilito dalla legge”.

    #pays_sûrs #liste #Albanie #Italie #asile #migrations #réfugiés #externalisation #renvois #expulsions

    #Bangladesh #Sri-Lanka #Cameroun #Egypte #Colombie #Pérou

    –-
    ajouté à la métaliste sur l’#accord entre #Italie et #Albanie pour la construction de #centres d’accueil (sic) et identification des migrants/#réfugiés sur le territoire albanais... :
    https://seenthis.net/messages/1043873

  • Nicolas Schmit veut revoir certains accords migratoires

    Les accords de plusieurs millions d’euros que l’UE a signés avec les pays voisins pour réduire l’immigration irrégulière doivent être « révisés », estime Nicolas Schmit, tête de liste des socialistes européens pour les élections de juin.

    « Je suis assez réticent à l’égard de ces accords qui doivent encore faire la preuve de leur efficacité. Nous dépensons actuellement d’énormes sommes d’argent, en donnant cet argent à différents régimes ou gouvernements, comme le gouvernement tunisien. Nous savons que les autorités tunisiennes traitent très mal les réfugiés », explique Nicolas Schmit à Euronews lors d’une interview exclusive filmée mardi matin.

    « Nous avons toujours des problèmes en Libye, où il y a deux gouvernements. Nous avons des questions pour l’Egypte. Je suis donc assez réticent à ce genre d’accords », poursuit-il.

    « Je pense que nous devons les revoir et voir ce qui peut être fait, comment nous pouvons le faire différemment parce que nous ne savons pas exactement comment l’argent est utilisé ».

    Nicolas Schmit, l’actuel commissaire européen en charge de l’Emploi et des Droits sociaux, rompt ouvertement avec la présidente de la Commission, Ursula von der Leyen, qui, au cours de l’année écoulée, a encouragé la politique de signature d’accords avec les pays voisins, tels que la Tunisie, la Mauritanie et l’Égypte, dans le but de stimuler leurs économies fragiles et de réduire le nombre de départs d’immigrants clandestins.

    Cette stratégie, qui prévoit des millions de fonds européens et des projets d’investissement, bénéficie d’un large soutien des dirigeants de l’UE dont l’Italienne Giorgia Meloni, le Grec Kyriakos Mitsotakis, le Belge Alexander De Croo et l’Espagnol Pedro Sánchez, qui ont tous, à un moment donné, rejoint Ursula von der Leyen lors de ses voyages officiels.

    Mais ces accords ont été fortement critiqués par les ONG humanitaires et les spécialistes des migrations, qui affirment qu’ils sont mal conçus, qu’ils manquent de transparence et qu’ils reposent sur un vote de confiance de la part de gouvernements autocratiques. Les nombreux rapports faisant état de violations des droits de l’homme en Tunisie et en Égypte ont jeté une ombre sur ces textes.

    Le dernier chapitre en date de cette politique concerne le Liban, où la présidente de la Commission a annoncé la semaine dernière un programme d’aide d’un milliard d’euros destiné à soulager les difficultés financières du pays frappé par la crise et à empêcher une vague de réfugiés de se diriger vers Chypre. L’enveloppe, entièrement constituée de subventions, sera progressivement mise en place jusqu’en 2027.

    « Personne ne sait exactement comment l’argent annoncé sera dépensé au Liban, étant donné la situation du gouvernement libanais, qui est, d’une certaine manière, un gouvernement très faible », analyse Nicolas Schmit.

    Au cours de son entretien avec Euronews, Le Luxembourgeois de 70 ans a fustigé le « modèle rwandais » que le Royaume-Uni a mis en place pour transporter les migrants par avion vers le pays africain et traiter leurs demandes d’asile sur place. Si les demandes sont approuvées, les réfugiés se verront accorder l’asile au Rwanda, et non sur le sol britannique.

    Dans son manifeste, le Parti populaire européen (PPE) présente une ébauche de projet similaire au « modèle rwandais » visant à externaliser partiellement le traitement des demandes. Ursula von der Leyen, tête de liste du PPE, nie la comparaison et insiste sur le fait que tout projet serait compatible avec le droit international.

    « Je suis absolument contre ce que nous appelons le modèle rwandais, qui va à l’encontre des droits fondamentaux sur lesquels l’Europe s’est construite », insiste Nicolas Schmit. « Déléguer le traitement des réfugiés au Rwanda ou à d’autres pays est une question de non-respect de la dignité humaine ».
    Pas question de travailler avec CRE

    Nicolas Schmit et Ursula von der Leyen se trouvent dans une position particulière car tous deux travaillent au sein de la Commission mais ils font campagne respectivement pour le PSE et le PPE.

    La présidente de l’institution demeure la favorite selon les sondages. Son parti devrait rester la première force politique au Parlement à l’issue des élections de juin.

    Toutefois, ces dernières semaines, Ursula von der Leyen a fait sursauter l’opinion publique en raison de ses ouvertures vers le groupe des Conservateurs et réformistes européens (CRE), qui regroupe notamment Fratelli d’Italia (Italie), Droit et Justice (Pologne), Vox (Espagne), l’Alliance néo-flamande N-VA (Belgique), le Parti démocratique civique (République tchèque) et les Démocrates de Suède (Suède).

    Le CRE devrait progresser de manière significative après le mois de juin, et pourrait devenir le troisième groupe le plus important, ce qui donnerait à cette formation eurosceptique et anti-Pacte vert un plus grand poids dans la prise de décision.

    Pour être reconduite par les dirigeants, Ursula von der Leyen devra être confirmée par une majorité au Parlement. Les socialistes ont prévenu que si la responsable allemande cherchait à obtenir des voix au sein de CRE, elle perdrait leur soutien.

    « Il n’y a aucun moyen - je suis très clair là-dessus - il n’y a aucun moyen d’avoir un arrangement, un accord ou quoi que ce soit avec l’extrême droite », assure Nicolas Schmit à Euronews.

    Il accuse le PPE de faire une « distinction très spéciale » entre l’extrême droite « décente » et l’extrême droite « paria » et a mis en garde contre les conséquences imprévisibles de cette ligne de plus en plus floue, affirmant que le CRE défendait une conception « fondamentalement différente » de l’Europe.

    « Lorsque je regarde l’extrême droite dite décente, qui sont ces gens ? Ce sont des Vox. Ce sont des admirateurs de Franco. Des admirateurs de Mussolini. C’est le parti PiS (Droit et Justice) qui était sur le point d’abolir l’État de droit en Pologne et qui a été sanctionné par la Commission. Où est donc l’extrême droite décente ? Il n’y en a pas », explique-t-il.

    « C’est pourquoi il n’est pas possible d’avoir un arrangement qui se contente d’acheter des votes parce que l’extrême droite est intelligente. Ils ne donneront pas leurs voix pour rien. Ils demanderont des concessions sur la manière dont la politique européenne sera définie », assure Nicolas Schmit.

    Cette interview fait partie d’une série en cours avec toutes les têtes de liste pour les élections européennes. L’interview complète de Nicolas Schmit sera diffusée sur Euronews le week-end du 17 mai.

    https://fr.euronews.com/my-europe/2024/05/07/les-accords-de-lue-sur-limmigration-avec-legypte-et-la-tunisie-doivent-

    #UE #Tunisia #Egypt #Nicolas_Schmit #Ursula_von_der_Leyen

    ping @cdb_77

  • Migration : les États membres s’efforcent de transférer les procédures d’immigration à des États non membres de l’UE

    Un groupe d’États membres de l’UE, emmené par la #République_tchèque et le #Danemark, prépare une #lettre à la #Commission_européenne demandant que les migrants qui tentent d’atteindre l’UE soient transférés vers des États tiers sélectionnés avant d’atteindre les #côtes de l’Union — une procédure qui, selon les experts, risque d’être difficile à appliquer dans le cadre de la législation européenne actuelle sur l’immigration.

    Selon la lettre obtenue par les journaux tchèques, les signataires appellent à la conclusion d’#accords avec des pays tiers vers lesquels les États membres de l’UE pourraient envoyer les migrants interceptés en mer. L’ensemble de l’UE pourrait alors adopter un modèle similaire à celui conclu en novembre 2023 entre l’#Italie et l’#Albanie.

    « Là, une solution permanente pourrait être trouvée pour eux », peut-on lire dans la lettre, comme le rapporte le journal Hospodářské noviny.

    Selon ce plan, les migrants qui se dirigent vers l’Europe sans les documents nécessaires n’atteindraient même pas les côtes de l’UE, peut-on également lire dans la lettre.

    Le plan prévoit également le transfert des personnes qui se trouvent déjà dans un pays de l’UE, mais qui n’y ont pas obtenu l’asile, suggérant que ces migrants pourraient être emmenés dans un pays tiers, où ils resteraient jusqu’à ce qu’ils puissent être expulsés.

    Cette lettre a été rédigée à l’initiative du Danemark et de la République tchèque, et soutenue par plusieurs États membres. Une telle approche est soutenue par la majorité des Vingt-Sept, dont les #Pays-Bas, les États baltes et l’Italie, a appris Euractiv.

    L’Italie a été le premier État membre à signer un accord bilatéral avec un pays tiers — l’Albanie — sur l’externalisation des procédures de migration.

    « L’#externalisation et la #relocalisation des demandes d’asile ont une triple fonction : lutter plus efficacement contre les organisations criminelles dédiées au #trafic_d’êtres humains, comme outil de #dissuasion contre les départs illégaux, et comme moyen de soulager la pression migratoire sur les pays de première entrée, comme l’Italie, la Grèce, l’Espagne, Chypre ou Malte », a déclaré à Euractiv Italie le sous-secrétaire d’État au ministère italien de l’Intérieur, le député de la Lega Nicola Molteni (Identité et Démocratie).

    La #Hongrie est également favorable à une externalisation, mais n’a pas encore signé la lettre. Comme l’a confié un diplomate à Euractiv République tchèque, Budapest est « toxique » et pourrait nuire à la pertinence de la lettre.

    Le débat sur l’externalisation a battu son plein peu après l’approbation par le Parlement européen du nouveau pacte européen sur la migration et l’asile, et les États membres devraient formellement approuver le paquet législatif le 14 mai.

    L’externalisation des procédures d’immigration sera également abordée lors de la conférence internationale sur l’immigration qui se tiendra à Copenhague lundi (6 mai).

    « La conférence sera une bonne occasion de présenter les propositions du groupe de travail dirigé par le Danemark, avec la représentation de la majorité des États membres de l’UE, pour compléter le pacte sur la migration et l’asile après les élections européennes avec de nouvelles mesures, en particulier dans la dimension de la migration extérieure [y compris l’externalisation], basée sur un nouveau type de partenariat aussi complet », a déclaré Hana Malá, porte-parole du ministère tchèque de l’Intérieur, à Euractiv République tchèque.

    Les partenariats avec les États membres ne faisant pas partie de l’UE sont également soutenus par la présidente de la Commission européenne, Ursula von der Leyen.

    « Parallèlement à la mise en œuvre du Pacte sur les migrations, nous poursuivrons nos partenariats avec les pays d’origine et de transit afin de nous attaquer ensemble aux causes profondes des migrations », a-t-elle déclaré.

    Cependant, certains émettent des doutes quant à l’externalisation. C’est notamment le cas des libéraux français.

    Pour le député français Sacha Houlié, qui fait partie de l’aile gauche du parti majoritaire du président Emmanuel Macron, Renaissance (Renew Europe), l’externalisation des processus migratoires est aux antipodes du pacte sur la migration et l’asile adopté par le Parlement européen.

    « Envoyer des personnes dans des pays qui n’ont rien à voir avec leur pays d’origine, comme l’Albanie ou le Rwanda, pose un problème moral et éthique », a fustigé M. Houlié.

    L’externalisation de la gestion des migrations a également été qualifiée d’« inacceptable » par l’eurodéputé italien Brando Benifei, chef de la délégation du Parti démocrate (Partido Democratico, Socialistes et Démocrates européens) au sein de l’hémicycle européen.
    Critiques des ONG

    Les organisations de défense des droits de l’Homme se montrent particulièrement critiques concernant l’externalisation des procédures d’immigration, y compris l’accord italo-albanais.

    « Il est grand temps que les institutions européennes reconnaissent que l’accord entre l’Italie et l’Albanie créerait un système illégal et nuisible, auquel il faut mettre fin. Au lieu d’accroître la souffrance des individus, les autorités devraient garantir l’accès à une procédure d’asile efficace, à un accueil adéquat et à des itinéraires sûrs et réguliers », a souligné l’organisation Amnesty International en février.

    Selon l’expert en migration Vít Novotný, la proposition d’externaliser le traitement des demandes d’asile risque d’être difficile à mettre en œuvre, car les règles européennes, même dans le cadre du nouveau pacte migratoire, sont basées sur des procédures d’asile se déroulant uniquement sur le territoire de l’Union.

    « Le changement est concevable, la porte est là, mais le chemin juridique est long », a déclaré M. Novotný du Centre Wilfried Martens pour les études européennes à Euractiv République tchèque, soulignant que cette situation est encore spéculative.

    Il a expliqué que les propositions sur le retour des demandeurs déboutés pourraient être beaucoup plus faciles à obtenir un consensus et que l’initiative pourrait aider à résoudre le problème de longue date des déportations.

    Toutefois, il est essentiel de trouver des pays partenaires adéquats — un problème qui, selon M. Novotný, persiste.

    « La question est de savoir dans quelle mesure l’UE a essayé de trouver de tels pays. Il est possible qu’elle n’ait pas suffisamment essayé », a-t-il affirmé.

    « Maintenant que même l’Allemagne parle de solutions similaires, ce qui était impensable il y a seulement un an ou deux, il y a peut-être plus de chances de trouver un ou plusieurs pays de ce type. Mais pour l’instant, je ne fais que spéculer », a-t-il ajouté.

    M. Novotný a également rappelé les efforts de l’UE en 2018, lorsque le président du Conseil européen de l’époque, Donald Tusk, a déclaré que l’UE avait essayé de se mettre d’accord avec l’Égypte pour reprendre les personnes secourues en mer.

    « Et [le président Abdel Fattah] al-Sisi avait répondu très fermement à l’époque qu’il n’y avait pas moyen. Maintenant, cela se fait de manière un peu plus diplomatique, ce qui est probablement une meilleure façon de réussir », a conclu l’expert.

    https://www.euractiv.fr/section/all/news/migration-les-etats-membres-sefforcent-de-transferer-les-procedures-dimmigr

    #UE #Union_européenne #EU #asile #migrations #réfugiés #Europe #externalisation #pays_tiers

    • A Copenhague, une #conférence sur les #partenariats pour l’immigration

      Les représentants de plusieurs gouvernements européens se sont retrouvés, lundi, au Danemark, pour discuter des partenariats avec des pays tiers, dans le but de réduire l’immigration en Europe.

      La première ministre danoise, Mette Frederiksen (à gauche), avec la commissaire européenne chargée des affaires intérieures et des migrations, Ylva Johansson, lors d’une conférence internationale sur les migrations, à Copenhague, le 6 mai 2024. MADS CLAUS RASMUSSEN / AFP

      En janvier 2023, le gouvernement danois annonçait renoncer, temporairement, à sous-traiter le droit d’asile au Rwanda. A l’époque, le ministre de l’immigration et de l’intégration, Kaare Dybvad, faisait valoir que son pays souhaitait avancer avec ses partenaires européens, reconnaissant qu’une solution danoise ne réglerait pas le problème auquel faisait face l’Union européenne. « Nous nous sommes aussi rendu compte qu’après nous avoir envoyés balader, de plus en plus de pays semblaient intéressés par ce que nous avions à proposer », explique-t-on aujourd’hui au ministère.

      Lire aussi | Article réservé à nos abonnés Pacte européen sur la migration et l’asile : « Le régime d’asile actuel est inhumain par nature ; il doit être réformé en profondeur »

      Lundi 6 mai, Copenhague accueillait une conférence internationale sur l’immigration. Plus de 250 responsables politiques et représentants d’organisations internationales, dont le Haut-Commissariat des Nations unies pour les réfugiés, l’Organisation internationale pour les migrations ou Europol, y ont évoqué différents types de « solutions durables », sous forme de « partenariats » avec des pays tiers, destinés à endiguer les arrivées et à accélérer les retours.

      Le ministre de l’intérieur italien, Matteo Piantedosi, ses homologues autrichien et tchèque, Gerhard Karner et Vit Rakusan, de même que le ministre de l’immigration néerlandais, Eric van der Burg, ont fait le déplacement. La Belgique, l’Allemagne et la Suède étaient, quant à elles, représentées par leurs secrétaires d’Etat à l’intérieur et à l’immigration.

      « Une base solide »

      Venue accueillir les délégués, la première ministre sociale-démocrate danoise, Mette Frederiksen, a constaté que « le système actuel de l’immigration et de l’asile s’était de facto effondré », rappelant que le nombre d’arrivées en Europe « était comparable à 2015 ». « Le pacte européen sur la migration et l’asile est une base solide sur laquelle nous pouvons nous appuyer. Mais nous avons également besoin de partenariats plus larges et plus égaux, et d’un engagement en faveur d’une solution durable à long terme », a-t-elle déclaré, en ouverture de la conférence.

      Au cours de la journée, il a notamment été question de la loi, adoptée le 23 avril, par le Parlement britannique, qui va permettre au Royaume-Uni d’expulser des demandeurs d’asile vers le Rwanda. Un modèle très controversé, imaginé par le Danemark, qui avait été le premier pays à légiférer, dès 2021, avant de signer un accord de coopération bilatérale avec Kigali en septembre 2022, puis de suspendre son projet d’y délocaliser la prise en charge des demandeurs d’asile et des réfugiés.

      Lire aussi | Article réservé à nos abonnés Transférer les demandeurs d’asile au Rwanda : l’obstination du gouvernement de Rishi Sunak

      Copenhague, cependant, n’y a pas renoncé, selon M. Dybvad, qui estime qu’« une coopération européenne commune avec un ou plusieurs pays tiers en dehors de l’Europe devrait réduire l’incitation à y venir ». D’après le gouvernement danois, un tel système serait « plus humain et plus juste », car il réduirait le pouvoir des trafiquants et permettrait d’accorder l’asile à ceux « qui en ont vraiment besoin ».

      « Partenariats stratégiques »

      L’accord migratoire, signé entre l’Italie et l’Albanie, en janvier, a également été évoqué ainsi que les « partenariats stratégiques », passés par l’Union européenne, avec la Turquie, la Tunisie, le Maroc, l’Egypte et la Mauritanie. « Il n’est pas possible de penser que nous pouvons gérer l’immigration seuls au sein de l’UE », a observé Ylva Johansson, la commissaire européenne aux affaires intérieures, vantant le partenariat avec la Tunisie, qui a permis de « réduire d’environ 80 % les départs depuis que l’accord a été signé », en juillet 2023.

      Pour autant, pas question de sous-traiter l’asile à un pays tiers : « Ce n’est pas possible dans le cadre du pacte sur la migration » et « cela ne semble pas être un gros succès au Royaume-Uni », a-t-elle asséné. Le ministre autrichien de l’intérieur, M. Karner, n’est pas de cet avis : « Nous n’avons pas besoin d’une, mais de plusieurs solutions », martèle-t-il, affirmant qu’une des priorités, pour la prochaine Commission européenne, devra être de « modifier le cadre réglementaire », notamment « le critère de connexion », qui interdit aux pays européens d’envoyer un demandeur d’asile dans un pays où il n’a aucune connexion.

      Conseiller du ministre des affaires étrangères mauritanien, Abdoul Echraf Ouedraogo plaide, lui, pour « une réponse holistique ». La seule solution durable est de « s’attaquer aux facteurs structurels à l’origine de l’immigration, notamment aux inégalités de développement », dit-il, rappelant, par ailleurs, que les pays européens manquent de main-d’œuvre et auraient tout intérêt à faciliter les voies légales d’immigration vers l’UE.

      https://www.lemonde.fr/international/article/2024/05/07/a-copenhague-une-conference-sur-les-partenariats-pour-l-immigration_6232022_

  • Migranti, la #Medihospes si aggiudica l’appalto da 133 milioni di euro per i centri in Albania

    Il colosso dell’accoglienza in diverse inchieste anche per le condizioni poco dignitose di vita garantite nelle strutture. Il suo amministratore è #Camillo_Aceto, già arrestato a Bari e finito in #Mafia_capitale.

    La gallina dalle uova d’oro dei centri per migranti in Albania è finita nelle mani del businessman italiano dell’accoglienza, quel Camillo Aceto il cui nome, negli ultimi vent’anni, è comparso nelle più disparate inchieste della magistratura da un capo all’altro d’Italia e con le accuse più diverse: dalla truffa nelle forniture di pasti alle mense ospedaliere di Bari che lo vide finire agli arresti nel 2003 all’indagine per infiltrazioni mafiose nella gestione del Cara di Mineo in Mafia capitale a svariate indagini per frode in pubbliche forniture da parte delle varie società in cui ha avuto incarichi dirigenziali e che alla fine sono confluite nella Medihospes.

    Il colosso dell’accoglienza che gestisce più del 60 per cento di centri migranti in Italia, 3.800 posti letto in 26 strutture, si è aggiudicato il bando milionario per la gestione dei centri che il governo italiano intende aprire in Albania per tenervi, in attesa di rimpatrio, alcune migliaia di migranti provenienti dai cosiddetti paesi sicuri che verranno soccorsi da navi militari italiane in acque internazionali. Ben 133.789.967,55 milioni di euro la cifra che Medihospes incasserà per gestire l’accoglienza dei migranti nell’#hotspot di #Shengjin e nel centrio per richiedenti asilo ( con annesso Cpr) che sorgerà nell’area di #Gjader. La prefettura di Roma ha ritenuto l’offerta di Medihospes, con un ribasso del 4,94 per cento sulla base d’asta, più vantaggiosa rispetto a quelle degli altri due concorrenti selezionati tra oltre 30 aziende: il consorzio #Hera e #Officine_sociali. Per due anni, rinnovabili per altri due, Medihospes dovrà provvedere alle esigenze di vitto, alloggio e servizi basici per i migranti che verranno portati in Albania.

    Un’aggiudicazione che continua ad assembrare ombre sull’operazione Albania i cui altissimi costi di partenza (650 milioni) sono già lievitati a quasi un miliardo a fronte di una totale incertezza sui tempi di apertura dei centri. Stando al bando, Medihospes dovrebbe essere pronta per partire il 20 maggio. Peccato che, per quella data, nelle aree di Shengjin e Gjader non ci sarà molto altro oltre alle ruspe. La consegna dei lavori delle opere di urbanizzazione e della realizzazione delle strutture affidata al genio militare è infatti prevista per la fine di ottobre quando la stagione calda degli sbarchi sarà già finita.

    Il ruolo di semimonopolio di Medihospes nel mondo dell’accoglienza viene fuori dal report “Centri d’Italia” 2022 fatto da Action Aid e Open Polis sugli ultimi dati forniti dal Viminale: a quella data la cooperativa sociale gestiva 26 strutture in sei regioni: 24 Cas, il Cpa di Udine e l’hotspot di Messina, 3800 posti letto sempre sovraffollati in condizioni spesso oggetto di denunce.

    Ex amministratore de #La_Cascina, indagata in Mafia capitale, con sedi e iniziative spesso coincidenti con quelle della #Senis_Hospes, poi diventata Medihospes, Camillo Aceto è sempre caduto in piedi mantenendo un ruolo centrale. «Solo con economie di scala e sacrificando i servizi - osserva Fabrizio Coresi di Action Aid - solo soggetti come Medihospes possono riuscire a realizzare un ribasso consistente e rendersi disponibili a gestire centri come quelli in Albania dove i diritti delle persone accolte non sono al centro».

    https://www.repubblica.it/cronaca/2024/05/07/news/migranti_appalto_albania_medihospes-422857446

    #Albanie #Italie #asile #migrations #réfugiés #coût #appel_d'offre #externalisation #sous-traitance
    –-

    ajouté à la métaliste sur l’#accord entre #Italie et #Albanie pour la construction de #centres d’accueil (sic) et identification des migrants/#réfugiés sur le territoire albanais...
    https://seenthis.net/messages/1043873

    • Cinema, clown, Dazn e i “pomeriggi del tè”. Le promesse di Medihospes per i centri in Albania

      Gran parte delle proposte migliorative presentate dalla cooperativa romana e consultate da Altreconomia riguarda i cosiddetti vulnerabili. Minori, neonati, vittime di violenza e tortura: tutti soggetti che non dovrebbero nemmeno arrivare sul territorio albanese. Continua a non essere chiaro quando diventeranno operative le strutture

      Animatori vestiti da clown, fasciatoi, incontri sulla pace, laboratori sul fair play ispirati al principio del “fai agli altri quello che vorresti fosse fatto a te”. La relazione tecnica presentata dalla cooperativa Medihospes per vincere il bando da oltre 133 milioni di euro per la gestione dei centri in Albania, ottenuta da Altreconomia, descrive una vita quotidiana per i trattenuti piena di attività e di occasioni di svago.

      Ma soprattutto, gran parte dell’offerta riguarda i cosiddetti “vulnerabili” -dai minori non accompagnati a famiglie, passando per persone disabili, vittime di tortura e vittime di tratta- che sul territorio albanese, stando alla normativa vigente, non dovrebbero essere soggetti alla procedura accelerata e non potrebbero essere trasferiti nell’hotspost albanese. “E comunque, anche se vi finissero perchè la vulnerabilità non è stata accertata in precedenza, dalla struttura in Albania dovrebbero essere subito trasferite”, sottolinea Gianfranco Schiavone, socio dell’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione (Asgi)

      “Le ipotesi sembrano due -riprende- o c’è stato un clamoroso travisamento da parte dell’ente appaltante (la prefettura di Roma) che ha attribuito valore (e punteggio) alle proposte di Medihospes che avrebbe invece dovuto ritenere inammissibili in quanto i servizi generosamente proposti non potranno mai essere erogati perché i destinatari di tali attività non dovrebbero né entrare né rimanere nell’hotspot albanese, oppure c’è una volontà del governo di trattenere illegalmente in Albania anche coloro che non vi possono essere condotti”.

      Non è chiaro inoltre quando saranno attivi i centri. A fine maggio il sindacato autonomo di polizia (Sap) ha fatto sapere che i primi venti operatori sono in partenza per l’Albania. La struttura che fungerà da hotspot, secondo quanto riferito dal capo segreteria del dipartimento della Pubblica sicurezza presso il Viminale, Sergio Bracco, sarà consegnata il 3 giugno, invece il sito di Gjader entro fine luglio. Tempi più brevi di quanto invece sta emergendo da altre fonti riportate, tra le altre, da la Repubblica, che parlano di fine novembre per la consegna dei lavori. Ma veniamo all’offerta.

      Medihospes specifica che all’interno dell’hotspot sarà operativo un team minori formato da due animatori che indosseranno “una divisa riconoscibile ed ispirata a dei clown (a titolo esemplificativo: giacca colorata, pantalone rosso, papillon, parrucca colorata)” e garantiranno lo svolgimento delle attività programmate per i bambini “secondo un calendario settimanale di attività e laboratori”. Che sono tantissime. Viene prevista un’ora al giorno di attività motoria (dal twister al bowling fino ai giochi di equilibrio), tre volte alla settimana letture ad alta voce dedicate ai più piccoli per “arricchire il vocabolario e stimolare l’immaginazione”, spettacoli di animazione (il martedì e il venerdì) oltre che laboratori musicali e babymovie per “creare un clima più favorevole all’inclusione sociale”. Si prevedono poi l’apertura di una ludoteca per bambini da un mese a cinque anni e una per i bambini da sei a 12. Le attività sono finalizzate a “creare un clima sereno e accogliente per il minore e a rendere meno traumatica la permanenza nella struttura”.

      Non mancheranno uno “spazio allattamento e fasciatoio” in cui “le mamme si possano sentire a proprio agio ad allattare il loro bambino”. Non mancano poi le attività per i più grandi (13-17 anni) con biliardini, tavoli da ping pong e tv con abbonamenti a servizi streaming e paytv. Ci sarà poi una sala cinema (“oscurata totalmente con porte e finestre con tende spesse”) e nelle aree esterne “strutture fisse quali scivoli, altalene, giochi a molla, giostre e dondoli” con un campo da calcio e uno da basket.

      Medihospes prevede poi del personale aggiuntivo “per una tempestiva individuazione di potenziali soggetti vulnerabili”, tra cui due psicologi specializzati in violenza di genere e vittime di tortura, uno dei quali “avrà il compito di osservare in sede di sbarco gli utenti presso il porto di Shengjin e rilevare potenziali indicatori di situazioni vulnerabili, tortura e violenza”, mentre l’altro “collaborerà con il personale di Gjader per una pronta presa in carico delle situazioni vulnerabili e si attiverà per la realizzazione di misure di tutela e riabilitazione”. È prevista inoltre la presenza di un medico specializzato in ginecologia/ostetricia, “quale professionista sanitario per favorire la gestione di donne in stato di gravidanza e con problematiche ginecologiche, nella rilevazione di eventuali violenze subite, nonché a supporto delle neo mamme nelle fasi di allattamento e svezzamento”.

      Tra le categorie di persone “vulnerabili” per cui vengono previste attività e progetti specifici sono elencati i minori accompagnati e non accompagnati, persone con disabilità, donne e donne in stato di gravidanza, vittime di tortura, vittime di violenza legata all’identità di genere e all’orientamento sessuale, vittime di altre forme gravi di violenza psicologica, fisica o sessuale, vittime di mutilazioni genitali femminili. Ci sono anche le “vittime della tratta di esseri umani” e laddove si “sospetti che la vittima sia accompagnata da uno o più trafficanti” la cooperativa sottolinea che segnalerà la situazione “alle autorità competenti”. Chissà quali. Gli interventi di tutela sanitaria avverranno in collaborazione con la Fondazione “Nostra Signora del Buon Consiglio (Nsbc)” che gestisce il “Catholic Hospital Our Lady of Good Counsel” di Tirana.

      Quel che è certo è che anche gli adulti non si annoieranno. Si prevede un “laboratorio di prima alfabetizzazione” e “giornate informative, con l’ausilio del mediatore linguistico, che mirano alla condivisione e diffusione di alcune norme e regole basilari dell’igiene sanitaria personale”. Secondo Medihospes questo laboratorio è fondamentale. “I ‘luoghi dell’immigrazione’ ove storie culturali e personali spesso portano a non avere un livello condiviso nel bagaglio considerato minimo di nozioni igienico-sanitarie. Gli argomenti trattati saranno l’igiene delle mani, l’igiene intima, l’igiene orale, etc.”.

      E poi laboratori sulla sessualità, in particolare per “gli utenti di genere maschile” approfondimenti per “metterli a conoscenza dei codici sociali che regolano i rapporti tra uomini e donne in Europa con l’obiettivo di prevenire la violenza contro le donne e aiutare le persone che provengono da paesi e società in ui le donne sono fondamentalmente prive di qualsiasi libertà e diritto ad adattarsi e integrarsi nel loro nuove paese”. Ci sono tornei di basket e calcio cinque “a squadre miste” che cercheranno di coinvolgere il maggior numero di partecipanti possibili (“alcuni candidati ad essere arbitri e guardalinee) e poi i laboratori creativi per due volte alla settimana (quelli d’arte prevedono tecniche base come disegno, pittura dal vero e non come paesaggi e natura morta).

      E ancora attività sulla pace e la promozione della cultura dell’incontro perché “le situazioni conflittuali sono sempre situazioni di disagio, contrasto che rischiano di diventare insanabili”. Medihospes propone “l’albero della pace”, un’attività che prevede “la discussione e la riflessione sul significato della pace e sui valori che la caratterizzano” con i partecipanti che termineranno il lavoro “disegnando il proprio albero della pace”. Non solo alberi ma anche un elefante che è “simbolo di pace perché lega in sé la forza e la pace” ed è un esempio di come “vivere in armonia nei diversi contesti”. Decisiva, questa attività, perché “le menti delle persone sono invase quotidianamente da immagini negative che possono influenzare i loro comportamenti e sviluppare la tendenza a dimenticare la maggioranza che vive pacificamente”. E poi “sport for peace” che aiuta a vivere la “regola d’ora ‘fa agli altri ciò che vorresti fosse fatto a te’ attraverso lo sport e giochi di squadra”.

      I “pomeriggi del tè” vogliono invece portare “un’oasi di relax per offrire un momento di distacco dalla routine e dallo stress che la vita in struttura può generare” così ogni pomeriggio si potranno degustare tè e tisane alla presenza di un’assistente sociale e uno psicologo. I trattenuti potranno vedere Sky, Prime Video, Netflix e Dazn e ogni sera assistere alle proiezioni di film sottotitolati e con cadenza bisettimanale ci sarà un cineforum per favorire un confronto tra gli ospiti. Così come i luoghi di preghiera individuale che permettono di “recuperare memorie ancestrali e riattualizzare la propria identità culturale”.

      Medihospes si è aggiudicata a inizio maggio la gara di oltre 133 milioni di euro con un ribasso sui costi del 4,94%. Una corsa in solitaria: l’urgenza dell’attivazione dei servizi ha spinto infatti la prefettura di Roma a scegliere la procedura negoziata. Delle trenta manifestazioni di voler partecipare alla gara arrivate tra il 22 e il 29 marzo -tra cui le note Ors Italia, Ekene oltre che due partecipanti con sede a Tirana e il Gruppo Renco, colosso attivo nell’edilizia e nel settore dell’energia- ne sono state selezionate tre. Consorzio Hera e Officine sociali non hanno però partecipato alla fase finale della gara lasciando campo libero alla cooperativa romana. Che grazie alla ricca offerta “progettata con passione per gli ospiti di Shëngjin e Gjader”, come si legge nel documento, ha vinto senza avversari.

      https://altreconomia.it/cinema-clown-dazn-e-i-pomeriggi-del-te-le-promesse-di-medihospes-per-i-

  • Migrations : « L’UE multiplie les contournements ou les contraventions au droit européen »
    https://www.lemonde.fr/idees/article/2024/05/06/migrations-l-ue-multiplie-les-contournements-ou-les-contraventions-au-droit-

    Migrations : « L’UE multiplie les contournements ou les contraventions au droit européen »
    Hélène Thiollet Géographe et politiste
    La diplomatie migratoire de l’Union européenne (UE) soulève des questions de légalité, de démocratie et d’efficacité. Elle vise en principe à gérer les migrations en empêchant les entrées irrégulières et en s’attaquant aux causes de la mobilité dans les pays d’origine.
    A l’origine, cet effort d’externalisation avait pour objectif d’aligner les politiques migratoires des pays candidats à l’intégration sur celles de l’UE. Au fil du temps, il s’est élargi à des pays extérieurs, devenant ainsi un outil de gestion des frontières. Depuis le début des années 2000, les politiques se sont diversifiées, ajoutant aux mesures directes un large éventail d’instruments qui mêlent l’aide au développement, le traitement des demandes d’asile et la sécurité des frontières comme l’approche globale de la migration et de la mobilité (GAMM), lancée en 2005.
    Ce changement d’orientation s’accompagne d’une tendance notable à privilégier les arrangements ad hoc par rapport aux accords formels. L’UE s’épargne ainsi les longs processus de ratification requis par les traités officiels. Mais elle rend ses choix difficilement contrôlables et peu évalués, ce qui suscite des inquiétudes quant à la transparence, à la responsabilité et à la protection des droits des exilés et des autres migrants. Ainsi la coopération de l’UE avec la Libye, lancée dans les années 2000, a conduit les Européens à fermer les yeux sur les abus et les mauvais traitements infligés aux migrants.
    Alors que les accords ciblaient initialement les migrants en situation irrégulière, ce sont aujourd’hui prioritairement les demandeurs d’asile qui sont visés par la diplomatie européenne. La déclaration euro-turque de 2016 est emblématique de ce virage : au-delà de la migration clandestine, ce sont les flux d’exilés qu’elle vise à empêcher, sous couvert de marchandage habillé de discours humanitaire.
    L’accord a été critiqué pour avoir transformé la gestion des migrations en une relation transactionnelle, où l’aide financière est échangée contre des contrôles frontaliers plus stricts, sans répondre de manière adéquate aux besoins humanitaires des réfugiés et des migrants. En Égypte, avec les accords signés en 2023 et 2024, ce sont des demandeurs d’asile reconnus comme tels – les Soudanais, Sud-Soudanais et peut-être les Gazaouis – qu’il s’agit de refouler, en contravention avec le droit international, la convention de 1951, les droits européens et nationaux.
    L’UE multiplie les contournements ou les contraventions au droit européen, par exemple lorsqu’elle délocalise en Albanie les demandes d’asile des personnes secourues par les autorités italiennes (2023). Cette stratégie ne fait pas que menacer l’équilibre entre le besoin de contrôle et le respect des droits de l’homme et de l’état de droit. Elle est aussi inefficace et coûteuse. Si elle bloque les réfugiés dans leur pays d’origine ou les pays voisins, elle n’empêche pas d’autres migrants de changer de route et d’entrer en Europe. Elle implique des engagements financiers substantiels : 850 millions d’euros pour Frontex en 2021, 5 milliards pour le Fonds fiduciaire d’urgence pour l’Afrique…
    Elle soulève aussi des questions sur les véritables bénéficiaires de ces accords et sur le rôle de l’UE dans le renforcement potentiel de structures de gouvernance autoritaires. C’est le cas dans la Corne de l’Afrique, avec l’initiative de Khartoum depuis 2014 et le Fonds fiduciaire d’urgence pour l’Afrique : les financements soutiennent essentiellement de grandes agences de développement occidentales et non des organisations locales. Les Etats autoritaires de la région en retirent parfois des bénéfices économiques qui leur permettent de financer leur appareil répressif. Ils en retirent surtout des bénéfices politiques, en devenant des partenaires incontournables de l’UE, comme Kadhafi en son temps.
    En infusant de la migration dans sa diplomatie, l’UE se rend vulnérable à une double instrumentalisation : à l’extérieur, de la part de ses partenaires diplomatiques ou de pays tiers malintentionnés, comme la Russie, qui a organisé, en 2019 et en 2021, des mini-« crises » migratoires aux frontières orientales de l’UE ; mais aussi en interne, la question migratoire devenant le fonds de commerce de certains partis. La politique migratoire de l’UE exige donc plus que jamais un contrôle public vigilant et informé, afin de garantir que les accords signés respectent non seulement la sécurité et les intérêts de l’Union, mais aussi les droits fondamentaux et la dignité des personnes concernées.

    #Covid-19#migration#migrant#UE#droit#convention#frontiere#securite#accord#gouvernance#sante#diplomatie

  • Avec le #Liban, l’UE compte de nouveau sur un #pays_tiers pour contrôler les migrations

    Un nouvel #accord a été conclu entre l’Union européenne et le Liban cette semaine, à hauteur d’un milliard d’euros. Ce dernier vise, sous couvert d’aider à maintenir la sécurité et la stabilité du pays, à freiner les départs d’exilés syriens en direction de l’Europe.

    La tournée continue. L’Union européenne vient de signer un nouveau « deal », cette fois avec le Liban, pour qu’un pays tiers gère le contrôle de ses frontières. Après l’Égypte et la Tunisie, c’est désormais à un Liban en crise de tenter de maîtriser les départs des exilés présents sur son sol, qui pourraient aspirer à rejoindre l’Europe pour une vie meilleure.

    Cette aide d’un milliard d’euros, annoncée à l’occasion d’une visite de la présidente de la commission européenne Ursula von der Leyen et du président chypriote Níkos Christodoulídis à Beyrouth le 2 mai, devrait s’étaler jusqu’en 2027 et « permettra de soutenir la population au Liban et de contribuer à sa sécurité et sa stabilité », a argué Ursula von der Leyen.

    Entre les lignes, le spectre migratoire n’est jamais bien loin : cette enveloppe doit certes permettre de soutenir « les plus vulnérables », à l’heure où le Liban traverse une crise socio-économique majeure, mais aussi et surtout « les réfugiés, les personnes déplacées à l’intérieur du pays et les communautés d’accueil », tout en renforçant le soutien aux forces armées libanaises « dans la lutte contre la #traite et le #trafic_d’êtres_humains ».

    Autrement dit les #passeurs, qui permettent aux Syriennes et Syriens de faire la traversée vers l’île de Chypre, où le nombre d’arrivées par la mer a bondi ces dernières années ; et où, tout récemment, le gouvernement a annoncé vouloir suspendre les demandes d’asile pour les Syrien·nes sur l’île, en violation du droit international et en particulier de la Convention de Genève relative aux réfugiés.

    C’était d’ailleurs l’objet d’une première rencontre entre le président chypriote et le premier ministre libanais, Najib Mikati, organisée le 8 avril dernier à Beyrouth. Le premier ministre libanais avait alors assuré que « l’armée et les forces de sécurité libanaises faisaient de leur mieux pour mettre fin à l’immigration illégale ».

    L’entrevue avait abouti sur l’idée d’une coopération entre les deux pays, avec une « aide substantielle de la commission européenne », comme l’avait souligné le porte-parole du gouvernement chypriote à l’issue de la rencontre.

    Des contours flous

    Plus surprenant, le Conseil européen a également « réaffirmé la nécessité de créer les conditions d’un #retour_sûr, volontaire et digne des réfugiés syriens, telles que définies par le Haut-Commissariat aux réfugiés », peut-on lire dans un communiqué de la commission européenne en date du 2 mai.

    La #Syrie n’est pourtant pas considérée comme un #pays_sûr, comme le font remarquer différents observateurs : en septembre 2021, l’ONG Amnesty International avait même pointé dans un rapport les nombreuses violences – torture, viols, détention arbitraire – dont les réfugiés de retour en Syrie peuvent faire l’objet.

    Dans tous les cas, soulève Wadih Al-Asmar, président du réseau EuroMed Droits, « 250 millions d’euros sont prévus pour l’#armée_libanaise, qui participe à renvoyer des Syriens chez eux malgré les dangers qu’ils encourent en Syrie ». L’argent européen va donc « permettre des violations des droits de l’homme », regrette-t-il, expliquant que plusieurs cas ont déjà été documentés par ses équipes dernièrement.

    L’homme s’interroge par ailleurs sur cette enveloppe financière tombée de nulle part : fait-elle partie des fonds alloués par l’UE au Liban de façon régulière depuis 2011 ? S’agit-il d’une somme allouée de façon exceptionnelle ?

    Il souligne les « contours très flous » de cet accord, conclu avec le premier ministre libanais alors que celui-ci n’a pas l’habilitation de signer des accords internationaux, pour lequel aucun texte n’a encore visiblement été rédigé. « Aucun texte n’a été présenté au parlement libanais ou au parlement européen. C’est avant tout un grand effet d’annonce », estime celui qui est aussi président du centre libanais des droits humains à Beyrouth.

    Un coup de com’ « très problématique sur le plan des #droits_humains » : il pourrait provoquer une « pression supplémentaire sur les réfugiés syriens » présents au Liban, et participe au narratif faisant des Syriens les responsables de tous les maux que peut connaître le pays. « Il y a pourtant une classe politique corrompue qui a volé l’argent des Libanais, mais au lieu de poursuivre en justice les responsables de tout ça, on met tout sur le dos des réfugiés syriens », déplore Wadih Al-Asmar.

    Dans l’esprit du pacte migratoire européen

    L’effet d’annonce derrière ce nouvel accord vise aussi à conforter Chypre dans ses prises de position plus ou moins explicites contre les réfugiés syriens qui tentent de rejoindre l’île par la mer.

    Depuis quelques mois, Chypre « viole le droit européen » en refusant le débarquement de ces réfugiés. « Ursula von der Leyen donne donc une couverture politique au président chypriote en concluant cet accord », estime Wadih Al-Asmar.

    L’eurodéputé Damien Carême abonde : « On a l’impression que c’est pour calmer Chypre, qui ne veut plus accueillir de réfugiés syriens et va jusqu’à les refouler. On note d’ailleurs le mutisme de la Commission européenne sur ces agissements. »

    Ce nouvel accord s’inscrit, relève l’eurodéputé, dans la droite ligne du pacte migratoire européen, adopté le 10 avril dernier par le Parlement européen. « Il s’agit d’externaliser la gestion des frontières et de renvoyer le plus de personnes possible », explicite l’écologiste, qui a très vite marqué son désaccord avec ce pacte.

    Après la Mauritanie, la Tunisie, l’Égypte ou encore la Libye, « l’UE s’enferme dans des solutions qui ont déjà montré toute leur inefficacité ». Signer des accords avec des pays tiers dits « sûrs » est désormais devenu une « obsession », tacle l’eurodéputé, qui prend soin de relativiser la notion de pays « sûr ».

    « On ne sait pas bien ce qu’il y a derrière cette notion, puisque la Tunisie est par exemple considérée comme un pays sûr, et la Libye aussi, malgré tout ce qu’il s’y passe. » Impossible de ne pas relever les incohérences s’agissant du cas précis de la Syrie, où la commission européenne encourage le retour volontaire des réfugiés syriens, tout en considérant que le pays n’est pas « sûr ». « C’est dramatique et très inquiétant », alerte celui qui pointe là un « cynisme maximal ».

    Massivement présents sur le territoire libanais (un million et demi de réfugiés, soit près de 30 % de la population), mais victimes de discours populistes allant jusqu’à la théorie raciste du « grand remplacement », rejetés par Chypre et soumise à des marchandages financiers orchestrés par l’UE, prête à débourser un milliard d’euros pour ne pas les voir débarquer sur son sol… voilà le « marché de dupes » auxquels sont soumis les réfugiés syriens, dénonce Wadih Al-Asmar, qui résume la visite d’Ursula von der Leyen à un « échec ».

    Cette dernière veut « transformer le Liban en poste frontière avancé de l’UE », comme d’autres pays par le passé. Mais selon lui, le nombre de traversées par la mer vers Chypre ne baissera pas, et le business des passeurs, que l’accord UE-Liban est censé mettre à mal, continuera de fleurir de son côté, avec l’assentiment de la population libanaise, « contente de voir qu’ils font partir les réfugiés syriens ».

    Au final, conclut-il, « l’UE ne fait pas baisser la pression sur les réfugiés syriens, n’apporte pas de garanties réelles pour améliorer leur condition au Liban, et offre une image dégradée de l’Europe qui ne cherche qu’à contenir les migrations dans un pays tiers ».

    https://www.mediapart.fr/journal/international/030524/avec-le-liban-l-ue-compte-de-nouveau-sur-un-pays-tiers-pour-controler-les-

    #externalisation #migrations #réfugiés #frontières #contrôles_frontaliers #aide_financières #réfugiés_syriens #renvois #expulsions #retour_volontaire #retour_digne #pays-tiers_sûrs

    ping @_kg_

    • EU unveils €1-billion aid package for Lebanon in bid to curb refugee flows

      The European Union will provide €1 billion in financial aid to Lebanon over three years to prop up the country’s economy and help prevent a surge in refugees leaving for Europe.

      European Commission President Ursula von der Leyen announced the move on Thursday morning following a meeting with Lebanese caretaker Prime Minister Najib Mikati and Cypriot President Nikos Christodoulides in Lebanon’s capital, Beirut.

      The financial envelope, made up entirely of grants and to be dispersed by 2027, will help Lebanon strengthen basic services such as education, social protection and health, and spur economic reforms in the crisis-stricken country, von der Leyen said.

      But some three quarters of the cash - a total of €736 million - will be specifically dedicated to helping Lebanon grapple with the challenges it faces in welcoming Syrian refugees.

      “We understand the challenges that Lebanon faces with hosting Syrian refugees and other displaced persons. It is vital to ensure the well-being of host communities and Syrian refugees,” von der Leyen said.

      The Commission chief also vowed to “look at how to make the EU’s assistance more effective,” including facilitating a “more structured approach to voluntary returns” of displaced Syrians in cooperation with the UN refugee agency (UNHCR).

      It comes after EU leaders backed deeper engagement with Beirut last month to help safeguard it from the repercussions of the conflict in the Middle East, and after Cyprus raised the alarm over a sharp peak in the number of Syrian refugees arriving from Lebanon.

      It also follows a string of agreements signed over the last year between Brussels and African countries in a bid to stem migration into Europe.

      A deepening economic crisis and fragile government make Lebanon particularly vulnerable to the instability gripping the region in the wake of the Israel-Hamas war.

      The country is home to some 210,000 Palestinian and 1.5 million Syrian refugees, prompting fears regional instability could unleash a wave of migrants towards Europe via the island of Cyprus.
      Cash to stem refugee flows

      In early April, Cyprus announced it would temporarily halt the processing of asylum applications due to a surge in arrivals of Syrian refugees transiting through Lebanon and attempting to reach the island, which lies just 260 km off the Lebanese coast in the Mediterranean Sea.

      Over 1,000 people arrived in Cyprus by boats from Lebanon during the first two weeks of April, leaving refugee and reception centres on the island overloaded.

      “The problems seen on the Cypriot border is only one example of what could happen if this problem is not addressed,” Lebanese caretaker Prime Minister Najib Mikati acknowledged on Thursday, thanking Cyprus’ President Christodoulides for brokering the agreement.

      Hailing the announcement as “historic”, Christodoulides said that the financial envelope would address a situation that is “not sustainable” for either Lebanon, Cyprus or the European Union.

      “While we commend the Lebanese government for hosting a large number of Syrian refugees for more than 12 years, we are also fully cognisant of the enormous pressure that this creates to your economy and to your society,” Christodoulides said.

      He backed von der Leyen’s proposal of intensifying work with partners such as UNHCR on voluntary returns, where refugees who want to return to their home countries - even if the UN agency considers it unsafe for them - are supported to do so.

      Christodoulides also went further by calling for the status of some regions of Syria to be “re-examined” as safe areas to facilitate the return of migrants and refugees, a proposal he tabled at last month’s summit meeting of EU leaders.

      Syria, which has been under the authoritarian regime of Bashar al-Assad for more than two decades, has been designated an unsafe country since the civil war erupted in 2011. But refugee host countries such as Turkey and Lebanon have been pushing for the mass return of Syrian refugees to the country.

      A European Commission spokesperson confirmed that the EU has followed the lead of the UNHCR in their approach to safe zones in Syria, and that Brussels is “embarking now on discussions to see how to approach this issue in the upcoming period.”

      Von der Leyen also floated a working arrangement between Lebanon and the EU’s border agency, Frontex, “particularly on information exchange and situational awareness.” The agency currently has such arrangements in place with 19 partner countries.
      Security of Lebanon ’at stake’

      Both Christodoulides and von der Leyen also acknowledged the threat posed by the war between Israel and Hamas to Lebanon’s security.

      The Iranian-backed militant group Hezbollah is present in the country and has continuously exchanged fire across Lebanon’s southern border with Israel since the outbreak of the war last October.

      Hezbollah also took part in Tehran’s unprecedented aerial attack on Israel last month.

      “We are deeply concerned about the volatile situation in South Lebanon. What is at stake is the security of both Lebanon and Israel. The two cannot be disassociated,” von der Leyen said.

      Von der Leyen asked for a UN resolution calling on Israel to withdraw its troops from the Blue Line, the border demarcation between Lebanon and Israel, to be respected.

      https://www.euronews.com/my-europe/2024/05/02/eu-unveils-1-billion-aid-package-for-lebanon-in-bid-to-curb-refugee-flows

    • #Abou_Nader: Lebanese people reject European aid as a bribe to contain refugees

      #Fouad_Abou_Nader announced that Lebanese people have significant doubts regarding the EU’s financial package for Lebanon, estimated at a value of one billion euros over four years.

      He said: “If it is a veiled bribe intended to task the government with containing Syrian refugees and keeping them in Lebanon, then this assistance is to be returned to the givers with thanks.”

      He added: “The assistance that Lebanon was expecting from Europe is the regular repatriation of refugees to their country by giving them direct incentives in Syria. They can start by repatriating about 200,000 refugees who freely move between Lebanon and their country and have participated in the recent elections, which means there are no problems between them and the regime.”

      He asked: “Lebanese people were promised the transfer of Syrian prisoners to their country to complete their sentences there, so where is this promise now?”

      https://www.lbcgroup.tv/news/lebanon-news/770041/abou-nader-lebanese-people-reject-european-aid-as-a-bribe-to-contain-r/en

      #refus

  • #Édition_scientifique : #accord national de 33 M€ annuels avec #Elsevier (#Abes, #Couperin, #MESR)

    L’Abes, Couperin et le MESR annoncent l’attribution d’un marché national à l’éditeur Elsevier d’un montant annuel de 33 M€, le 30/04/2024. L’accord, négocié par Couperin et porté par l’Abes, est signé pour quatre ans…

    (#paywall)

    https://education.newstank.fr/article/view/323526/edition-scientifique-accord-national-33-annuels-elsevier-abes-cou
    #France #budget #recherche #revues_scientifiques #revues_prédatrices #ESR #université #publication_scientifique

    –-

    ajouté à la une métaliste sur la #publication_scientifique :
    https://seenthis.net/messages/1036396

    • Signature d’un #accord global de lecture et de publication avec l’éditeur #Elsevier

      L’Agence bibliographique de l’enseignement supérieur (Abes) a signé un marché de portée nationale avec l’éditeur Elsevier, dans le cadre de la négociation menée par le consortium des établissements d’enseignement supérieur et de recherche Couperin (marché notifié le 30 avril 2024).

      Cet accord, d’un montant annuel à hauteur de 33 millions d’euros, ouvre pour l’ensemble des établissements à mission d’enseignement supérieur et de recherche le service de publication en accès ouvert sans frais supplémentaires pour les auteurs dans la majorité des revues Elsevier hybrides ou entièrement en accès ouvert. Le marché porté par l’Abes compte 241 établissements abonnés, parmi lesquels 44 à titre gratuit, chiffre en hausse depuis la mise en place de la licence nationale. Cet accord est soutenu par le ministère de l’Enseignement supérieur et de la Recherche (MESR).

      L’accord est signé pour une période de 4 ans (2024-2027), sans évolution tarifaire du prix de l’abonnement en 2024, et avec une hausse limitée à 1 % les années suivantes, et comprend trois volets :

      - Service de lecture, pour tous les articles publiés dans les revues de la Complete Freedom Collection (incluant quatre titres Lancet), la collection Bibliothèque Médicale Française, les 5 titres Journal of the American College of Cardiology (JACC) et, pour certaines institutions ayant pris l’option, des titres Cell Press et des titres-à-titres sélectionnés par ces mêmes institutions ;
      - Service de publication en accès ouvert immédiat sans frais pour les auteurs de correspondance des membres de l’accord, dans une liste de près de 2 500 titres éligibles, dont 676 entièrement en accès ouvert. Les droits à publication sans frais supplémentaires s’élèvent à plus de 11 000 articles par an et ont été calculés pour couvrir la totalité de la publication française ;
      - Service d’archivage sécurisant les droits d’accès perpétuels sur le contenu souscrit 2024-2027 sur la plateforme d’archivage national PANIST, et enrichissant la plateforme Istex avec les articles publiés jusqu’en 2023 en autorisant la fouille de textes.

      Cet accord s’inscrit dans le cadre des activités menées par le consortium en faveur du développement de la science ouverte et de la maîtrise des dépenses de publication des établissements. En intégrant les frais de publication (APC) et en supprimant les factures associées, cet accord facilite, pour les établissements qui le souhaitent, l’accès à la publication en libre accès immédiat.

      Le consortium Couperin a déjà négocié des accords de lecture et de publication avec d’autres éditeurs, comme EDP Sciences en 2018 et 2022 et Wiley en 2022. Afin de favoriser la « bibliodiversité », des négociations sont également en cours avec des éditeurs entièrement en accès ouvert tels que PLOS et Copernicus.

      Retrouvez plus d’informations ici : https://www.couperin.org/category/negociations/accords-specifiques-so

      https://www.enseignementsup-recherche.gouv.fr/fr/signature-d-un-accord-global-de-lecture-et-de-publica

  • Migranti, sui centri in Albania il governo smentisce se stesso. Pronti non prima di novembre

    In base al bando per la gestione avrebbero dovuto aprire a maggio, il ministero della Difesa prevede la consegna dei lavori per le strutture in autunno. I costi rischiano di arrivare a un miliardo di euro

    Inizio lavori 23 marzo, consegna prevista dopo 233 giorni, cioè il 10 novembre. Così si legge nella determina del ministero della Difesa che ha affidato al Genio militare la realizzazione dei centri per migranti in Albania. Che, però, stando alle intenzioni della premier Giorgia Meloni e soprattutto al bando per la gestione degli stessi centri, avrebbero dovuto aprire i battenti il 20 maggio, giusto in tempo per incassare il risultato di quella che il governo ritiene una soluzione innovativa per alleggerire l’Italia dall’onere dell’accoglienza dei migranti.

    Cantieri appena aperti, ci vorranno mesi

    Al porto di Shengjin e nell’ex base militare di Gjader, i lavori stanno appena muovendo i primi passi, siamo ai sopralluoghi che per altro starebbero rilevando una serie di difficoltà nel territorio. Impossibile che i centri siano pronti per maggio, ci vorranno mesi, passerà tutta l’estate. E, al di là della propaganda di governo, i primi documenti svelano il bluff dell’operazione Albania, i cui costi continuano a lievitare e rischiano di arrivare a sfiorare la cifra monstre di un miliardo di euro in cinque anni. Perchè alle cifre ufficiali, già elevatissime che ammontano a circa 150 milioni di euro all’anno moltiplicati per cinque anni, devono aggiungersi i costi non quantificabili: quelli rimborsabili a piè di lista, per i trasporti e la sanità e, per quel che riguarda le strutture i subappalti «senza limiti di spesa», come si legge appunto nella determina della Difesa.

    Fondi extrabudget dirottati dal Pnrr

    Anche i costi per realizzare i due centri, l’hotspot nel porto di Shengjin e il centro di detenzione per richiedenti asilo da 880 posti, con un’ala destinata a Cpr ( altri 144 posti) e un’altra a vero e proprio carcere ( da 20 posti), a Gjader, sono da considerarsi un extrabudget. I lavori affidati al Genio costeranno circa 65 milioni di euro. Soldi che, in parte, vengono prelevati da un disegno di legge che riguarda l’utilizzo dei fondi del Pnrr, come sottolineano i rappresentanti dell’opposizione. «Ogni giorno che passa è sempre più chiaro il bluff dell’accordo Italia Albania - dice Matteo Mauri che per il Ps ha seguito i lavori in commissione sul protocollo Albania - I costi aumentano ogni mese. In un decreto di marzo hanno aggiunto altri 65 milioni di euro, sfondando il tetto dei 700 milioni totali. Una cifra spropositata per fare una cosa completamente inutile».

    In aggiudicazione il bando per la gestione dei centri

    Nei prossimi giorni il ministero dell’Interno aggiudicherà la gara da 36 milioni di euro a base d’asta per la gestione dei centri. All’esame ci sono le offerte delle tre imprese selezionate sulle trenta partecipanti. Ancora da bandire invece quella per la fornitura dei moduli prefabbricati che saranno piazzati sulle aree quando il Genio e le imprese subappaltatrici avranno terminato di sbancarle, bonificarle, realizzare fogne e impianti, Senza limiti di spesa.

    https://www.repubblica.it/cronaca/2024/04/14/news/centri_migranti_albania_cpr_governo_meloni-422527456

    #Italie #asile #migrations #réfugiés #Albanie #accord #externalisation #centres

    –-

    Ajouté à la Métaliste sur l’#accord entre #Italie et #Albanie pour la construction de #centres d’accueil (sic) et identification des migrants/#réfugiés sur le territoire albanais...
    https://seenthis.net/messages/1043873

    • Il flop del Cpr in Albania voluto da Giorgia Meloni: doveva essere pronto prima delle elezioni, ma i cantieri sono fermi

      Il piano della premier era aprire il centro di permanenza per i rimpatri come mossa da campagna elettorale. Ma al momento non c’è nessun lavoro. E nell’ex aeroporto, off limits, pascolano le capre

      «Largohu. Mos bëni foto». L’uomo con la casacca gialla urla verso di noi appena mettiamo piede sul bordo del cantiere albanese del nuovo Cpr italiano, il Centro di permanenza per i rimpatri, in costruzione. Nella sua lingua con fare minaccioso dice di andare via e di non fare foto, perché i lavori sono top secret e nessuno ha il permesso di entrare. Ma basta spostarsi qualche metro più in là dal cancello per osservare che nell’immensa ex base militare dei tempi di Enver Oxha non c’è ancora nemmeno un mattone in piedi. A Gjader, piccolo villaggio a pochi km dalla città di Lezha, sembra che i lavori vadano a rilento e infatti nel cantiere ci sono solo due escavatori che spostano terriccio e un basamento di cemento che delinea un quadrato.

      «Questo è quello che si scorge da questo ingresso - spiega Elidon, un giornalista locale – ma il resto della zona è lontana, perché l’area si estende verso l’ex pista di atterraggio per i velivoli militari». Seguendo la strada si arriva, effettivamente, all’ingresso principale di quello che fu un aeroporto e una coppia di militari sbarra la strada. Non si vede niente dell’interno ma Elidon prontamente mostra le immagini girate il giorno prima con il suo drone. «Non c’è niente, non si vede nessuna costruzione», spiega.

      Secondo i piani di Giorgia Meloni, il centro avrebbe dovuto già essere aperto, giusto in tempo per le ultime battute di campagna elettorale per elezioni europee. Ma le cose stanno andando molto più a rilento di quello che si potesse immaginare e secondo le fonti albanesi i centri, sia quello di Gjader sia quello di Shengjin, non saranno pronti nemmeno per novembre, forse per i primi mesi del 2025.

      Da Gjader riprendiamo la strada e torniamo verso Lezha per poi girare verso il mare. Al porto di Shengjin nessun giornalista ha il permesso di entrare e le foto sono vietate anche dalla strada. Bisogna salire in alto sulle colline per avere una visuale completa della banchina dove sorgeranno delle costruzioni provvisorie per la prima accoglienza dei migranti e la loro registrazione. Anche al porto, però, sembra che i lavori siano molto indietro. Ci sono dei container stipati su un lato ma al centro non c’è ancora nessun tipo di struttura. Eppure, sarà proprio lì che le motovedette della guardia costiera italiana e della Guardia di finanza dovranno attraccare per far scendere i naufraghi salvati nel Mediterraneo centrale. Dal porto, con navette e bus, i migranti saranno trasportati nel centro di Djader, attraversando 20 km di strade che normalmente sono trafficate e che d’estate diventano uno spaventoso lungo ingorgo. «Sarà un disastro», dice qualcuno. «Ma chi se ne importa», dice qualcun altro. Per ora nessuno sta prendendo sul serio la questione Cpr italiani su suolo albanese. Nessuno ha ancora visto una struttura in piedi e tra propaganda del governo e notizie confuse in pochi hanno davvero capito che cosa succederà. O almeno questo è quello che i media vicino al governo di Edi Rama vogliono far pensare.

      «La gente di Gjader, di Lezha e di Shengjin è favorevole all’accordo con l’Italia - spiega ancora Elidon – perché pensa che in questo modo gli italiani sistemeranno la rete idrica, che in alcune zone non c’è affatto, e la rete elettrica, che è rovinata. Sono felici perché gli italiani aggiusteranno le strade e porteranno vita nei villaggi di Gjader e Kakariq dove non c’è più nessuno». Alcuni, alla domanda sul centro di rimpatrio, che sarà un vero e proprio carcere, dicono che non importa, perché se anche i migranti dovessero scappare, è un problema degli italiani. «Tanto pagano tutto loro…». Chiacchierando al bar, qualcuno ascolta la conversazione e dice che Rama ha fatto bene a fare l’accordo con l’Italia, perché Giorgia Meloni ha promesso in cambio uno sponsor per far entrare l’Albania in Europa. Qui, in questa zona a poco meno di due ore da Tirana quasi al confine con il Montenegro, parlano tutti almeno un po’ di italiano e il 98% della popolazione ha un parente che vive e lavora tra Palermo e Trento. Tutti d’accordo, dunque, tutti favorevoli, nessun problema…anzi.

      Basta poco, però, per capire che dietro queste dichiarazioni c’è qualcosa di più che una convinzione. «Non importa a nessuno dei diritti umani, questo accordo serve come disincentivo», dice una delle fonti. «È come il Ruanda per il Regno Unito. Se gli africani sanno che verranno portati in Albania, ci penseranno due volte prima di partire». La frase sembra già sentita, perché già qualcun altro l’ha ripetuta almeno un paio di volte durante il soggiorno in Albania. E l’intera narrazione comincia ad appare come uno slogan pro-Cpr e pro-Rama.

      «È tutta una bugia». A cambiare la visione sul trattato Italia-Albania ci pensa Alberto, albanese di 52 anni che per 30 ha lavorato tra Italia e Gran Bretagna e che abita proprio a meno di 100 metri dal cantiere del Cpr di Gjader. In macchina ripercorriamo la stradina per arrivare all’ex base militare, perché Alberto ci porta a casa sua, lì dove ha appena finito di costruire un nuovo grande edificio. «Ci ho messo metà della mia vita di sacrificio per farla e adesso stanno rovinando l’intera zona». Se costruiranno davvero anche il muro perimetrale alto 7 metri, sarà a solo 50 metri dalla sua villa e gli oscurerà l’intera visuale.

      «Qui sono tutte case nuove e vuote – spiega Alberto – perché i proprietari vivono all’estero e le hanno realizzate per poterci tornare con la famiglia in estate o per i figli che studiano ancora. Nessuno del governo ci ha chiesto un parere e forse hanno approfittato proprio del fatto che qui sono rimasti solo i vecchi. Chi vuoi che protesti? Li hanno riempiti di bugie e propaganda. Se in 50 anni il nostro governo non ci ha fatto arrivare l’acqua – dice ancora – dobbiamo aspettare un contratto così assurdo per farcela portare dagli italiani?». Alberto e sua moglie sono preoccupati, non tanto per la sicurezza, quanto per il fatto che saranno a pochi metri da un carcere. E che la zona da bucolica e tranquilla, si trasformerà in un inferno di traffico, caos e disperazione.

      A non essere d’accordo con l’operazione del governo, in realtà, sono in tanti, anche se molti hanno paura di esprimere il proprio dissenso apertamente. Non ha nessun timore, invece, Ndre Molla, uno degli avvocati che lo scorso dicembre ha contribuito alla stesura della documentazione per la Corte costituzionale. I giudici, a sorpresa, avevano sospeso l’accordo siglato tra Albania e Italia proprio alla vigilia di un Consiglio europeo. «Il contratto è anticostituzionale e viola la sovranità del territorio albanese», spiega l’avvocato Molla. «Ma Edi Rama controlla tutti in questo Paese, anche i giudici. E così, dopo neanche un mese, si sono rimangiati il parere contrario. Questo centro è contro tutti gli interessi dell’Albania», dice ancora l’avvocato. Nel suo ufficio nel centro di Lezha, Nndre Molla spiega che nessuno è contro gli i migranti, ma l’Albania non può diventare un parcheggio per esseri umani, nemmeno se lo chiede l’Italia. «Il timore è che se questo progetto dovesse funzionare e se le elezioni europee andassero in un certo modo, anche altri Paesi potranno pensare di aprire i loro Cpr in Albania», ammette Molla. Il pensiero va a Ursula von der Leyen, che ha elogiato l’idea dei Cpr in Albania di Meloni definendola «un ottimo pensiero fuori dagli schemi».

      E poi ci sarebbe anche un altro problema. L’Albania è uno dei Paesi che i migranti attraversano lungo la rotta balcanica e un centro pieno di uomini sarebbe sicuramente una calamita per i trafficanti. In auto, con i taxi, con i bus, a piedi. Basterebbe poco per attivare un business per portare i migranti dall’Albania verso Montenegro e poi Bosnia e poi Croazia. Non sarebbe la prima volta.

      Contraria fin dal primo momento al progetto è anche Lindita Metaliaj, parlamentare del partito democratico d’Albania, che è a destra e all’opposizione rispetto al partito di Edi Rama. «Il protocollo non è compatibile con la nostra Costituzione – spiega Metaliaj – È indegno diventare un magazzino di rifugiati, non è giusto per noi albanesi e nemmeno per i diritti di questa povera gente». Non appena il Cpr prenderà forma, qualcuno inizierà a protestare davvero, dicono. Per ora nel cantiere continuano a pascolare placide solo le capre.

      https://lespresso.it/c/inchieste/2024/5/30/il-flop-del-cpr-in-albania-voluto-da-giorgia-meloni-doveva-essere-pronto-prima-delle-elezioni-ma-i-cantieri-sono-fermi/51043

  • #02_février_2024 : Droits des personnes exilées aux #frontières_intérieures : le gouvernement sommé de revoir sa copie

    Le #Conseil_d’État vient de rendre sa décision, ce 02 février 2024, sur le régime juridique appliqué aux frontières intérieures depuis 2015 après que la #Cour_de_justice_de_l’Union_européenne (#CJUE) a, dans un arrêt du #21_septembre_2023, interprété le droit de l’Union.

    Conformément aux demandes des associations, le Conseil d’État annule l’article du #Ceseda qui permettait d’opposer des #refus_d’entrée en toutes circonstances et sans aucune distinction dans le cadre du rétablissement des contrôles aux frontières intérieures.

    Surtout, suivant son rapporteur public, le Conseil d’État souligne qu’il appartient au législateur de définir les règles applicables à la situation des personnes que les services de police entendent renvoyer vers un État membre de l’#espace_Schengen avec lequel la France a conclu un #accord_de_réadmission – entre autres, l’#Italie et l’#Espagne.

    Après huit ans de batailles juridiques, le Conseil d’État met enfin un terme aux pratiques illégales des forces de l’ordre, notamment en ce qui concerne l’#enfermement des personnes hors de tout cadre légal et au mépris de leurs droits élémentaires à la frontière franco-italienne. Le Conseil constate que leur sont notamment applicables les dispositions du Ceseda relatives à la retenue et à la rétention qui offrent un cadre et des garanties minimales. Enfin, il rappelle l’obligation de respecter le #droit_d’asile.

    Nos associations se félicitent de cette décision et entendent qu’elle soit immédiatement appliquée par l’administration.

    Elles veilleront à ce que les #droits_fondamentaux des personnes exilées se présentant aux frontières intérieures, notamment aux frontières avec l’Italie et l’Espagne, soient enfin respectés.

    Organisations signataires :
    ADDE
    Alliance DEDF
    Anafé
    Collectif Agir
    Emmaüs Roya
    Gisti
    Groupe accueil et solidarité
    La Cimade
    Ligue des droits de l’Homme
    Roya Citoyenne
    Syndicat des avocats de France
    Syndicat de la magistrature
    Tous migrants
    Welcome Pays d’Aix

    http://www.anafe.org/spip.php?article710
    #France #justice #02.02.2024 #contrôles_frontaliers #contrôles_systématiques_aux_Frontieres #frontière_sud-alpine #Alpes_Maritimes

    –-

    sur la décision de la CJUE du 21 septembre 2023 :
    https://seenthis.net/messages/1026361

    –-

    ajouté à la métaliste autour de la situation des exilés dans les #Hautes-Alpes :
    https://seenthis.net/messages/733721

    • 3) Quels effets de l’arrêt du 2 février Conseil d’État sur la frontière franco-italienne ?

      Le 2 février dernier, le Conseil d’État publiait un arrêt s’opposant aux pratiques de remises de refus d’entrée systématiques aux personnes exilées interpellées à la frontière. Cette décision supprimait l’article du CESEDA (Code de l’entrée et du séjour des étrangers et du droit d’asile) qui permettait d’opposer des refus d’entrée en toutes circonstances et sans aucune distinction en cas de rétablissement des contrôles aux frontières intérieures (voir le communiqué de presse inter-associatif ici).

      Dans la foulée, nous avons observé un changement de pratiques à la PAF de Montgenèvre : les personnes interpellées sont placées en retenue administrative pour vérification d’identité ou de droit au séjour (maximum 24 heures). Les personnes qui souhaitent demander l’asile en France ressortent libre du poste de police pour aller déposer leur demande sur le territoire. Nous constatons des pratiques très hétérogènes en matière de procédures : les retenues observées vont de quelques minutes à plus de 23h30, et des personnes ont témoigné avoir fait une demande d’asile sans que cela ne soit pris en compte.

      Cette décision met-elle un terme définitif aux refoulements en Italie ? Non. Car toutes les personnes qui ne relèvent pas du droit d’asile sont refoulées à #Oulx sous une procédure de réadmission, certes plus encadrée qu’une simple décision de refus d’entrée, mais qui pose les mêmes problèmes en matière d’accès aux droits. Durant la retenue administrative, les personnes devraient pouvoir bénéficier d’un interprète, d’un avocat, avoir la possibilité de prévenir une personne de leur choix, et enfin, la possibilité de former un recours contre la décision préfectorale de réadmission en Italie. Nos premières observations montrent que ces droits ne sont pas systématiquement effectifs.

      Si les procédures de non-admission ont évolué, rien n’a changé concernant les pratiques de contrôles ciblés et discriminatoire, avec un dispositif important de gendarmes mobiles postés tout autour de la frontière. Par ailleurs, le dispositif de contrôle de la frontière est renforcé depuis début 2024 avec de nouveaux moyens matériels et humains mis à disposition de la PAF sur décision de la Préfecture. Neuf policiers adjoints ont été recrutés et seront affectés dans le département dès avril 2024, et notamment en renfort de la PAF. Un nouveau 4x4 ainsi qu’une seconde motoneige viennent également compléter le dispositif.

      Pour approfondir le sujet, vous pouvez regarder la rediffusion de cette formation/décryptage par l’Anafé (Association nationale d’assistance aux frtontières pour les étrangers) qui revient plus généralement sur les conséquences de l’arrêt de la CJUE (du 21 septembre) et du conseil d’État (du 2 février) sur les frontières intérieures :
      https://www.youtube.com/watch?v=DJevj85dM2Q

      https://tousmigrants.weebly.com/mars--avril.html

    • Quel effet de l’#arrêt du 2 février du Conseil d’Etat sur la frontière franco-italienne ?

      Le 2 février dernier, le Conseil d’État publiait un arrêt s’opposant aux pratiques de remises de refus d’entrée systématiques aux personnes exilées interpellées à la frontière. Cette décision supprimait l’article du CESEDA qui permettait d’opposer des refus d’entrée en toutes circonstances et sans aucune distinction en cas de rétablissement des contrôles aux frontières intérieures (voir le communiqué de presse inter-associatif ici).

      Dans la foulée, nous avons observé un changement de pratiques à la #PAF de #Montgenèvre : les personnes interpellées sont placées en #retenue_administrative pour vérification d’identité ou de droit au séjour (maximum 24 heures). Les personnes qui souhaitent demander l’asile en France ressortent libres du poste de police pour aller déposer leur demande sur le territoire. Nous constatons des pratiques très hétérogènes en matière de procédures : les retenues observées vont de quelques minutes à plus de 23h30, et des personnes ont témoigné avoir fait une demande d’asile sans que cela ne soit pris en compte.

      Mailing-list de Tous Migrants, 18.04.2024

  • Fermo Mare Jonio: il Ministro Piantedosi ha mentito al Parlamento
    https://www.meltingpot.org/2024/04/fermo-mare-jonio-il-ministro-piantedosi-ha-mentito-al-parlamento

    Giovedì pomeriggio in Senato, il Ministro dell’interno Piantedosi ha risposto all’interrogazione urgente presentata dal senatore Antonio Nicita in merito all’attacco armato da parte della motovedetta libica 658 “Fezzan”, avvenuto lo scorso 4 aprile in acque internazionali, contro naufraghi in acqua e i soccorritori della nave Mare Jonio di Mediterranea Saving Humans. Il titolare del Viminale ha affermato che la nave italiana è intervenuta in un “momento successivo, avvicinandosi alla motovedetta Fezzan quando questa aveva già assolto gli obblighi di salvataggio #In_mare”. Secondo Mediterranea, quando detto da Piantedosi, «è clamorosamente falso». Queste affermazioni sono confermate dal nuovo #Video diffuso (...)

    #Notizie #Accordo_Italia_-_Libia #Decreto_Piantedosi #Italia #Libia #Mediterraneo_centrale #Operazioni_SAR #Redazione #Violazioni_e_abusi

  • Albania Builds Migrant Centre and Camp as Criticism Continues

    Work has started in Albania to build a reception centre and camp to receive migrants from Italy – but activists and locals in both countries remain highly critical of the plan.

    Construction is ongoing at Shengjin Port of a migrant reception centre which, under a controversial deal between Albania and Italy, will receive up to 3,000 migrants from Italy.

    The centre will process the migrants’ applications for asylum in Italy. They may then be sent to Gjader – an air base around 30 kilometers from the port – to a camp which is also being built.

    The ambition is for construction to finish by May 20, for the agreement to be applicable by then.

    The agreement, made public during a joint press conference between Albania Prime Minister Edi Rama and Italian Prime Minister Georgia Meloni in November last year, drew criticism from international human rights organisations and opposition groups in both countries.

    (#paywall)
    https://balkaninsight.com/2024/04/12/albania-builds-migrant-centre-and-camp-as-criticism-continues

    –-

    ajouté à la métaliste sur l’#accord entre #Italie et #Albanie pour la construction de #centres d’accueil (sic) et identification des migrants/#réfugiés sur le territoire albanais...
    https://seenthis.net/messages/1043873

  • Accord migratoire Albanie-Italie : les travaux de construction des centres pour migrants ont commencé - InfoMigrants
    https://www.infomigrants.net/fr/post/56160/accord-migratoire-albanieitalie--les-travaux-de-construction-des-centr

    Accord migratoire Albanie-Italie : les travaux de construction des centres pour migrants ont commencé
    Par La rédaction Publié le : 01/04/2024
    Depuis trois jours, des engins de chantiers s’activent sur un vaste terrain de Gjadër, en Albanie. C’est là que seront accueillis, d’ici quelques mois selon Rome, les migrants secourus en Méditerranée par les autorités italiennes. Le projet est garanti par un accord migratoire très controversé entre l’Albanie et l’Italie. Les engins de chantier sont déjà sur place. À Gjadër, dans le nord de l’Albanie, les travaux de construction de deux centres d’accueil pour les migrants secourus dans les eaux italiennes ont commencé. Depuis le 29 mars, des poids lourds s’emploient à terrasser et aménager le terrain à l’entrée de l’ancien camp militaire, où les migrants seront placés dans l’attente d’une réponse à leur demande d’asile, a constaté l’AFP.
    Le projet d’aménagement du terrain à Gjadër, situé au pied de la montagne de Kakarriq, se compose de deux structures : un premier bâtiment sera dédié à l’hébergement des demandeurs d’asile en attente du traitement de leur dossier. Un second, construit sur le même terrain, servira de centre de détention pour les exilés amenés à être expulsés. Sur place, les migrants bénéficieront d’une assistance juridique de la part de représentants d’organisations internationales, dont l’Union européenne (UE), conformément aux législations italienne, albanaise et européenne.Selon Paulin Lucaj, un habitant de Gjadër, les deux centres d’accueil seront par ailleurs entourés d’un mur de sept mètres de haut pour empêcher les migrants d’en partir.
    Les migrants seront transférés à Gjadër après un premier passage par le « hotspot » du port de Shengjin, à 20 km de là. C’est dans cette structure, également financé et gérée par Rome, que les exilés seront enregistrés après leur débarquement. La construction de ces deux infrastructures italiennes en terre albanaise, pays qui ne fait pas partie de l’UE, a été avalisée par le Parlement du pays en février dernier. Censées ouvrir le 20 mai 2024, elles seront gérées par l’Italie et pourront accueillir jusqu’à 3 000 migrants à la fois, secourus par les autorités italiennes - garde-côtes, Marine, Garde financière - en mer Méditerranée. Avec ces structures, l’Italie compte réduire les arrivées de migrants sur son sol, près de 158 000 migrants en 2023. La construction et le fonctionnement des centres, évalués entre 650 et 750 millions d’euros, seront payés à 100% par Rome, sur cinq ans. Les autorités italiennes seront chargées du maintien de l’ordre dans les centres, la police albanaise en étant responsable à l’extérieur et au cours du transport des migrants d’une zone à une autre.
    Mais dès sa signature le 6 novembre 2023 entre la Première ministre d’extrême droite Giorgia Meloni et son homologue Edi Rama, l’accord migratoire avait essuyé une pluie de critiques. L’ONG International Rescue Committee (IRC) avait dénoncé un accord « déshumanisant », tandis qu’Amnesty International a déploré une « proposition irréalisable, nuisible et illégale ».cLe député italien et secrétaire du parti d’opposition Più Europa, Riccardo Magi, avait fustigé « une sorte de Guantanamo italien, en dehors de toute norme internationale, en dehors de l’UE, sans la possibilité de contrôler la détention des personnes enfermées dans ces centres ».cL’Union européenne, elle, a exprimé son intérêt pour l’accord, soulignant que les centres seront gérés en vertu du droit italien et non du droit albanai

    #Covid-19#migrant#migration#italie#albanie#UE#accordmigratoire#externatlisation#frontiere#asile#droit#centredetention#sante#mediterranee

  • Migranti, nei centri italiani in Albania un rotolo di carta igienica a persona a settimana

    I paradossi del #bando da 34 milioni di euro pubblicato dal Viminale per la gestione delle strutture. Applicata la procedura di estrema urgenza, negoziazione tra tre soli operatori economici, una sola settimana di tempo per la manifestazione d’interesse.

    Un appalto da 34 milioni di euro e un rotolo di carta igienica a settimana per migrante. Basterebbe questo paradosso a bollare come frettoloso e sommario il bando per l’affidamento dei servizi per i centri di accoglienza e trattenimento dei richiedenti asilo che il governo Meloni prevede di aprire in Albania entro il 20 maggio. Una improbabile corsa contro il tempo per un’operazione che ancora manca del requisito di legittimità giuridico fondamentale ma che la premier intende giocarsi in vista della campagna elettorale per le Europee del 9 giugno.

    Misteriose ragioni di estrema urgenza

    E dunque ecco il ricorso a «#ragioni_di_estrema_urgenza» ( che non si sa quali siano visto che gli sbarchi sono nettamente diminuiti) per giustificare la procedura negoziale riservata a tre soli concorrenti che, nel giro di soli sette giorni, dovrà aggiudicare l’affidamento dei servizi di accoglienza e di gestione dei tre centri previsti dove i lavori non sono neanche cominciati: quello nel porto di Shengjin, adibito allo screening sanitario, all’identificazione e alla raccolta delle richieste di asilo, e i due di Gjader, la struttura di accoglienza da 880 posti dove i migranti resteranno (teoricamente) per un mese in attesa di conoscere l’esito della procedura accelerata di frontiera, e il Cpr da 144 posti dove verranno trasferiti quelli destinati al rimpatrio.

    Si risparmia sull’igiene dei migranti

    Il bando è stato pubblicato il 21 marzo, con avviso di manifestazione di interesse che si concluderà nel tempo record di una settimana. Un appalto da 34 milioni di euro a cui si aggiungono i rimborsi ( non quantificabili) di servizi di trasporto, utenze, raccolta dei rifiuti, manutenzione ordinaria e straordinaria, e dell’assistenza sanitaria. Non proprio quattro spiccioli, a fronte dei quali, però, spulciando il bando si trovano vere e proprie “perle”. Sull’igiene personale dei migranti, tanto per cominciare, chi si aggiudicherà l’appalto, potrà risparmiare: un solo rotolo di carta igienica a settimana a testa dove i richiedenti asilo attenderanno ( in detenzione amministrativa) l’esito della richiesta di asilo. Rotoli che, chissà poi perchè, diventeranno sei a settimana per gli sfortunati che, a fronte del diniego, verranno trasferiti nell’ala destinata a Cpr.

    Solo un cambio di abiti a stagione

    Nel kit di primo ingresso nei centri solo un paio di mutande e un paio di calze e, più in generale, un solo cambio di abiti a stagione.E dunque, a differenza dei centri di accoglienza italiani dove i migranti sono liberi e possono procurarsi altri abiti, i richiedenti asilo portati in Albania saranno detenuti e costretti ad indossare sempre gli stessi. Avranno il detersivo per lavarli due volte a settimana, nel frattempo evidentemente staranno in pigiama. Almeno si consoleranno con il cibo che prevede persino la pizza e il dolce due volte a settimana.

    Per raccontare la loro storia alla commissione d’asilo che deciderà il loro destino o per comparire davanti ai giudici di Roma, competenti sui ricorsi, dovranno accontentarsi di un collegamento da remoto, con tutte le limitazioni in tema di diritti che nascono dalle difficoltà di espressione e comprensione.

    Magi: “Un gigantesco spot elettorale”

    «Una bella photo-opportunity elettorale - commenta Riccardo Magi di Più Europa - Giorgia Meloni vuole allestire questi centri in fretta e furia e usarli come un gigantesco spot a pochi giorni dal voto a spese degli italiani».

    https://www.repubblica.it/cronaca/2024/03/23/news/migranti_centri_albania_bando_viminale-422362144

    #Albanie #Italie #asile #migrations #réfugiés #coût #urgence #gestion #appel_d'offre #externalisation

    –-

    ajouté à la métaliste sur l’#accord entre #Italie et #Albanie pour la construction de #centres d’accueil (sic) et identification des migrants/#réfugiés sur le territoire albanais...
    https://seenthis.net/messages/1043873

    • Protocollo Italia-Albania: il Viminale avvia la gara milionaria per la gestione dei centri

      Dal bando pubblicato il 21 marzo dalla prefettura di Roma emergono i primi dettagli dell’accordo contro i migranti: solo per le spese vive e il personale delle strutture, due hotspot e un Centro di permanenza per il rimpatrio, sono assicurati al gestore privato quasi 40 milioni di euro all’anno. I tempi sono strettissimi, le europee incombono

      Il ministero dell’Interno ha pubblicato i bandi di gara per la gestione delle nuove strutture per i migranti in Albania che diventeranno operative, documenti alla mano, entro il 20 maggio 2024. Un primo passo concreto verso la messa in pratica del protocollo annunciato dal Governo Meloni con Tirana lo scorso 6 novembre 2023 -poi ratificato dal Parlamento a fine febbraio 2024- e che prevede di dislocare i naufraghi soccorsi in operazioni di salvataggio in mare sul territorio albanese. Più precisamente in tre strutture con una capienza totale che supera i mille posti disponibili: due hotspot, ovvero i centri di identificazione, che in Italia troviamo nei cosiddetti “punti di crisi”, principali punti di sbarco (Lampedusa, Pozzallo e Taranto tra gli altri), più un Centro di permanenza per il rimpatrio (Cpr) dove trattenere coloro che sono in attesa di essere espulsi nel proprio Paese d’origine. La spesa annuale stimata è pari a quasi 40 milioni di euro, calcolando esclusivamente il costo a persona (pro-capite pro-die), che però esclude diverse spese vive (dal trasporto all’assistenza sanitaria fino alle utenze).

      La gara è stata pubblicata il 21 marzo e individua nella prefettura di Roma la stazione appaltante, la quale ha scelto di attivare una procedura negoziata con cui consulterà un “numero congruo di operatori economici” per aggiudicare i servizi all’ente gestore. Un bando di questo genere può essere giustificato solo in casi di estrema urgenza. E secondo il ministero l’affidamento in oggetto, essendo un presupposto fondamentale per “l’attuazione del Protocollo tra Italia e Albania in conformità ai tempi ed agli adempimenti che risultano necessari per rispettare, alle scadenze previste, gli impegni assunti dal Governo della Repubblica Italiana”, rientra tra quelle procedure basate proprio su “ragioni di estrema urgenza”.

      La prima struttura è sita nella città portuale di Shenjin e sarà a tutti gli effetti un hotspot. “Una struttura dimensionata per l’accoglienza, senza pernottamento, dei migranti condotti in porto e destinati alle procedure di screening sanitario, identificazione e raccolta delle eventuali domande di asilo, all’esito delle quali i migranti saranno trasferiti presso le strutture di Gjader”. Gjader è la seconda località coinvolta dove saranno costruite le altre due strutture: un centro destinato “all’accertamento dei presupposti per il riconoscimento della protezione internazionale” con un’accoglienza massima a regime di 880 migranti, e un altro, sempre nella stessa città albanese che sarà invece un Centro di permanenza per il rimpatrio, che ricalca quelli presenti sul territorio italiano, con una capienza fino a 144 persone. A Gjader saranno disponibili poi 168 posti per alloggi di servizio, di cui 60 riservati al personale dell’ente gestore.

      Come detto, i corrispettivi riconosciuti pro-capite pro-die, secondo la tipologia di centro ed il relativo numero degli ospiti presenti, ammontano “presuntivamente a complessivi 33.950.139 euro annui”. La gara d’appalto ha una durata di due anni, prorogabili fino ad un massimo di altri due. Sono esclusi dai quasi 40 milioni di euro, invece, i costi di trasporto, le utenze idriche, elettriche, del servizio di raccolta rifiuti, la connessione wifi e la manutenzione ordinaria e straordinaria. Così come quelli per la “predisposizione e manutenzione dei presidi antincendio” e quelli “relativi all’assistenza sanitaria”.

      Proprio questo è uno degli aspetti paradossali affrontati dal bando. Per la struttura sita nel porto di Shenjin si prevede “un ambulatorio medico dedicato per assistenza sanitaria, inclusa la stabilizzazione di condizioni cliniche ai fini del trasferimento” con “una sala per visite ambulatoriali, una stanza per osservazioni brevi con tre posti letto e una stanza di isolamento con due posti”.

      Invece nel sito di Gjader verrà di fatto allestito un vero e proprio “mini ospedale”. Vengono previste “tre sale per visite ambulatoriali, due stanze per osservazioni brevi (ognuna dotata di tre posti letto), una medicheria, una sala operatoria e una recovery room, un laboratorio analisi, una stanza per diagnostica per immagini (rx ed ecografia), una per visite psicologiche/psichiatriche all’uopo utilizzabile anche per consulenze in telemedicina e due stanze di isolamento”. Una struttura in cui opererà un elevatissimo numero di personale sanitario. Oltre a medici e infermieri per l’attività standard, viene prevista una équipe operativa 24 ore al giorno formata rispettivamente da: “medico specialista in anestesia-rianimazione, medico specialista in chirurgia generale, medico specialista in ortopedia con competenze chirurgiche, personale medico specialista in psichiatria, un infermiere strumentista, un operatore socio-sanitario (in caso di attivazione della sala operatoria), un tecnico di laboratorio, un tecnico di radiologia, un personale medico specialista in radiologia”.

      L’ente gestore, oltre a fornire kit di primo ingresso, sia igienici sia vestiari e a garantire la fornitura dei pasti e l’informativa legale, dovrà garantire la predisposizione di “appositi locali e strumenti tecnici che assicurino la connessione alla rete e il collegamento audio-visivo nel rispetto della privacy e della libertà di autodeterminazione del beneficiario per l’eventuale audizione da remoto davanti alle Commissioni territoriali, nonché davanti al Tribunale ordinario e ad altri uffici amministrativi”. In altri termini: saranno implementate delle stanze per svolgere le audizioni di chi, una volta richiesto asilo, dovrà affrontare l’iter per vedersi o meno riconosciuto il permesso di soggiorno. Tutto inevitabilmente online. Dovrà esserci anche un locale “al fine di tutelare la riservatezza della persona nei colloqui con il proprio legale” o favorire l’incontro con “eventuali visitatori ammessi”. La prefettura di Roma, dovrà essere messa a conoscenza “di ogni notizia di rilievo inerente la regolare conduzione della convivenza e le condizioni del centro e tenuta di un registro con gli eventuali episodi che hanno causato lesioni a ospiti od operatori”, nonché la consegna della certificazione di idoneità al trattenimento.

      La gara è aperta fino al 28 marzo. La prefettura valuterà le offerte pervenute da imprese o cooperative già attive nel settore con un fatturato complessivo, negli ultimi tre esercizi disponibili, non inferiore a cinque milioni di euro. Non certo piccole realtà dell’accoglienza. L’avvio dell’operatività dei centri è prevista non oltre il 20 maggio 2024. Quindici giorni prima di quella data, il ministero dell’Interno potrà confermare o meno l’effettivo avvio a pieno regime oppure anche con “una ricettività progressiva rispetto a quella massima prevista nelle more del completamento degli eventuali lavori di allestimento”. L’importante è partire: le elezioni europee di inizio giugno incombono.

      https://altreconomia.it/protocollo-italia-albania-il-viminale-avvia-la-gara-milionaria-per-la-g

    • Albania-Italy migrant deal moves ahead as Rome publishes tender for processing centre

      As of 20 May 2024, camps in Albania that will process the asylum applications of individuals rescued by the Italian authorities will be up and running, as a recently published tender document reveals more details about the deal and how the site will function.

      In November 2023, Albanian Prime Minister Edi Rama and Italian Prime Minister Giorgia Meloni signed a deal that would see migrants rescued in Italian territorial waters or by Italian authorities sent to Albania for their asylum applications to be processed. The deal has divided opinion on both sides of the Adriatic from the outset, but both governments remain adamant about it going ahead.

      The tender notifications, published by the Rome prefect’s department, invite bidders to submit their offers before 28 March with the deadline of 20 May as the start of operations.

      According to the tender details, worth €34 million, the site will consist of three structures able to accommodate a total of around 3000 people.

      One structure will be built at the port of Shengjin, where landing and identification procedures will be carried out.

      The other two sites will be located in Gjader. One will be dedicated to ascertaining the prerequisites for the recognition of international protection, while the other will serve as a repatriation detention centre.

      According to the Italian government, the site will process individuals rescued by the Italian authorities involved in maritime rescue, such as the coast guard, financial police, or navy, and explicitly exclude those rescued by NGOs. It will also not include disabled people, women, children, or other vulnerable individuals.

      The tender states that the facility in Shengjin will have a medical clinic, including a room for outpatient visits, an isolation room, and a three-bed ward. In Gjader, there will be three outpatient rooms, two wards, an operating theatre, a laboratory, an x-ray and ultrasound room, and a space for psychological and psychiatric visits.

      Medical specialists on site will include a doctor specialising in anaesthesia and resuscitation, a doctor specialising in general surgery, a doctor specialising in orthopaedics with surgical skills, medical staff specialising in psychiatry, an instrumental nurse, a social doctor, a health worker, a laboratory technician, a radiology technician, and a health worker specialising in radiology.

      Upon arrival, welcome kits will also be presented to each individual, including an undershirt, T-shirt, pair of pyjamas, three pairs of shorts, and three pairs of socks. They will also be given one roll of toilet paper a week, one toothbrush and 100ml tube of toothpaste per week, and one bottle of shampoo and liquid soap per week.

      The Italian Interior Ministry will conduct spot checks on the site to ensure compliance with the tender.

      During their stay in Albania, estimated at around three months for each person, individuals will not be able to leave the centre, which is to be guarded by Italian and Albanian authorities. If they do, the Albanian police will return them. Once their application has been processed, whatever the outcome, they will be removed from Albania’s territory.

      While on-site, individuals can access legal assistance from representatives of international organisations, including the EU, which aims to provide legal aid to all asylum seekers as required by Italian, Albanian and EU law.

      The agreement caused controversy in Italy and Albania, with the Constitutional Court in Tirana narrowly ruling that it did not violate the laws of the land earlier this year. Meanwhile, despite claims from international law experts that it is not compliant with EU law, European Commissioner for Home Affairs Ylva Johansson said it did not break the law as it is “outside of it”.

      Work has not yet begun at the sites in Shengjin and Gjader, leading to questions about whether they can be operational by spring.

      Shengjin was also home to hundreds of Afghan refugees that Albania took in after the US withdrawal from Afghanistan led to the takeover of the Taliban. While the US promised to take responsibility for them, asking Albania to keep them while it processed their visas, a number still remain with no news or idea if they will ever leave.

      As for the migrant deal, several other EU countries have hinted they may look at similar deals to deal with their immigration issues, a move likely to score votes from the conservative parts of society, ahead of EU elections.

      https://www.euractiv.com/section/politics/news/albania-italy-migrant-deal-moves-ahead-as-rome-publishes-tender-for-proces

    • #Medihospes, #Consorzio_Hera, #Officine_sociali: chi gestirà i centri per migranti in Albania

      La prefettura di Roma ha reso noti i tre partecipanti selezionati tra le trenta proposte pervenute per gestire i due hotspot e il Cpr previsti dall’accordo tra Roma e Tirana. Entro il 20 maggio la gara verrà aggiudicata per un importo che supera i 150 milioni di euro. Ma i lavori di adeguamento alle strutture non sono ancora completati

      Medihospes, Consorzio Hera e Officine sociali. Sono le tre cooperative in corsa per la gestione dei centri italiani in Albania selezionate per le “esperienze contrattuali pregresse afferenti a questi servizi” tra le trenta che hanno manifestato alla prefettura di Roma la propria volontà di partecipare alla gara. Un appalto da oltre 151 milioni di euro (per quattro anni) che verrà aggiudicato, nelle prossime settimane, all’operatore economico che ha presentato l’offerta economicamente più vantaggiosa.

      Alle tre cooperative in corsa una certa “esperienza” non manca. Officine sociali, con sede legale a Siracusa, gestisce attualmente il Centro di permanenza per il rimpatrio (Cpr) di Palazzo San Gervasio a Potenza e l’hotspot di Taranto in Puglia. Attualmente è in gara anche per l’aggiudicazione della gestione del Cpr di Gradisca d’Isonzo, dove sta correndo al fianco di Martinina Srl, finita sotto indagine della Procura di Milano per le condizioni disumane in cui versavano i trattenuti al Cpr di via Corelli di Milano. Il legame tra le due società, come già raccontato su Altreconomia, perdura da tempo: insieme hanno partecipato anche alla gara pubblica per la gestione del Cpr di Torino.


      Consorzio Hera, invece, con sede legale a Castelvetrano, in provincia di Trapani, gestisce attualmente il Cara e il Cpr di Brindisi e quello di Trapani, in cordata con la cooperativa Vivere Con. Inoltre la cooperativa ha “vinto” anche l’hotspot di Pozzallo e Ragusa di cui è l’attuale ente gestore.

      Poi c’è Medihospes, è un colosso da 126 milioni di euro di fatturato nel 2022 che si occupa di assistenza ad anziani, alle persone con disabilità, servizi alberghieri e accoglienza ai migranti. Gestisce attualmente l’ex caserma Cavarzerani di Udine -di cui abbiamo già raccontato in precedenza- ma è attiva in diverse province italiane nell’accoglienza dei richiedenti asilo. Basti pensare che nel 2022 ha incassato, in totale, oltre 34 milioni di euro in tutta Italia per la gestione dei centri.

      Briciole rispetto agli oltre 151 milioni di euro preventivati dalla prefettura di Roma per la “gara” relativa alla gestione delle strutture previste dal protocollo Italia-Albania: un centro nella città portuale albanese Shengjin (hotspot) e due strutture (un altro hotspot e un Cpr) a Gjader (ne abbiamo parlato in questo approfondimento).

      La fornitura di servizi è preventivata con una base d’asta di 130 milioni di euro, con l’aggiunta di quasi sei milioni per il pocket-money e la tessera telefonica. La durata è di 24 mesi, prorogabili per altri 24 a partire dal 20 maggio 2024. Data entro la quale la prefettura di Roma dovrebbe aggiudicare la gara alla cooperativa che avrà presentato l’offerta economicamente più vantaggiosa. Nei nuovi documenti di gara si sottolinea che i lavori di adeguamento delle strutture non sono ancora stati conclusi. Una corsa contro il tempo. Obiettivo: non certo la tutela dei diritti delle persone ma le elezioni europee.

      https://altreconomia.it/medihospes-consorzio-hera-officine-sociali-chi-gestira-i-centri-per-mig
      #externalisation #Italie #accord #Albanie #migrations #réfugiés #coopérative #sous-traitance #Engel #Engel_Italia #business #Shengjin #Gjader

  • “Action file” on Tunisia outlines EU’s externalisation plans

    An “action file” obtained by Statewatch lays out the objectives and activities of the EU’s cooperation on migration with Tunisia – whose government was heavily criticized by the European Parliament this week for “an authoritarian reversal and an alarming backslide on democracy, human rights and the rule of law.”

    Externalisation of migration control

    The document (pdf), produced as part of the #Operational_Coordination_Mechanism_for_the_External_Dimension_of_Migration (#MOCADEM) and circulated within the Council in December 2023, summarizes ongoing EU efforts to externalise migration and border control to Tunisia. It covers the main developments since the signature of the EU-Tunisia Memorandum of Understanding of July 2023.

    The MoU is cited in the document as a cooperation “framework” whose implementation shall “continue”. Criticism also continues, with the organization Refugees International arguing:

    “The short-term securitisation approach to Tunisia advanced by Team Europe is… likely to fail on at least two fronts: both on its own terms by failing to stem irregular migration, and on legal and ethical terms by tying EU support to the inevitability of grave human rights abuses by Tunisian authorities.”

    From the document it is clear that the EU has intensified political and technical outreach to Tunisia through high-level visits from both EU and member state representatives and that the Tunisian authorities are involved in different initiatives, including through EU agencies, such as Europol and Frontex. The European Police College (CEPOL), the EU Agency for Asylum (EUAA) and Eurojust are also mentioned as potential actors for cooperation.

    The measures listed in the document target all potential migration from Tunisia to the EU. However, distinctions are drawn – including in the language used – between measures addressed to non-Tunisian nationals and measures addressed to Tunisian nationals.

    Measures addressed to non-Tunisian nationals

    For non-Tunisian nationals, “preventing irregular departures from, as well as irregular arrivals to Tunisia” is the key objective of ongoing cooperation in the areas of border management, anti-smuggling and search and rescue. The EU provides Tunisia different amounts of funding through existing projects.

    Border management, including search and rescue

    the EU finances the projects Strengthening the Tunisian Coast Guard Training Pillar, run by ICMPD (2023-2026) and the EUTF funded Border Management Programme for the Maghreb region (BMP-Maghreb) (2018-2024). Both projects aim at developing the Tunisian authorities’ border control capacity, for both land and sea borders, thus including search and rescue activities. This is done through the donation of equipment and the training of the Garde National of Tunisia and the Navy.

    As for equipment, details about the delivery of boats, engines and spare parts for putting search and rescue vessels to Tunisia are included in the document, including the provision of fuel. A new contract will “build and equip a command-and-control centre for the Tunisian national guard at the border with Libya,” to enhance cross-border cooperation with Libya.

    With regard to training, the document mentions a session for two officials in Rome as well as the participation of the Tunisian border control authorities in a Frontex workshop organised in the context of Joint Operation Themis. The MOCADEM reports that Tunisia considers talks on a working arrangement with Frontex “pre-mature.”

    Anti-smuggling

    The EU pursues the Anti-smuggling Operational Partnership (ASOP) to try to develop the Tunisian police capacity to investigate, prosecute and convict smugglers. Training is also key in this area.

    The document mentions a mentorship programme between Tunisia and the EU Member States on migrant smuggling. Cross-border cooperation in investigations is encouraged, also through Europol, information campaigns (in North Africa and along the Central Mediterranean), and regional action. There is an ongoing discussion on a Europol agreement to exchange personal data between Europol and Tunisian authorities.

    Return and reintegration of non-Tunisian nationals

    the EU finances IOM’s project on Migrant Protection, Return and Reintegration in North Africa, concretely supporting assisted voluntary return from Tunisia to countries of sub-Saharan Africa. The MOCADEM document states that the EU engages “with Tunisian authorities to develop a national mechanism for returns facilitation.”

    Direct capacity-building of national authorities to return non-Tunisian nationals to their country of origin is a novelty in the EU migration policies. This is a follow-up of the objective spelled out in the EU-Tunisia MoU of “developing a system for the identification and return of irregular migrants already present in Tunisia”. It is reported that a “new technical assistance programme to further support the return system in Tunisia is under preparation.”

    International protection for non-Tunisian nationals

    As usual, protection programmes receive much lower funding than other cooperation objectives for the securitisation of migration. In Tunisia, the EU will fund a project run by the UNCHR to enhance reception and access to international protection for asylum seekers and refugees.

    Measures addressed to Tunisian nationals

    For Tunisian nationals, the EU aims to increase return and readmission of Tunisian nationals deemed to be irregularly staying in the EU to Tunisia, privileging so-called “assisted voluntary return” and reintegration projects for Tunisian nationals over forced returns. At the same time, the EU stresses the importance of increasing opportunities for legal migration through the launch of a “Talent Partnership” and better visa conditions for Tunisian nationals.

    Deportations

    the EU finances a national reintegration support mechanism called “Tounesna,” as well as the Frontex Joint Reintegration Services, for which Frontex launched a new call for proposals. Key actors in this area are the High Level Network for Return, chaired by the EU Return Coordinator and composed of representatives of all Member States and Frontex.

    In October 2023, Tunisia was identified as one of the seven countries targeted for joint deportation actions. The document reports that the negotiations for an EU-Tunisia readmission agreement and visa facilitation agreements, which started in 2016, have been on hold since 2019 and that “Tunisia has shown no interest to date to relaunch the negotiations.”

    Legal migration

    The EU finances pilot projects under the Mobility Partnership Facility (MPF) and the regional project THAMM (2018-2023), which received extra funding. Again, the launch of an EU-Tunisia Talent Partnership is announced through a Joint Roadmap for a Talent Partnership, which is yet to be finalized.

    In the EU-Tunisia MoU, the EU promised to “take appropriate measures to facilitate legal mobility between the two Parties, including facilitating the granting of visas by reducing delays, costs and administrative procedure.” However, in this document there are no prospects for cooperation on visa policy. The document merely contains a reminder that visa policy is conditional on readmission cooperation.

    Ongoing cooperation

    While the European Parliament this week condemned a decision by the Commission to release €150 million to Tunisia through an urgent written procedure, bypassing the normal-decision making process, with a resolution that said the North African country is undergoing “an authoritarian reversal and an alarming backslide on democracy, human rights and the rule of law.”

    The resolution goes on to say that “over the last year, President Kais Saied has had opposition politicians, judges, media workers and civil society activists arbitrarily arrested and detained.”

    However, the cooperation being coordinated through MOCADEM remains largely beyond the reach of parliamentary scrutiny. As highlighted by a separate article published today by Statewatch and Migration-Control.info, the parliament’s lawyers agree with MEPs that this needs to change.

    https://www.statewatch.org/news/2024/march/action-file-on-tunisia-outlines-eu-s-externalisation-plans
    #Tunisie #externalisation #migrations #réfugiés #financement #Kais_Saied #accord #frontières #EU #UE #Union_européenne #contrôles_frontaliers

    –—

    ajouté à la métaliste sur le #Memorandum_of_Understanding (#MoU) avec la #Tunisie :
    https://seenthis.net/messages/1020591

  • Plaidoirie magistrale de Monique Chemillier-Gendreau à la CIJ – Aurdip

    "La plaidoirie magistrale de la Professeure Monique Chemillier-Gendreau au nom de l’Organisation de la coopération islamique devant la Cour Internationale de Justice concernant les « Conséquences juridiques découlant des politiques et pratiques d’Israël dans le Territoire palestinien occupé, y compris Jérusalem-Est »"

    https://aurdip.org/plaidoirie-magistrale-de-monique-chemillier-gendreau-a-la-cij

    #palestine #cij

  • European Commission accused of ‘bankrolling dictators’ by MEPs after Tunisia deal

    Members of justice committee say €150m in EU funding went straight to country’s president, Kais Saied

    The European Commission has been accused of “bankrolling dictators” by senior MEPs who have claimed that the €150m it gave to Tunisia last year in a migration and development deal has ended up directly in the president’s hands.

    A group of MEPs on the human rights, justice and foreign affairs committees at the European parliament launched a scathing attack on the executive in Brussels, expressing anxiety over reports that the commission’s president, Ursula von der Leyen, was about to seal a similar deal with Egypt.

    The Greek migration minister, Dimitris Kairidis, confirmed late on Wednesday that a joint declaration between the EU and Egypt had been agreed and would be formally unveiled when von der Leyen and the leaders of Greece, Italy and Belgium visit Cairo on Sunday.

    The agreement sees Egypt receiving an aid package of €7.4bn (£6.3bn) “mostly in loans” in return for the country “committing to work harder on migration”, he told the Guardian, adding: “I have said, time and again to my colleagues, that we need to support Egypt which has been so helpful in managing migration and so important for the stability of North Africa and the wider Middle East.”

    Kairidis, who held talks with the Egyptian ambassador to Greece on Wednesday, confirmed there had been no boats leaving directly from Egypt, even if arrivals on southern Greek islands of migrants travelling through Libya had soared this year. “Egypt is not only hosting 9 million refugees, it has been very effective in controlling illegal migration,” he said.

    The MEPs have accused the commission of refusing to answer questions on the deal with Tunisia and worry that it is looking at a series of “ad hoc” deals with other African countries without regard to democracy and rule of law in those countries.

    “It seems that we are bankrolling dictators across the region. And that is not the Europe that we want to see. That is not the place which the EU should be holding in the world,” said the French MEP Mounir Satouri, a member of the parliamentary foreign affairs committee.

    At a press conference in Strasbourg, he claimed the money – pledged to Tunisia last year as part of a wider pact aimed at curbing a surge in migration to Italy and people-smuggling – had been diverted, saying that the €150m was supposed to have been invested directly in an EU-agreed project but instead had been “transferred to the president directly”.

    Fellow MEPs said there had been an “authoritarian shift” in Tunisia under its president, Kais Saied, but the commissioners had gone ahead with the deal anyway.

    A spokesperson for the EU commission said MEPs were entitled to express their views but that it was better to build partnerships to improve democracy and human rights than to “break off relations” and see the situation deteriorate.

    “What I can say is that we are absolutely convinced of the necessity to work with countries in our neighbourhood, taking into account the realities on the ground,” the spokesperson said. “We know the criticism related to human rights in those countries, and it is obvious that this is an issue and that these are issues that we take up with those countries.”

    The spokesperson added there were “specific mechanisms in place to discuss human rights with the countries in the region, including Egypt”.

    The Danish MEP Karen Melchior, coordinator of the justice committee, said parliamentarians’ concerns about the Tunisia deal were “being continually ignored” and that commissioners refused to answer their questions or take their concerns seriously.

    “How can we continue to have a memorandum of understanding, how can we give budget support without conditionality to Tunisia, when things are going from bad to worse?” she said.

    “To sign an agreement with President Saied, who is continuing to suppress opposition and democracy in Tunisia – this is not the way the EU should be acting. This is not the way that Team Europe should be doing our foreign policy.”

    The chair of the human rights committee, Udo Bullman, attacked what he said was a “hush-hush” deal that had been rushed through.

    “The commission has to explain why there was so much urgency in the agreement of last summer – why it, hush-hush, very quickly before Christmas, [said] it was of the ‘highest urgency’ and just gave the money … without any critical debate,” he said, adding this was a question for the EU’s commissioner for neighbourhood and enlargement, Olivér Várhelyi, and for von der Leyen.

    Michael Gahler, the German CDU MEP who was blocked from visiting Tunisia by the local authorities last year, said the Tunisian people should not be abandoned in the face of “Saied’s autocratic rule” and economic decline.

    “That requires us to make sure that European taxpayers’ money truly benefits the Tunisian people and the civil society … and why it has to be clear that European funding to Tunisia needs to be adequately conditioned to that end,” he said.

    The concerns are being voiced this week as the EU parliament’s five-year mandate draws to a close before elections in June, with MEPs keen to lay down red lines for any future deals the executive in Brussels intends to do.

    Sara Prestianni, the advocacy director for the NGO EuroMed Rights, said she was concerned the EU was about to make a similar “strategic and political” mistake with Cairo, pledging vast sums of money without setting conditions involving enough financial oversight or guarantees on human rights. “It would be an error, particularly if it [the Tunisia deal] is replicated with Egypt,” she said.

    Satouri, who is also the parliament’s special rapporteur for Egypt, said: “We need to ensure democratic procedures are followed before money is disbursed. These are not the private fund of Commissioner Várhelyi. These are European funds.”

    https://www.theguardian.com/world/2024/mar/13/european-commission-accused-of-bankrolling-dictators-by-meps-after-tuni
    #Tunisie #externalisation #migrations #réfugiés #financement #Kais_Saied #accord

    –—

    ajouté à la métaliste sur le #Memorandum_of_Understanding (#MoU) avec la #Tunisie :
    https://seenthis.net/messages/1020591