In 20 in servizio dal 2 giugno: 100 euro al giorno più vitto e alloggio
Pronta la prima struttura, ma per far partire l’altra ci vorranno mesi.
I responsabili del cantiere del Genio dell’Aeronautica militare provano a sbarrare il passo: «Ci dispiace, senza autorizzazione qui non si può entrare». Alle loro spalle alte palizzate proteggono da occhi indiscreti l’hotspot che diventerà primo approdo dei migranti soccorsi in acque internazionali da navi militari italiane, portati qui per essere sottoposti a procedure accelerate di frontiera e rimpatrio.
"Serve il nullaosta del ministero della difesa albanese”
Il deputato di Avs Angelo Bonelli insiste: «Sono un parlamentare, intendo esercitare le mie prerogative ispettive in territorio dove c’è giurisdizione italiana». «Ma qui occorre il nullaosta del ministero della difesa albanese, non c’è ancora la giurisdizione italiana», replicano i militari mentre poco distante il direttore del porto Sander Marashi scuote la testa: «Dipende tutto dall’Italia da ora e per i prossimi cinque anni, è tutto scritto nelle carte».
Il protocollo Italia-Albania
Già, è scritto chiaramente nel protocollo Italia-Albania, ratificato con legge pubblicata sulla Gazzetta ufficiale in aprile e dunque in vigore, che nelle due aree “cedute” da Edi Rama a Giorgia Meloni per il suo progetto apripista in Europa di esternalizzazione delle richieste di asilo la giurisdizione è italiana. Ma visto che il progetto che doveva partire il 20 maggio è ancora all’anno zero, meglio provare a inventarle tutte per tenere lontano parlamentari e giornalisti. Alla fine, un paio d’ore e due telefonate dopo, toccherà all’ambasciatore italiano a Tirana Fabrizio Bucci arrampicarsi sugli specchi per sostenere che «la giurisdizione italiana comincerà solo a lavori consegnati» per poi accompagnare con estrema disponibilità Angelo Bonelli nella visita dei due centri.
L’hotspot quasi pronto e quello neanche iniziato
O meglio delle due aree: perché se al porto di Schëngjin l’hotspot è quasi pronto, trenta chilometri più all’interno, nell’area militare di Gjader, ruspe e camion sono ancora alle prese con complicatissime e impreviste operazioni di sbancamento del terreno che ha presentato grossi problemi di natura geotecnica. «Non siamo in grado di dire quanto tempo ci vorrà», spiegano i tecnici. Novembre, come sembra suggerire la scadenza per la consegna dei lavori? «Dobbiamo fare le cose per bene, la sicurezza innanzitutto, ma spero prima», sottolinea l’ambasciatore Bucci.
Dal 2 giugno gli agenti dall’Italia a sorvegliare il nulla
Certo è che fino a quando a Gjader non saranno montati i prefabbricati che daranno forma al centro di trattenimento per richiedenti asilo, al Cpr e al piccolo carcere da 24 posti, l’hotspot di Schëngjin rimarrà chiuso. E il progetto dunque di certo non partirà prima di diversi mesi. E dal 2 giugno verranno mandati 20 agenti di polizia italiani per vigilare sulle strutture vuote: riceveranno un’indennità di 100 euro al giorno più vitto e alloggio in hotel.
L’appalto alle società al centro di inchieste giudiziarie
Telecamere ovunque, chiuso da recinzioni in lamiera alte tre metri, moduli a un piano per ospitare infermeria, ufficio per le identificazioni, stanzetta per l’attesa, l’hotspot di Schëngjin attende solo gli arredi interni. Niente posti letto, qui i migranti (solo uomini maggiorenni) rimarranno solo poche ore prima di essere trasportati in bus nel centro di reclusione di Gjader: 70.000 metri quadri in area militare, divisi per blocchi nelle strutture prefabbricate che il ministero della Difesa, con un appalto di cui non ce alcuna evidenza pubblica, ha affidato — per una cifra di poco superiore ai 6 milioni di euro — alla Rigroup, società leccese dell’imprenditore Salvatore Tafuro già finita al centro di un’inchiesta giudiziaria così come la Medihospes, il colosso dell’accoglienza a cui è stata affidata la gestione dei servizi ai migranti. Come ha scoperto Report, che tornerà sui centri in Albania nella puntata del 2 giugno, la Rigroup è finita a giudizio per turbativa d’asta in un’indagine del 2018 per la realizzazione del Cie di Foggia in cui alti ufficiali dell’aeronautica furono accusati di corruzione. La vicenda finì con un patteggiamento e Tafuro si liberò dalle accuse grazie all’intervento della prescrizione.
"L’enorme spreco di risorse pubbliche”
«Quando inizierà l’operatività di questi centri nessuno sa dirlo, da quello che abbiamo visto con i nostri occhi è evidente che ci vorranno mesi», dice Bonelli, «e nel frattempo siamo di fronte ad uno spreco enorme di risorse pubbliche che sfiora il miliardo di euro peraltro in violazione della legge».